Mons. Yunan Tombe Trille è stato prima rapinato dall’esercito e poi picchiato dalle RSF
06 Dicembre 2024
Articolo di Redazione
Tempo di lettura 3 minuti
Mons. Yunan Tombe Trille (Credit: ACI Africa)
La feroce guerra in corso dal 15 aprile 2023 in Sudan non risparmia nemmeno i religiosi, e i cattolici in particolare, sempre più sotto attacco.
Nei giorni scorsi il presidente della Conferenza episcopale del Sudan e del Sud Sudan (SSSCBC), il vescovo Yunan Tombe Trille Kuku Andali della diocesi cattolica di El-Obeid, nel Kordofan settentrionale, ha scritto al vescovo Edward Hiiboro Kussala della diocesi sudsudanese di Tombura-Yambio raccontando la violenta aggressione subita il 30 novembre.
Picchiato alla testa
Il vescovo stava rientrando su mezzi pubblici da un Congresso eucaristico tenuto a Juba il 24 novembre, quando è stato fermato a un checkpoint e derubato da membri dell’esercito sudanese (SAF) e poi aggredito e picchiato brutalmente da uomini delle Forze di supporto rapido (RSF) mentre viaggiava dalla città di Renk, in Sud Sudan, vicino al confine con il Sudan, diretto a El Obeid.
Mons. Trille ha raccontato: “Da parte dell’esercito, mi è stato preso un po’ di denaro in dollari con il pretesto che portavo con me la valuta forte proibita”. Ripreso il cammino il religioso si è imbattuto in un posto di blocco delle milizie RSF che hanno sequestrato il denaro rimasto, cominciando poi a picchiarlo.
“Da parte delle RSF ho ricevuto innumerevoli colpi forti sul collo, sulla fronte, sul viso e su due lati della testa”, tanto che ancora “non riesco a masticare”, racconta Trille. “Insieme al diacono (che lo accompagnava) abbiamo mancato di poco il martirio quando il capo ha detto che era abbastanza”, fermando i suoi uomini.
Attacco su base etnica
Il vescovo, secondo quanto riportato dal servizio cattolico di informazione CISA, avrebbe detto di essere stato accusato dalle RSF di legami con un membro del Consiglio sovrano (il governo militare sudanese de facto) originario del Kordofan e di essere stato preso di mira in quanto di etnia nuba, gruppo originario dei Monti Nuba, nel Kordofan meridionale, a maggioranza cristiana.
A conferma di questo, il fatto che il diacono che lo accompagnava, di etnia nuer, non sarebbe stato toccato.
Il 27 aprile 2023, nemmeno due settimane dopo lo scoppio dei combattimenti tra SAF e RSF, due razzi avevano colpito la cattedrale Maria Regina d’Africa di El-Obeid distruggendo il cancello principale e parte della canonica. Fortunatamente nessuno era rimasto ferito.
Paese smembrato
Yunan Tombe Trille ha sessant’anni ed è stato ordinato membro del clero di El-Obeid 33 anni fa. L’anno scorso, in un’intervista con ACI Africa, aveva ammonito che “più si combatte, più le persone si disperdono” e “più cresce l’odio tra i vari gruppi etnici sudanesi”.
Una previsione che si sta tragicamente avverando con una crescente frammentazione della coesione sociale in tutto il paese, con persecuzioni etnico-religiose e con attacchi e massacri su base etnica compiuti in particolare nella regione occidentale del Darfur – dove si parla addirittura di genocidio – e nello stato centro-orientale di Gezira dalle milizie RSF.
Sfollati tra violenze, fame e malattie
Tra aprile 2023 e giugno 2024, la guerra avrebbe causato oltre 61mila morti, 26mila dei quali le legati direttamente alla violenza del conflitto, secondo recenti stime del gruppo di ricerca sul Sudan della London School of Hygiene and Tropical Medicine.
Il Sudan sta vivendo una delle più grandi e preoccupanti crisi umanitarie del pianeta. Dall’inizio dei combattimenti più di 11,5 milioni di persone sono state costrette ad abbandonare le proprie case. Di queste, quasi 8,5 milioni sono sfollate all’interno del paese e 3 milioni sono fuggite nei paesi confinanti.
Milioni di persone, per lo più donne e bambini, sottoposte a sofferenze inimmaginabili, alle prese con condizioni di fame e carestia e di assenza di ogni bene di prima necessità, mentre si diffondono epidemie come il colera, che ha già causato
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