Le tre certezze sulle pensioni per il 2025 dopo la legge di Bilancio

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La manovra di Bilancio ormai è in dirittura d’arrivo. Ecco quindi che si possono già tirare le somme riguardo a diverse materie e diversi provvedimenti contenuti nel testo della manovra di fine anno, a partire dal capitolo pensioni. Infatti, in materia previdenziale ormai sono praticamente certi diversi punti molto attesi da parte dei cittadini. Ecco i tre punti cardine, le tre certezze sulle pensioni per il 2025 dopo la legge di Bilancio, tra requisiti per le pensioni, aumenti e agevolazioni.

Le tre certezze sulle pensioni per il 2025 dopo la legge di Bilancio

Partiamo da una delle cose che maggiormente interessano i pensionati, e cioè gli importi delle pensioni.

I trattamenti erogati dall’INPS nel 2025, a partire da gennaio, avranno il solito adeguamento al tasso di inflazione. Nulla di nuovo al riguardo, poiché è qualcosa che si ripete anno dopo anno.

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Ma ciò che cambia è il tasso di indicizzazione, visto che dipende dall’inflazione. Ed anche in questo caso, nulla di nuovo e tutto distaccato dalla volontà dei legislatori e da ciò che il governo ha prodotto nella manovra. Tuttavia, in tema di rivalutazione, qualcosa di nuovo la legge di Bilancio la introduce. Ed è una novità favorevole ai pensionati.

Prima certezza, l’aumento delle pensioni sarà più favorevole come meccanismo, meno come importi

L’aumento delle pensioni in collegamento con il tasso di inflazione è qualcosa che ogni anno determina un aumento dei trattamenti erogati dall’INPS. Il decreto sulla perequazione, cioè il solito decreto interministeriale sulla rivalutazione, è ormai emanato.

Anzi, il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze e del Ministero del Lavoro è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale ed è ormai in funzione. E da quel decreto emerge che il tasso di inflazione previsionale del 2024 (fino al mese di settembre, ecco perché è il tasso di previsione e non quello effettivo) è dello 0,8%. Sarà questa la percentuale di rivalutazione delle pensioni di gennaio.

Cambia però il meccanismo. Tra le tre certezze sulle pensioni per il 2025 dopo la legge di Bilancio, questa sicuramente è una delle più importanti. Perché, in effetti, l’aumento delle pensioni è stato uno degli argomenti più discussi nel 2024.

Sulle pensioni per il 2025 dopo la legge di Bilancio, cambia la perequazione

Prima di tutto perché il metodo usato nel 2024, con le sei fasce e con pesanti tagli alla rivalutazione per le pensioni sopra quattro volte il trattamento minimo INPS, adesso attende l’esito di una sentenza della Consulta che deve decidere sulla presunta incostituzionalità di questi tagli. E poi perché, visto il tasso di inflazione davvero minimo di quest’anno, gli aumenti saranno minimi e di pochi euro.

Il meccanismo sarà su tre fasce, con il 100% di rivalutazione appannaggio esclusivamente delle pensioni fino a quattro volte il minimo. Per la parte di pensione eventualmente sopra quattro volte il trattamento minimo e fino a cinque volte, ecco che la rivalutazione sarà al 90% (0,72% e non 0,80%). E per la parte di pensione ancora maggiore, la rivalutazione scenderà al 75% (0,6% e non 0,8%). In più, sulle minime, all’aumento dello 0,8% il governo garantirà un extra aumento del 2,2% che porterà le minime ad essere più “ricche” di 1,80 euro nel 2025.

Seconda certezza, le misure confermate dalla legge di Bilancio per il 2025 e lo sconto ulteriore alle mamme

Sempre tra le tre certezze sulle pensioni per il 2025 dopo la legge di Bilancio, la conferma di tutte quelle misure che nel 2024 dovevano cessare è sicuramente una buona notizia. In effetti, Opzione Donna continuerà a far andare in pensione (quelle poche che vi rientrano e che scelgono di andare in pensione) anche nel 2025, per le licenziate o addette di aziende con tavoli di crisi aperti al Ministero, con 59 anni di età e 35 anni di contributi.

Alla pari di caregiver e invalide, ma solo se hanno avuto due o più figli.

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Perché con un solo figlio l’età sale a 60 anni e senza figli sale a 61 anni. I requisiti di Opzione Donna, quali essi siano, vanno completati entro la fine del 2024.

L’Ape Sociale proseguirà pure nel 2025 con la solita pensione a 63 anni di età per invalidi, caregiver, lavori gravosi e disoccupati. E sempre con i soliti 30 anni di versamenti o 36 anni (solo per i gravosi servono sei anni in più di contributi).

E poi la Quota 103 con la sua pensione a partire dai 62 anni di età con almeno 41 anni di contributi. Ma con ricalcolo contributivo come nel 2024 e non come nel 2023 quando era a calcolo misto.

La grande novità però è che per i contributivi puri, nel caso di lavoratrici madri e con primo accredito dopo il 31 dicembre 1995, si amplia l’agevolazione sull’età di uscita in base ai figli avuti. Se oggi lo sconto di quattro mesi a figlio per queste lavoratrici sui 67 anni di età della pensione di vecchiaia arriva fino al massimo di 12 mesi per chi ha avuto tre o più figli, nel 2025 si passa a 16 mesi per chi ne ha avuti quattro o più.

Terza certezza, il calcolo della pensione nel 2025 è meno favorevole

Sale l’aspettativa di vita della popolazione e questo dato positivo diventa negativo per le pensioni, e per due ragioni. In primo luogo perché nei prossimi anni (ma non nel 2025) si tornerà a salire come età pensionabile per la vecchiaia. O come carriera contributiva per le pensioni anticipate ordinarie. E poi perché già dal 2025 sono stati aggiornati i coefficienti che trasformano il montante dei contributi versati in pensione.

Sempre tra le tre certezze sulle pensioni per il 2025 dopo la legge di Bilancio, non poteva non trovare posto la novità che ogni due anni impatta sulle regole di calcolo delle pensioni. Nel 2025 cambiano i coefficienti. E, a parità di età, contributi versati e montante contributivo, chi va in pensione nel 2025 prenderà una pensione inferiore a chi riesce a farlo nel 2024.

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