L’addizionale comunale d’imbarco dei passeggeri aerei è stata introdotta nel 2004 ed è una tassa aggiuntiva imposta ai viaggiatori in partenza dagli aeroporti italiani, a eccezione però di quelli della Calabria e del Friuli-Venezia Giulia, dove le Regioni hanno recentemente eliminato l’addizionale comunale per promuovere il traffico aereo. Quale impatto ha sui consumatori e su un settore considerato strategico? Intervista a Ryanair
In Italia, negli ultimi 20 anni, è stata introdotta, e nel corso del tempo anche aumentata, un’addizionale comunale per i diritti di imbarco dei passeggeri. Inizialmente tale tassa era pari a un euro per passeggero ma nel corso degli anni è stata incrementata fino ad arrivare, in alcuni casi, fino a sfiorare i 9 euro per passeggero. Con conseguenze importanti sul turismo che, è ben noto, riveste un ruolo centrale per l’economia italiana. Nel complesso, secondo i dati Istat, il terziario incide per quasi il 6 per cento direttamente e quasi il 13 per cento se consideriamo anche l’economia turistica allargata. Molte Regioni hanno però iniziato a disapplicare l’addizionale, venendo incontro alle richieste dei vettori. Per orientarci al meglio sulla questione, abbiamo intervistato Fabrizio Francioni, head of communication di una delle principali compagnie aeree low cost: Ryanair.
Partiamo dall’inizio: può spiegarci nel dettaglio in cosa consiste questa addizionale sull’imbarco?
L’addizionale comunale è stata introdotta nel gennaio 2004; si tratta di una tassa aggiuntiva imposta ai passeggeri in partenza dagli aeroporti italiani, ad eccezione degli aeroporti della Calabria e del Friuli-Venezia Giulia, dove le regioni hanno recentemente eliminato l’addizionale comunale per promuovere il traffico aereo, il turismo e lo sviluppo economico dei rispettivi territori. Nonostante il nome fuorviante, solo 0,05 centesimi (5%) di questa tassa vanno effettivamente ai Comuni, mentre la maggior parte del gettito viene utilizzato per altri scopi che non hanno nulla a che fare con i territori in cui sono situati gli aeroporti. L’addizionale comunale fa aumentare il costo dei viaggi aerei per i passeggeri che si imbarcano dagli aeroporti italiani, danneggiando la connettività regionale, il traffico, il turismo, l’occupazione e l’economia.
Si tratta di una tassa che scivola poi sui viaggiatori? Insomma, che rende i biglietti più cari? Se sì, di che cifre parliamo?
È una tassa che ricade tutta sui passeggeri. Oggi è di 6,50 euro in tutti gli aeroporti, ma in alcune importanti città è anche più alta: 8,50 euro a Napoli e 7,50 euro a Roma.
Quali sono le compagnie più colpite dall’addizionale sull’imbarco: le grandi o quelle più piccole?
La tassa è imposta ai passeggeri. Sono proprio questi ultimi ad essere maggiormente colpiti. Tuttavia, il costo aggiuntivo non incide tanto sui vettori con tariffe alte, ma su quelli che offrono tariffe basse. Facciamo un esempio: se aggiungi una tassa di 6,50 euro a una tariffa di 10 euro, il risultato è quasi il raddoppio della tariffa stessa. Se si aggiungono 6,50 euro a una tariffa di 100 euro, l’impatto non può che essere minore.
In Italia non sono poche le Regioni che hanno iniziato a disapplicare l’addizionale sull’imbarco: perché?
Perché hanno finalmente capito che tasse più basse significano più crescita, costi di accesso più bassi significano più investimenti e più capacità. E solo aumentando la capacità è possibile continuare a migliorare la connettività, sostenere il turismo, le economie locali e, soprattutto, offrire tariffe basse. Il Friuli Venezia Giulia e la Calabria lo hanno fatto e oggi hanno uno straordinario vantaggio competitivo.
Dal vostro osservatorio avete sentore che altre Regioni seguiranno a breve quanto disposto da Friuli Venezia Giulia e Calabria?
Siamo fiduciosi. Gli esempi di queste due regioni e gli investimenti che Ryanair sta facendo sono la dimostrazione più evidente che questa è la strada da intraprendere. In Calabria, Ryanair ha risposto alla decisione di eliminare l’addizionale municipale con un piano che ha aumentato la capacità nella regione del 50%, con l’apertura di una nuova base a Reggio e nuove rotte negli aeroporti di Crotone e Lamezia, dove nell’estate 2024 sarà basato un secondo aeromobile, per un investimento totale 400 milioni di dollari e il supporto ad oltre 1.200 posti di lavoro. A Trieste è stata aperta una nuova base nell’aprile 2024, con un investimento di 100 milioni di dollari e il supporto ad oltre 600 posti di lavoro, portando più connettività, più posti di lavoro, più sviluppo del territorio.
Quali sarebbero i benefici, a livello turistico, per le Regioni che dovessero scegliere di eliminare il balzello? Avete studi o proiezioni a riguardo?
Come dimostra lo studio condotto da AICALF, l’associazione delle compagnie aeree low-cost che operano in Italia, l’eliminazione dell’addizionale comunale porterebbe a un aumento dell’incoming turistico di circa 9 milioni di passeggeri in più negli aeroporti italiani entro il 2030, la creazione di circa 65.000 nuovi posti di lavoro e a una crescita del PIL del 4,2% per un gettito aggiuntivo per le casse dello Stato di oltre 1 miliardo di euro, con un aumento della capacità competitiva dell’Italia nel mercato turistico rispetto agli altri Paesi europei.
Cosa auspicate invece a livello nazionale? Insomma, cosa chiedete al legislatore e al governo nazionale?
Chiediamo di eliminare l’addizionale comunale in tutti gli aeroporti italiani. Ryanair risponderebbe a questa decisione con un piano di crescita in termini di traffico, visitatori e posti di lavoro, attraverso un investimento di 4 miliardi di dollari, con 40 nuovi aeromobili basati, oltre 20 milioni di passeggeri all’anno su 250 nuove rotte e 1.500 nuovi posti di lavoro nelle regioni italiane.
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