“Sul 5G l’Italia è indietro rispetto alle principali economie europee e di conseguenza molto indietro rispetto ad Asia e Stati Uniti. I rapporti di Mario Draghi ed Enrico Letta indicano chiaramente la strada e ci auguriamo che la nuova Ue metta a terra quelle indicazioni, ossia sia in grado di invertire la rotta di una crisi e di dinamiche di mercato segnalate da anni ma mai prese davvero sul serio”. Andrea Missori, amministratore delegato di Ericsson, fa il punto con il CorCom sul 2024 che ormai volge al termine e soprattutto sulle prospettive future.
Missori, qual è lo stato dell’arte?
Il 2024 è stato l’ennesimo anno complicato per le Tlc in Italia: continua il trend al ribasso del mercato mobile, nei primi 6 mesi dell’anno si è registrata una contrazione del 3,5% mentre si è assistito a un rimbalzo del fisso nell’ordine del 2,5%, un dato però legato all’effetto Pnrr e che ha sì un valore ma bisognerà capire se sarà consolidato anche negli anni a venire. La pressione competitiva sul mobile è enorme, siamo il secondo mercato al mondo per convenienza del Gigabit mobile, appena 9 centesimi di euro a Gigabit, dopo Israele e prima dell’India. È una follia per un Paese del G7 e fra le principali economie mondiali. Dal costo delle licenze alla regolazione iper stringente, dai mancati adeguamenti all’inflazione ad un approccio iper vantaggioso per l’utente finale: sono solo alcune delle condizioni che impattano sul settore e che sono frutto di una visione che non guarda alla tenuta della filiera in chiave industriale. I prezzi delle offerte ai consumatori continuano a scendere ben oltre il limite naturale che consente al comparto di essere competitivo. E poi, siamo davvero sicuri che gli utenti non siano disposti a spendere qualcosa in più senza rischiare effetti boomerang? E perché si chiede la tenuta dei prezzi solo al settore delle Tlc?
Vuol dire due pesi due misure rispetto ad altre industry?
Il settore delle Tlc vive un vero e proprio paradosso: la connettività, e quindi le reti, sono considerate oramai una commodity al pari di servizi come energia, gas, acqua. Dunque, in quanto commodity le telco dovrebbero essere soggette ad agevolazioni come le utilities in questione e sicuramente adeguamenti automatici all’inflazione. Ma le telco sono anche considerate soggetti del libero mercato, ma allora perché si fanno entrare nuovi soggetti sul mercato per “bilanciare” la concorrenza? E qui non si tratta solo di un consolidamento a 3 o a 4: in Italia ci sono circa 20 operatori virtuali che trainano importanti fette di business pur non facendo tout court il mestiere delle telco, per non parlare degli attori che fanno servizi voce e dati, si pensi a Whatsapp, senza alcuna regolamentazione, né onere. Insomma, il settore delle Tlc è l’unico a vivere al centro di questo doppio paradigma. E il consolidamento per funzionare deve essere accompagnato anche da un modello di competizione più sano che disinneschi una volta per tutte la guerra dei prezzi.
Cosa ne pensa del ruolo del Governo in tal senso?
Questo governo sta cercando di indirizzare il tema delle Tlc ma la vera svolta non può che compiersi a livello europeo. Questo doveva essere l’anno della partenza del 5G Stand Alone in Europa e invece così non è andata perché le telco fanno fatica a tenere testa agli investimenti e sono concentrate sulle attività legate ai piani di copertura finanziati con fondi pubblici. E tutto ciò non è neutro: il 4G ha abilitato l’app economy, il 5G creerà un ecosistema di aziende in grado di fare new business. Ci aspettiamo dall’Europa che il 2025 sia l’anno del consolidamento, dell’implementazione delle politiche di cybersecurity e resilienza delle infrastrutture e naturalmente l’anno del 5G. Ricordiamoci che sono tre le rivoluzioni in atto: cloud, intelligenza artificiale e 5G. Il cloud ce lo siamo giocato, è dominato dalle big tech americane o cinesi, sull’intelligenza artificiale gli investimenti in Europa non sono che una frazione di quelli statunitensi, l’unica tecnologia distintiva per l’Europa è il 5G perché i campioni tecnologici sono solo in Europa e Cina.
