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Diventano pubbliche le ragioni della Consulta rispetto all’incostituzionalità di una serie di profili presenti nella Legge 26/2024, n. 86 sulla autonomia differenziata approvata lo scorso giugno, emersi a seguito dei ricorsi delle Regioni Puglia, Toscana, Sardegna e Campania e rispetto ai quali il sindacato Anief si è costituito con una memoria in difesa dei livelli omogenei di istruzione su tutto il territorio nazionale
Stamani la Corte Costituzionale ha infatti messo a disposizione on line le motivazioni che lo scorso 12 novembre hanno portato gli stessi giudici a dichiarare ben 11 articoli della Costituzione italiana violati da quel testo di legge
Nell’evidenziare che il sistema scolastico nazionale rimane necessariamente unitario e che non può essere spezzettato in tanti sotto-sistemi diversificati che creerebbero istituti di serie B nei territori e per le famiglie meno fortunate, la Consulta ha ribadito la “valenza necessariamente generale ed unitaria” dell’Istruzione, nonché del “sistema nazionale di istruzione” e di un “offerta formativa” pubblica da mantenere in modo uniforme sull’intero territorio: per arrivare a questa presa di posizione rilevante, scrive ancora la Corte Costituzionale, decisivo è stato il ruolo, di “diverse associazioni senza scopo di lucro”, che “hanno depositato opinioni come amici curiae, ai sensi dell’art. 6 delle Norme integrative: si tratta delle associazioni ASSO-CONSUM-Puglia (reg. ric. n. 28 del 2024), UPI Toscana (reg. ric. n. 29 del 2024), ACLI e ANIEF (reg. ric. numeri 30 e 31 del 2024) e ANCI Campania (reg. ric. n. 31 del 2024). Tali opinioni sono state ammesse dal Presidente della Corte con quattro decreti, del 7 e del 10 ottobre 2024”.
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, presente a Roma all’udienza della Consulta di alcune settimane fa, ricorda che “il sindacato Anief è stato e rimane l’unico che si è costituito, con un ricorso ad adiuvandum alla Consulta, perché si è sempre detto convinto che quel testo viola troppi articoli della Carta costituzionale. A partire dal fatto che il diritto allo studio va garantito a tutti, in particolare agli studenti con disabilità: con il modello approvato lo scorso mese di giugno l’autonomia spinta che vuole essere concessa alle Regioni non sarà infatti accompagnata da alcuna garanzia di riequilibrio per i servizi essenziali. E non c’è traccia nella norma approvata, nemmeno nel testo approvato a suo tempo al Senato, degli investimenti finalizzati a restringere il divario tra Settentrione e Meridione, che quindi sono destinati ad aumentare”.
LE MEMORIE CONSEGNATE ALLA CORTE COSTITUZIONALE
Attraverso l’azione amicus curiae, riferendosi all’istanza depositata dalla Regione Campania e Sardegna, il sindacato Anief ha consegnato due specifiche memorie per far sapere alla Corte Costituzionale che “intende ribadire il proprio ruolo di formazione sociale, senza scopo di lucro, portatrice dell’interesse collettivo del personale scolastico e, in particolare, degli insegnati specializzati per le attività didattiche di sostegno agli alunni con disabilità, ed argomentare ad adiuvandum sulla fondatezza dei dubbi di legittimità costituzionale avanzati sulla Legge 26 giugno 2024, n. 86, con particolare riferimento alle norme che subordinano l’erogazione dei LEP al rispetto degli equilibri di bilancio. Secondo l’associazione scrivente, tali norme avranno l’effetto di rendere incerte le risorse finanziarie necessarie per l’assunzione degli insegnanti di sostegno, compromettendo così il diritto all’inclusione scolastica degli alunni con disabilità”.
Anief ricorda che “la L. n. 86/2024 non assicura infatti l’integrale finanziamento delle funzioni trasferite alle Regioni e demanda al Governo la definizione dei LEP., senza dettare i principi direttivi necessari ad assicurare il trasferimento alle Regioni delle risorse necessarie per finanziare i servizi trasferiti”. Come pure è preoccupata, tra le altre cose, per “l’effettivo mantenimento di standard uniformi di prestazione su tutto il territorio nazionale”. Ma anche perchè “le differenze economiche tra le Regioni si traducono in disparità nell’offerta di ser-vizi, inclusa l’istruzione, con conseguente violazione anche del diritto all’istruzione, garantito dagli artt. 33 e 34 della Cost., secondo cui la Repubblica “istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi” e che “la scuola è aperta a tutti”, e dei principi di uguaglianza ed efficienza amministrativa, consacrati negli artt. 3 e 97 della Costituzione”.
