Inviata da Fernando Mazzeo – I ragazzi nel nostro Paese, spesso spettatori passivi in un mondo indifferente, egoista, violento e poco solidale, stanno attraversando un complesso e faticoso periodo di crisi, che li sta costringendo a vivere in una sorta di isolamento emotivo e affettivo.
Molti abbagliati dalla paura cercano pericolose vie di fuga; la scuola, la famiglia e la società, distratte o colte di sorpresa, non riescono più a garantire una fitta e ampia rete di protezione e sostegno, che possa far sentire la gioia di un ambiente accogliente, amorevole, unito, in grado di strutturare e favorire rapporti autentici e amicizie vere.
Essi si trovano quindi a dover lottare da soli, a dover fare i conti con una comunità che preferisce non lasciarsi coinvolgere direttamente, che fa fatica a soppesare e valutare adeguatamente le prevaricazioni, gli insulti, le violenze morali e fisiche, l’odio, il rancore, che, indifferente, assiste all’orribile spettacolo del crollo dei più importanti valori umani, culturali e sociali.
Paradossalmente, la famiglia e l’intera società così pronte ad offrire beni di consumo innumerevoli, sono invece straordinariamente carenti di prospettive amorevoli e di sicurezze ideali in grado di alimentare sentimenti di gioia, di pace, di condivisione, di amore.
L’arroganza, l’ostentazione di sé, il fanatismo e la rabbiosa violenza di ragazzi anaffettivi che, spesso, spalleggiati dai genitori e privati della dovuta fermezza che mette a tacere ogni ribellione al minimo accenno di un rifiuto, offendono, insultano, picchiano, tormentano, violentano, uccidono.
In alcuni ambienti dove il livello di aggressività raggiunge limiti assai pericolosi, i ragazzi diventano poco controllabili, privi di self-control e di un’adeguata padronanza di sé.
La famiglia, ormai, non più depositaria di valori, ma soltanto di una deleteria autoreferenzialità, non fa altro che pensare ed agire in modo prettamente egoistico e mettere in discussione ogni cosa. Pertanto, l’impetuosa aggressività giovanile, spesso minimizzata o ignorata dai genitori, anziché ricomporsi in forme di equilibrio, si trasforma in anarchia distruttiva e delittuosa violenza.
Di contro, la scuola non più rischiarata dallo studio, dall’ordine, dal rispetto, dalla disciplina (dal latino discere, imparare), dall’applicazione e dalle competenze, isolata, stremata, disorientata e priva di mezzi, brucia inesorabilmente nel clima rovente dell’odio e, lentamente, si consuma nel silenzio della solitudine.
Impegnarsi nella lotta per rendere il contesto educativo degno di tale nome, veramente democratico, carico di passione senza la quale non può esserci vera moralità, vero affetto e vera amicizia, significa guardare oltre i solchi dove vengono gettati i semi.
Verranno i giorni bui, infurieranno le tempeste, qualcuno si perderà, ma il calore di un sorriso, la gioia di una stretta di mano, l’offerta di un aiuto spontaneo, faranno germogliare e crescere quei piccoli semi di giustizia, fratellanza ed amore.
Per trasmettere l’arte di gustare e sentire nel proprio cuore la bellezza di azioni rischiarate da una grande luce più forte di quella del sole quando sorge al mattino e si rispecchia nel mare e non far sentire isolate e abbandonate le vittime, non bisogna invocare misure poliziesche, ma credere fermamente in una scuola che sappia far fiorire nell’aridità e nel vuoto delle azioni peggiori, gli impulsi ideali che liberano dal veleno che intossica e in una famiglia che sappia porre dei limiti, attendere con fiducia che il flusso delle onde si plachi e, nella quiete della bonaccia, colmare il cuore dei figli di serenità, sicurezza e protezione e indurli a seguire strade tranquille e sicure.
A volte, più che di forze negative penso si debba parlare di assenza: l’assenza di un’autorità familiare. I ragazzi che tornano da scuola e trovano la ricchezza del nulla e il silenzio di genitori che fanno sempre più fatica a stabilire un colloquio con i figli, languiscono in una specie di ozio mentale e affettivo. Pertanto, la vera autorità, se si accetta un’etimologia pedagogicamente acuta, l’augere latino, è quella di far crescere. Questo deve essere lo stile e l’impegno educativo della famiglia.
Per evitare che in questi ragazzi il gusto della trasgressione si deformi e si abbandoni ad un’anarchia cieca e brutale, non occorrono ricette e test psicologici, ma ossigeno morale, criteri certi e modelli ideali per orientarsi.
Per rendere, invece, meno traumatica e dolorosa l’esperienza della violenza e dell’offesa subita, bisogna dare un segno vivo dell’ attenzione educativa e far percepire un profondo afflato di sensibilità umana e di amorosa premura che, per la vittima, è come un’oasi per l’assetato e un rifugio sicuro quando nel deserto soffia forte il vento caldo che rende difficoltosa la vita.
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