Quindi nel 2025 debutterà anche in Italia il 5G standalone?
È quello che ci attendiamo insieme con la diffusione del 5G sul midband (cioè nella banda a 3,5 Ghz) e quindi l’avvio dei primi servizi a valore aggiunto per consumer ed enterprise. Sul fronte consumer, per monetizzare alcuni use case, nell’ordine saranno legati a Fwa, gaming e grandi eventi, tutti ambiti in cui l’utente è più che disponibile a pagare di più per un servizio a valore. Pensiamo ad esempio a concerti ed eventi sportivi. Lato entreprise il 5G Stand Alone sarà la chiave per spingere le private network ossia reti dedicate peraltro fondamentali in ottica cybersecurity. In Italia si contano ad oggi appena 30 progetti di reti private. Poi non dimentichiamo i due grandi eventi che ci attendono: Giubileo e le Olimpiadi di Milano Cortina. Eventi che attireranno milioni di persone come è stato per le Olimpiadi in Francia che hanno fatto da test per gli operatori che hanno potuto far toccare con mano i benefici del 5G. Ma attenzione perché la creazione dell’ecosistema è fondamentale.
E come passare dal dire al fare?
Abbiamo scelto di intitolare il nostro evento “Imagine Italy”: abbiamo una visione delle cose da fare, un sogno in cui crediamo. Una delle questioni dirimenti è quella che vede le Tlc “schiacciate” fra altre realtà che drenano valore, il nostro obiettivo è aiutare a costruire piattaforme trasversali che consentano alle telco di riprendersi valore. Sul fronte consumer l’idea è aiutare le telco a monetizzare tramite connettività differenziata e con le API di rete, facendo leva su asset in capo agli operatori da fornire agli over the top e agli sviluppatori. Ad esempio servizi per la gestione delle identità o per la geolocalizzazione. Sul fronte enterprise bisogna davvero fare sistema: logistica e trasporti sono fra i settori a più alta potenzialità per le telco, autostrade e ferrovie hanno bisogno del 5G, per non parlare dei porti. Ma la chiave è non andare ciascuno per conto proprio: gestire i progetti in maniera isolata non conviene a nessuno, nemmeno sul fronte dell’accesso ai fondi europei, si pensi a quelli dedicati ai cosiddetti corridoi. Bisogna aggregarsi, agire tutti su un terreno comune per vincere la partita tutti insieme.
Un’ultima domanda sul tema della ricerca e dell’innovazione in Italia. Come siamo messi?
Partiamo dall’Europa, che ha due campioni mondiali del 5G. Pensando ad Ericsson il tema è che il 60% della nostra ricerca e sviluppo è fatto in Europa ma non la stessa percentuale di business, purtroppo. Mantenere l’R&D in Europa ha senso laddove l’Europa abbia intenzione, volontà e coesione nel rendere il mercato delle Tlc nuovamente interessante per tutti gli attori. Fare ricerca e sviluppo per un’azienda significa investire ingenti risorse. In Italia abbiamo realizzato 44 brevetti in un solo anno, di fatto quasi un brevetto a settimana, molti più dei nostri competitor extraeuropei. E poi c’è soprattutto un tema di attrazione degli investimenti e mi riferisco in particolare all’Italia: puntare su aziende che investono pochi milioni di euro non ha molto senso laddove si possono aiutare e sostenere aziende che sono investitori di lungo corso nel Paese, che possono restare e ampliare gli investimenti. Abbiamo visto sbandierare centri R&D realizzati da aziende extraeuropee in Italia che sono durati una stagione. Noi siamo in Italia da 106 anni, ma abbiamo bisogno di investimenti degli operatori e attenzione da parte delle Istituzioni per restare e continuare a investire.
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