Ci siamo occupati delle vicende delle nomine ‘guidate’ nel reparto di Neonatologia del San Carlo e della Pediatria di Melfi, con una nostra inchiesta giornalistica (2018). Ma anche con diversi articoli di denuncia su quanto accaduto in quel reparto nel corso del tempo. Siamo anche stati querelati dal capo dipartimento materno infantile dottor Sergio Schettini, ma il Gip ci ha prosciolti evidenziando che la nostra inchiesta ha raccontato fatti realmente accaduti. In pratica, abbiamo detto la verità. Finanche le previsioni riportate in un editoriale successivo a quell’inchiesta si sono rivelate esatte. Il medico compagna del capo dipartimento materno infantile, Simona Pesce, è stata nominata direttore del reparto di neonatologia.
Dalle denunce reiterate di un medico è nato un processo penale per reati di falso e abuso di ufficioa carico dell’ex primaria della neonatologia dottoressa Gizzi e dell’attuale direttrice del reparto dottoressa Pesce, degli ex direttori generali del San Carlo Rocco Maglietta e Massimo Barresi, dell’ex direttore sanitario Antonio Picerno, dell’ex direttrice delle Risorse Umane Patrizia Vinci, dell’ex direttrice amministrativa Maddalena Berardi, dell’attuale direttore della Pediatria di Melfi Saverio De Marca.
Il processo lo abbiamo seguito costantemente. Dai verbali delle udienze abbiamo letto, non senza stupore, della deposizione, in qualità di testimone della difesa dell’allora, e forse anche oggi, convivente more uxorio della dottoressa Simona Pesce, imputata, dottor Sergio Schettini.
Abbiamo anche letto nei verbali che il dottor Schettini si è assunto la paternità di alcune scelte raccontate nella nostra inchiesta. Nel processo si discute anche del video (in cui lo stesso Schettini è protagonista), da noi pubblicato nel lontano 2019, che racconta alcuni fatti oggetto di causa e attualmente agli atti del pubblico ministero e che il Tribunale si è riservato di acquisire. Abbiamo letto che qualcuno definisce il video pura suggestione. Potete rivederlo qui, tanto per capire se si tratta di suggestione.
Nell’udienza di venerdì 28 novembre 2024 il reato di abuso di ufficio è stato stralciato a causa dell’intervenuta riforma Nordio che lo ha cancellato dal codice penale. Adesso, con l’abolizione di quel reato i pubblici funzionari avranno ampie praterie per sistemare amici, parenti, affini e collaterali senza doversi preoccupare di eludere la legge o violarla.
Sarà più facile nominare chi si vuole, a prescindere da competenze e selezioni serie, incaricare gente nelle aziende e negli enti pubblici e in sanità a piacimento come in altri settori strategici per la vita delle persone. In Basilicata si va a nozze.
Dunque il Governo ha affidato la tutela del merito – c’è anche il ministero del Merito – alla abolizione dell’unico presidio penale, che in qualche modo lo tutelava, denominato abuso di ufficio. Quel reato che non esiste più perché sennò paralizzava tanti zelanti sindaci e funzionari di ogni ordine e grado che avevano paura della firma e paralizzavano l’operato della Pubblica Amministrazione. Ne avrete sentito senz’altro parlare.
Si è detto che tanto al privato cittadino che subisce discriminazioni resta il ricorso alla magistratura civile (con la lunghezza dei tempi che la contraddistinguono). Ma l’interesse pubblico chi lo tutela? Ci era parso di capire che premiare il merito fosse una questione di pubblico interesse.
Orbene all’esame di vari Tribunali d’Italia vi sono tanti processi per abuso di ufficio ovvero processi contro pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio che, nell’esercizio delle loro funzioni, producono un danno o un vantaggio a qualcuno in contrasto con le norme di legge magari danneggiando qualcun altro.
Per capirci, oltre a quanto accaduto e raccontato nella nostra inchiesta e negli articoli successivi, vi facciamo un altro esempio. All’Università di Torino un concorso per un posto di professore associato presso un dipartimento di medicina è stato vinto da uno tizio tratto a giudizio per abuso di ufficio per collusioni e uso di altri mezzi fraudolenti, il reato è stato contestato anche a un componente della commissione giudicatrice e al direttore della struttura sanitaria. Bene poiché l’abuso di ufficio è stato abrogato quegli imputati verranno prosciolti e il relativo processo cestinato. E’ solo un esempio, ma di episodi simili ormai sono pieni i tribunali.
In un Paese che fatica a riconoscere il merito – nonostante un Ministero sia oggi intitolato, appunto, all’Istruzione e al Merito – e nel quale malcostume e malaffare nella pubblica amministrazione non sono rarità, purtroppo anche nelle università – desta preoccupazione l’idea di un vuoto di tutela penale così grave. Vari Tribunali d’Italia hanno rimesso la questione alla Corte Costituzionale perché ritengono che questo vuoto di tutela sia contro la Costituzione e contro gli obblighi internazionali di lotta alla corruzione assunti coi trattati internazionali dall’Italia.
Sussisterebbe, in seguito, alla sottoscrizione della convenzione di Merida da parte del nostro Paese e per i vincoli imposti dalla Costituzione l’obbligo di non abrogare il reato (c.d. obbligo di “stand still”), essendo quest’ultimo funzionale a garantire “sistemi che favoriscono la trasparenza e prevengono conflitti di interesse”.
Il Tribunale di Firenze, per esempio, ha sollevato la questione nell’ambito di un procedimento penale conosciuto come “Concorsopoli di Careggi e Meyer”. E lo ha fatto anche in un procedimento in cui erano imputati per abuso di ufficio alcuni magistrati che avevano favorito alcuni imprenditori. Anche altri Tribunali hanno sollevato la questione in giro per l’Italia. Anche la Procura della Repubblica di Potenza ha sollevato la questione davanti al Tribunale. Il Tribunale Penale di Potenza però non ha aderito all’opinione della procura. Anche il Tribunale di Reggio Emilia è dello stesso avviso e ha rigettato l’istanza di remissione alla Corte.
Il processo agli imputati per i fatti raccontati nella nostra inchiesta prosegue per i reati di falso in atto pubblico nei confronti dell’ex Commissario dell’AOR San Carlo Rocco Maglietta, l’ex direttrice amministrativa Maddalena Berardi, l’ex direttore sanitario Antonio Picerno, l’ex direttrice delle risorse umane Patrizia Vinci, l’ex direttore generale Barresi, la dottoressa Camilla Gizzi ex direttore del reparto di neonatologia e la dottoressa Pesce attuale direttrice della neonatologia già compagna del direttore del dipartimento materno infantile dottor Sergio Schettini. Il dottor De Marca nominato intuitu personae (ovvero senza il rispetto di nessuna norma di legge ma, avuto riguardo alla persona), direttore facente funzioni della Pediatria di Melfi, imputato solo per concorso in abuso di ufficio è stato assolto perché l’abuso d’ufficio non è più reato. Per la tutela del merito e dell’interesse pubblico seguiremo cosa dirà la Corte Costituzionale nei casi portati alla sua attenzione o se il legislatore riterrà di colmare questa grave lacuna e se l’abuso di ufficio resterà cancellato per sempre dal codice penale o meno.
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