In una lettera un programma per il rilancio della regione «in rete con il resto del Mezzogiorno»: «Servono significativi investimenti»
Un appello dei vescovi lucani per far fronte «alla grave crisi che sta investendo diversi ambiti economici della Basilicata, tra i quali il settore automotive, con il rischio concreto di migliaia di posti di lavoro persi, noi Vescovi eleviamo ancora una volta un accorato appello a tutte le istituzioni e a tutti i cittadini». Un invito potente alle istituzioni e alla politica a «ridare speranza alla nostra gente». «È urgente, infatti – scrivono i vescovi – una radicale presa di coscienza ed una straordinaria mobilitazione dei ‘mondi vitali’ della nostra Regione per vincere le sfide della transizione che ci attendono, riportando al centro la dimensione comunitaria della persona. L’impatto socio-economico delle ultime crisi mondiali, aggravato dalla pandemia e dalle instabili condizioni geo-politiche ha provocato anche nella nostra Regione, come in altre parti del Mezzogiorno, una marginalizzazione insostenibile ed un impoverimento demografico e sociale, la riduzione della base produttiva e occupazionale, la diseguaglianza tra cittadini e territori. La grande sfida – nazionale ed europea – consiste nel proteggere i ceti sociali più fragili». «La transizione ecologica è chiaramente necessaria ma non può avvenire a discapito della dignità delle persone in ogni dimensione del loro essere. Essa ci sfida rap- presentando l’opportunità di fare nostro un nuovo modello di sviluppo che, riconoscendo la centralità del lavoro umano e della dignità della persona umana, risulti efficacemente capace di coniugare sostenibilità e giustizia economica, socia- le ed ambientale». «Il nostro territorio, pur segnato da evidenti criticità e contraddizioni – scrivono i vescovi – presenta notevoli potenzialità, purtroppo an- cora inespresse e divise. Pensiamo ad esempio ai numerosi “beni comuni” che lo caratterizzano: ambiente, acqua, riserve delle aree forestali, ecc… Tali risorse naturali, se adeguatamente valorizzate, possono senza alcun dubbio contribuire a rafforzare l’ossatura della nostra economia. La sfida che ci sta davanti è di sconfiggere un pessimismo latente ed una incapacità di una visione comune di rinascita in rete con il resto del Mezzogiorno». I vescovi entrano nel merito con una serie di punti, un vero e proprio programma che prevede: «Significativi investimenti infrastrutturali: anche alla luce della possibilità di autonomie differenziate, risulta non più derogabile fornire la nostra Regione di adeguate dotazioni infrastrutturali per superare l’isolamento e portare i nostri cittadini alla contemporaneità». Ma i vescovi parlano anche di «nuove politiche industriali: oc- corre, infatti, un piano nazionale e regionale che sostenga la riconversione industriale». «Investimenti nella formazione»; «politi- che attive del lavoro: servono misure concrete per favorire il reinserimento lavorativo delle persone che perderanno il posto di lavoro, come incentivi all’autoimprenditorialità, tirocini e borse di studio». «È necessario – scrivono – introdurre azioni mirate per sostenere l’inserimento lavorativo dei giovani, attraverso Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento (Pcto)». «Essenziale – avvertono – è anche la creazione di contesti che favoriscano una più marcata radicazione sul territorio delle Università e dei Centri di Ricerca». «Fondamentale è la sinergia con il sistema produttivo». «Di assoluto rilievo – continuano – è l’emergenza del settore auto per gli impatti indiscutibili di crisi e di tenuta del tessuto sociale ed ambientale che esso ha nella nostra Regione. Tutto ciò rappresenta indiscutibilmente il più significativo asse manifatturiero regionale: un settore che è ormai connaturato alla economia regionale, come distretto produttivo avanzato e foriero di quella cultura industriale che ha costituito la novità più rilevante della Basilicata moderna dopo gli anni ‘80. A livello internazionale, la tendenza alla decarbonizzazione ha prodotto nuovi scenari nel campo dell’automotive con effetti spesso di deindustrializzazione, con impatti socio-economici allarmanti e pericolosi per la tenuta sociale dei Paesi. I dati e le informazioni recenti non sono confortanti. Come emerge da report accreditati si registra un sostanziale arretramento sul piano occupazionale, con conseguenti preoccupazioni anche in presenza di piani di industrializzazione che prevedono la produzione di nuovi modelli, come ad esempio il caso dell’Azienda Stellantis. Occorre necessariamente ri- stabilire la “strategicità” dello stabilimento di Melfi». «È tempo di agire in modo coordinato, coinvolgendo le parti sociali, l’Europa, il Governo nazionale e le istituzioni locali. Insieme siamo chiamati tutti a costruire una visione di futuro per la nostra Basilicata, in cui la crescita economica vada di pari passo con la giustizia sociale e la tutela dell’ambiente».
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