Torino, il preside del liceo Einstein: «A scuola non si organizzano manifestazioni pro Hamas»

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di Chiara Sandrucci

Il dirigente Marco Chiauzza: «Non stiamo parlando delle assemblee d’istituto di tutti, ma delle riunioni pomeridiane indette da un gruppetto minoritario»

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«La scuola è una scuola, non è un luogo dove organizzare manifestazioni per andare a picchiare la polizia o gridare slogan a favore di Hamas: se vogliono possono riunirsi altrove, ma non qui».

A sostenerlo è Marco Chiauzza, preside del liceo Einstein di via Pacini, dove il Consiglio d’istituto ha da poco approvato un regolamento sull’uso pomeridiano dei locali scolastici e le riunioni convocate dagli studenti.




















































La prossima è prevista per domani, all’ordine del giorno c’è la discussione sul conflitto in medio oriente. È stata richiesta dal collettivo e autorizzata dal preside secondo la procedura. Ma con una precisazione, come da regolamento appena approvato: «Si ricorda che la riunione, nel rispetto del pluralismo e delle finalità educative proprie della scuola, è esclusivamente un momento di libero confronto aperto a tutte le componenti della comunità scolastica (studenti, docenti e Ata). Pertanto non può essere finalizzata all’organizzazione di manifestazioni né alla presa di posizioni su questioni di natura politica».

Secondo gli studenti del «kollettivo Einstein» che contestano la decisione, è una mossa conseguente alla creazione dell’assemblea «Einstein for Palestine» nata quest’anno nel liceo. Ma la polemica con il preside risale a ben prima.

Già nel febbraio del 2022 era stato uno dei pochi dirigenti a contestare l’ondata di occupazioni delle scuole dopo il Covid. Quando l’anno dopo era stata occupata la succursale di via Bologna, aveva parlato di «metodi squadristi» e la scuola aveva comminato sospensioni e altre sanzioni agli studenti ritenuti responsabili. Tanto che per il collettivo, «la mossa del preside si colloca all’interno di un processo politico che va avanti da più di due anni nei confronti di chi prova ad attivarsi e a portare la politica all’interno della nostra scuola».

Il dirigente, invece, non capisce di cosa si lamentino visto che la riunione è stata autorizzata. «La regola è semplice e dice soltanto che le riunioni vanno richieste con qualche giorno d’anticipo e convocate attraverso la posta istituzionale in modo che tutti lo sappiano, cosa che hanno fatto – spiega Chiauzza, alla guida di un istituto di 1400 persone –. Non stiamo parlando delle assemblee d’istituto di tutti, ma delle riunioni pomeridiane indette da un gruppetto minoritario che si arroga il diritto di parlare a nome dell’Einstein: non è possibile che convochino le riunioni del collettivo attraverso i loro canali, in quel caso le facciano da Askatasuna che sono amici loro e non a scuola. Nei video che circolano in queste settimane c’è sempre qualcuno dei miei a menare le mani. Sono talmente liberale che accetto persino che si trovino a scuola, ma non come una setta carbonara. Questo è inaccettabile».

Gli studenti del kollettivo Einstein negano di essere vicini al centro sociale, la definiscono «una visione distorta delle cose» e rivendicano il diritto a parlare di quel che vogliono in riunione. «Prendiamo posizione a fianco della Palestina in quanto assemblea “Einstein for Palestine” ed è ovvio che quando discutiamo lo facciamo su questioni reali ed effettive di organizzazione per fare mobilitazioni, cortei e volantinaggi, senza che ci dica il preside di cosa si debba parlare in un’assemblea tra gli studenti perché non si è mai visto», chiariscono i ragazzi coinvolti.

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«La decisione su quando, come, e di cosa, deve essere discussa e non calata dall’alto della presidenza di via Pacini», hanno scritto nel comunicato, firmato anche dai rappresentanti di Istituto membri del collettivo. «Venerdì saremo tutte e tutti in via Pacini per organizzarci in vista del corteo del 13 dicembre, chi vuole discutere di come mobilitarsi per quella piazza sa dove trovarci, chiunque creda ancora in una scuola democratica, chiunque voglia parlare dei propri bisogni, chiunque voglia mettersi in relazione con altri studenti della scuola, chiunque voglia costruire un’opposizione a questo governo, professori e preside compreso».

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