La sua vita è cambiata dopo un incidente in Tanzania, dove si trovava per un tirocinio all’ambasciata. «Ho rinunciato alla carriera diplomatica per impegnarmi prima di tutto ad avere una piena autonomia nella mia vita». La nostra intervista in occasione della Giornata internazionale dedicata al tema di inclusione e diritti
«I miei genitori sono sordi. Può sembrare strano, ma è stato quasi un vantaggio. Di sicuro è stato formativo. La lingua dei segni si porta con sè un modo diverso di pensare: per descrivere qualcosa noi abbiamo a disposizione tantissime parole, mentre con la LIS si arriva subito al punto, alla questione vera e propria». Chi parla è Ivano Marchiol, 42 anni di Udine, dove è assessore ai Lavori pubblici, alla Viabilità e al Verde pubblico. Dal 2007 vive in carrozzina a seguito di un grave incidente in Tanzania, dove all’epoca stava frequentando un tirocinio post laurea all’ambasciata italiana.
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Disabilità in Italia: i numeri di tante ingiustizie
Nella Giornata internazionale delle persone con disabilità, che si celebra oggi martedì 3 dicembre, lo abbiamo intervistato per farci raccontare il suo impegno prima civico e poi politico al servizio di un’idea di città. «Quando sono stato in Olanda per l’Erasmus ricordo che era pieno di persone in carrozzina. A Udine non ne avevo mai viste in giro. Non perché non ci fossero o non ci sono: è il contesto che permette di esserci oppure no».
Diamo prima qualche numero sullo scenario. In Italia le famiglie con persone con disabilità sono circa 2 milioni e 800 mila (pari al 10,7%). Come riporta poi l’Istat sono quasi 338mila gli alunni con disabilità che frequentano le scuole di ogni ordine e grado, il 4,1% del totale degli iscritti. Il 62% di loro non partecipa alle gite scolastiche (la percentuale aumenta al 72% nel Mezzogiorno). Rispetto al lavoro il quadro è altrettanto scoraggiante come ci ha spiegato Marchiol. «L’80% delle persone con disabilità non è occupato e questo è un importante fattore di esclusione».
Nato a Udine e formatosi all’università di Trieste con sede a Gorizia, dove ha studiato scienze diplomatiche, Ivano Marchiol si appassiona ben presto all’Africa. «Dopo la laurea, nel 2007 ho ottenuto un tirocinio in Tanzania». Ma come si è sviluppato questo interesse? «Ero stato in Burundi nel 2004 mentre preparavo la tesi triennale. Al Centro giovani «Kamenge» fondato da padre Marano, ho potuto approfondire la storia delle identità etniche delle frazioni tribali in un luogo dove una guerra civile ha condotto a un genocidio».
A quel tempo Ivano Marchiol non pensava alla politica attiva, ma ha potuto approfondire lo specifico di una società molto diversa da quella europea e dalle sue enormi differenze. «La democrazia rappresentativa è il miglior sistema di governo che abbiamo, ma come fare in modo che possa rispondere alle sfide del futuro? Penso che parte della risposta derivi dal ruolo del terzo settore, dei cittadini e del volontariato».
Ivano Marchiol, dal civismo alla politica
Come tirocinante all’ambasciata ha trascorso 4 mesi nell’ufficio commerciale in Tanzania nel 2007. Al termine di quell’esperienza formativa, Ivano Marchiol è stato raggiunto dalla fidanzata Cristina, per visitare insieme il Paese. «Il giorno del rientro il mio tutor Stefano ci ha accompagnato in aeroporto in auto. C’è stato un incidente gravissimo di cui non ho memoria. Sono l’unico sopravvissuto».
Ha trascorso nove mesi in ospedale. «Quando ti capita una cosa simile sei costretto a prendere decisioni importanti. Ho rinunciato alla carriera diplomatica per impegnarmi prima di tutto ad avere una piena autonomia nella mia vita». Un concetto, l’autonomia, con cui aveva iniziato a fare esperienza sin da piccolo. «I miei genitori mi hanno dato le chiavi di casa a 6 anni». La politica non è stata immediata conseguenza della sua nuova vita in carrozzina. «A dire il vero fin da ragazzo in tanti mi suggerivano di impegnarmi. Ma fare politica significa dedicarti completamente e a 18 anni io avevo l’Africa da scoprire. Non ero pronto con la serietà che un simile impegno richiede».
Dopo l’incidente Ivano Marchiol ha lavorato in banca e poi nel 2012 ha vinto una selezione nella Direzione cultura e relazioni internazionali della Regione Friuli Venezia Giulia. A spingerlo all’impegno civico è stata nel 2018 la proposta dell’allora sindaco di riammettere le auto nella via centrale della città. «Ho formato il comitato Autostoppisti che ha raccolto oltre tremila firme per rendere pedonale quella strada. Ancora oggi mi chiedo e chiedo a tutti: in che città vogliamo vivere? Una in cui l’auto è l’unico mezzo di trasporto per le persone? Zone pedonali e ciclabili creano città più accessibili per tutti, non soltanto per le persone con disabilità».
Fare politica per dare voce
Come chiaro dai dati che abbiamo riportato sulla disabilità in Italia, uno dei temi centrali riguarda proprio l’esclusione dalla vita economica, sociale e perfino politica delle persone e delle loro famiglie. Quante volte capita a Marchiol di incontrare amministratori pubblici che convivono con situazioni simili? «Finora non ne ho incontrate, anche se immagino ce ne siano. Fare politica e avere una disabilità non può che partire dalla riflessione sull’accessibilità. Quando fai politica hai bisogno di spostarti, di accedere a luoghi, di incontrare persone. Ad esempio la sala storica del consiglio comunale di Udine non è accessibile e siamo stati costretti a riunirci in un’altra sede».
E poi c’è un’altra barriera da superare. «Di norma gli elettori votano persone con cui si immedesimano o che aspirano ad assomigliare. E poi in tanti ancora oggi probabilmente dubitano che le persone con disabilità siano in grado di assumere ruoli di potere e di rappresentanza. È comprensibile, serve trovare il modo per colmare quella distanza». Ad esempio? «Io sono partito dall’impegno civico, con i temi sulla mobilità e sul verde di cui oggi mi occupo come assessore. Con i risultati ottenuti penso di aver superato quel gap. Oggi nessuno mi tratta con quella velata compassione che spesso viene riservata alle persone nella mia condizione. Anzi.»
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