Infine, sottolinea che verrebbe messo ad alto rischio “il diritto all’inclusione scolastica degli alunni con disabilità, che non possono essere finanziariamente condizionati” come si sta facendo da anni e ulteriormente compromessi dall’alto tasso di precarietà dei docenti di sostegno. La stessa Corte Costituzionale, del resto,ha già in passato detto che “il problema del rapporto tra il principio di copertura finanziaria e di equilibrio della finanza pubblica, di cui all’art. 81 Cost., e le garanzie costituzionali su cui poggiano le risorse destinate ai diritti incomprimibili, deve essere risolto in favore di questi ultimi”.
I PRINCIPI CALPESTATI
Per concludere, secondo Anief le norme impugnate della Legge 26/24 violano:
– l’art. 10 della Costituzione, in relazione all’art. 24 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità – adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006, ratificata e resa esecutiva con legge 3 marzo 2009, n. 18;
– l’art. 38 Cost., che assicura il diritto allo studio delle persone con disabilità;
– gli articoli 81 e 119 della Costituzione, in quanto trasferiscono le funzioni relative ai LEP., senza garantire il loro adeguato finanziamento;
– il principio di solidarietà di cui all’art. 2 della Costituzione, in combinato disposto con l’art. 5, in quanto aumentano le disuguaglianze territoriali nel godimento dei diritti civili e sociali;
– l’art. 3 della Costituzione, sotto il profilo della ragionevolezza e della disparità di trattamento che ne deriva;
– gli articoli 116, 117, comma 2, lettera m), e 119 della Costituzione, per non aver previsto che i LEP vengano prima determinati e garantiti in modo uniforme su tutto il territorio nazionale;
– l’art. 119 della Costituzione, la cui piena attuazione sarebbe stata condizione necessaria per introdurre una maggiore equità nel sistema di regionalismo differenziato”.
I RISCHI ESPRESSI DALLO SVIMEZ
I rischi di allargamento del gap Nord-Sud a livello di Istruzione sono stati bene evidenziati anche dallo Svimez: con lo studio “Un paese due scuole” ha spiegato per bene i motivi. Come pure sono stati bene argomentati dall’Ufficio parlamentare di Bilancio, secondo cui questo modello potrebbe “creare ostacoli alla mobilità dei lavoratori e al riconoscimento delle loro competenze specifiche”.
I limiti, che “potrebbero essere significativi”, fanno seguito a quelli elencati ancora prima dalla Banca d’Italia, e riguardano vari aspetti tra cui la qualità dei servizi offerti ai cittadini. A rischio vi sarebbe “la diffusione di classi a tempo pieno nella scuola: i dati attuali evidenziano una fortissima differenziazione tra le varie Regioni, con quelle del Mezzogiorno che risultano in generale penalizzate”.
LA POSIZIONE DEL SINDACATO ANIEF
“Senza la garanzia di LEP omogenei e armonizzati tra le regioni – spiega ancora Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief -, la legge si realizzerà con evidenti limiti di attuazione. La verità è che la scuola pubblica non può fare la fine della sanità: non è un caso il ventaglio delle richieste di modifica del disegno di legge è stata davvero ampio, proposte dagli stessi partiti di maggioranza per garantire la parità di risorse per il raggiungimento comune dei livelli essenziali delle prestazioni e dei servizi su tutto il territorio italiano. Poi, quelle richieste non sono state accolte, quindi il problema è rimasto intatto”.
“Riteniamo – continua Pacifico – che l’autonomia differenziata, così come approvata dal Parlamento, creerà enormi danni alla scuola, soprattutto agli istituti collocati in territori che hanno meno aiuti da enti locali e privati. Comunque, per noi la norma rimane incostituzionale e porteremo di certo in tribunale gli atti attuativi. Se le cose rimangono così come sono state approvate oggi, le condizioni della scuola non potranno che peggiorare confermando la nostra prima richiesta: l’intero settore della Conoscenza non andava considerato in questo piano.
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