Sulle pensioni di gennaio mancherà qualcosa, ecco cosa non troveranno i pensionati e quanto perdono

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In generale, le due mensilità di pensione che per i contribuenti italiani possono essere considerate le più sfavorevoli sono dicembre e gennaio. E se quella di dicembre ormai è arrivata ai contribuenti con tutte le cifre aggiuntive classiche di fine anno, quella di gennaio rappresenta la prima rata di pensione annuale.

Come inizierà il 2025 sulle pensioni?

La verità è che inizierà male, e per due motivi: scarsi aumenti, come ormai si è capito, e l’assenza di una voce molto importante su cui i contribuenti probabilmente contano sempre per ottenere un rateo migliore come importo.

In effetti, sulle pensioni di gennaio mancherà qualcosa. Ecco cosa non troveranno i pensionati e quanto perdono rispetto agli altri anni.

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Sulle pensioni di gennaio mancherà qualcosa, ecco cosa non troveranno i pensionati e quanto perdono

A dicembre i pensionati hanno ricevuto la tredicesima, ovvero la mensilità aggiuntiva che nella maggior parte dei casi raddoppia il rateo di pensione di fine anno. Qualcuno ha percepito anche il bonus tredicesima di circa 150 euro. Si tratta di pensionati con trattamenti integrati al minimo.

Pochi altri hanno ricevuto la quota di quattordicesima spettante, perché hanno compiuto 64 anni di età dopo il mese di giugno 2024 e quindi non sono entrati nel perimetro di quest’altra mensilità aggiuntiva in tempo utile per riceverla a luglio.

Niente aumenti in anticipo però, e nemmeno i conguagli per la differenza di rivalutazione registrata nel 2024. Tutto rinviato al 2025 e alla prima pensione in pagamento a gennaio? Nemmeno per sogno, perché il 2025 si aprirà in maniera non propriamente positiva.

Cosa mancherà sulle pensioni di gennaio e perché

La pensione a gennaio aumenterà in misura pari al tasso di inflazione per le pensioni delle fasce più basse, e poi aumenterà in percentuale inferiore per quelle delle fasce più alte.

Nulla di nuovo, quindi, se non fosse che il governo ha deciso di riportare la rivalutazione delle pensioni alle tre fasce progressive, abbandonando quel contestato metodo (finito anche davanti alla Consulta per presunta incostituzionalità) che, senza progressività e con tagli ingenti alle pensioni più alte, penalizzava tanti pensionati.

L’aumento, a prescindere dal fatto che c’è chi godrà della piena rivalutazione del suo trattamento, sarà irrisorio rispetto a quanto i pensionati erano abituati a ricevere negli ultimi anni. Perché la rivalutazione sarà sulla base dello 0,8% di incremento.

Poca roba, anche per le pensioni fino a 4 volte il trattamento minimo, che dovrebbero ricevere la rivalutazione intera, cioè dello 0,8%. Al 90% dell’indicizzazione, invece, è quello che spetta alla parte di pensione sopra 4 volte il trattamento minimo e fino a 5 volte. E il 75% è ciò che tocca alle pensioni più alte.

Chi percepisce assegni vicini ai 1.000 euro, riceverà meno di 10 euro al mese di aumento. Questo è l’intervento che dovrebbe sostenere la perdita di potere d’acquisto dei trattamenti. Ma sulle pensioni di gennaio mancherà qualcosa anche sulla rivalutazione di quest’anno.

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Cosa cambia rispetto agli altri anni sulla pensione di gennaio

Le pensioni si adeguano ogni anno al tasso di inflazione con un meccanismo che potremmo definire in due fasi. La prima, a gennaio di ogni anno, parte da un tasso di inflazione di previsione. L’ISTAT, ogni novembre più o meno, emette il dato sull’inflazione registrata nell’anno corrente, ma considerando i mesi che vanno da gennaio a settembre.

Poi, l’anno successivo, quando avrà i dati anche dell’ultimo trimestre dell’anno precedente, passerà ad emettere il dato definitivo dell’aumento del costo della vita. La differenza, che quasi sempre viene registrata, è in aumento.

Significa che tra tasso di previsione e tasso definitivo il secondo risulta nella stragrande maggioranza dei casi maggiore. Per esempio, nel 2023 si partì da un tasso di inflazione di previsione al 7,3% per poi passare a quello definitivo all’8,1%.

Quel 0,8% di differenza non è altro che la differenza di aumento delle pensioni a credito dei pensionati.

Tanto è vero che a gennaio dell’anno successivo (salvo anticipo come successo nel 2023, quando la differenza fu pagata a dicembre e non a gennaio) ai pensionati spetta un conguaglio a credito. E nel 2023 fu pari allo 0,8% al mese da gennaio a dicembre. In pratica, consistenti arretrati a conguaglio, questo è ciò che in genere ogni gennaio spetta ai pensionati oltre al solito aumento della pensione.

Pochi euro di aumento e basta, così inizierà il nuovo anno per i pensionati

Nel 2025, a gennaio, questa cosa non c’è. Infatti, stranamente, il tasso di previsione 2024 usato per gli incrementi delle pensioni a gennaio scorso è anche quello definitivo. Non c’è differenza.

Sulle pensioni di gennaio mancherà qualcosa, e quel qualcosa è proprio questo conguaglio. Quindi, ai pensionati a gennaio arriverà una pensione più alta, ma di quei pochi euro di rivalutazione annuale pari allo 0,8% e nulla più. Niente conguagli a credito e nulla di nuovo in arrivo.

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