Analizzare il contemporaneo. Luca Elmi e il cinema di Porretta

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La Mostra Internazionale del Cinema Libero nasce nel 1960 a Porretta Terme. Fin dal suo esordio si propone come un anti-festival proprio per la sua volontà di permettere all’arte di esporsi, esprimersi e prendere una posizione.

Dal 7 al 15 dicembre arriva la XXIII edizione del Festival del Cinema di Porretta Terme, di cui Taxi drivers è media partner.

Grandi ospiti e bellissime proiezioni alterneranno momenti di discussione e profonda condivisione: proprio in occasione del sessantesimo anniversario del film Il dio nero e il diavolo biondo, il festival dedica al maestro brasiliano Glauber Rocha una sezione ad hoc. Un viaggio, quello che ci aspetta, dal “Rio delle Amazzoni al
Limentra”, in cui il cinema si fa ancora una volta artefice di un linguaggio universale.

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A parlarci del Festival e del suo programma è il Direttore Luca Elmi.

Festival del Cinema di Porretta, cosa è cambiato

Il Festival del Cinema di Porretta nasce come un antifestival proprio nella sua volontà di farsi contrappasso rispetto a un certo tipo di eventi più glamour. Vorrei fare un tuffo nel passato per parlare e capire insieme il presente. Quindi, in questo contemporaneo così difficile, come si pone il Festival del Cinema di Porretta rispetto alla volontà di prendere una posizione?

Sicuramente la Mostra del Cinema Libero iniziò a spingere, fin dagli esordi, su forti tematiche sociali e politiche; anche se il mondo è cambiato, diciamo che siamo rimasti un po’ fedeli a quello che noi abbiamo costruito negli anni. Qui di glamour ce n’è poco, ma una cosa buffa che volevo raccontare è che quest’anno, a differenza di altri anni, diversi ospiti, che arrivano anche dagli Stati Uniti per un progetto che stiamo facendo con Memphis, ci hanno chiesto se ci fosse un dress code.  Per noi è importante un’altra cosa: le tematiche, i film, il dibattito. Cercare di capire cosa la società, cosa le persone, il pubblico, ha respirato in questi giorni di festival. Gli incontri dopo il cinema, dopo il film, sono veramente molto dibattuti e, a volte, anche lo sdegno, la felicità,  il  dire “questo film non l’ho capito, non ha senso” credo sia un sintomo positivo di quello che una manifestazione può stimolare, che può dare alla comunità e quindi contribuire a creare questo tipo di cultura.

Concorso Fuori dal Giro, la presentazione di tre opere prime

Il Concorso Fuori dal Giro vedrà in competizione sei pellicole nazionali: tre opere prime Quasi a casa di Carolina Pavone, L’incidente di Giuseppe Garau, Anywhere Anytime di Milad Tangshir;  e tre autori all’inizio della loro carriera Taxi Monamour di Ciro De Caro, Una storia nera di Leonardo D’Agostini, La storia del Frank e della Nina di Paola Randi. Il Festival di Porretta è una fucina di giovani autori che trovano all’interno del festival uno spazio in cui essere accolti ed esprimersi. Quest’anno quali sono secondo lei i nuovi temi del domani, cosa possiamo aspettarci dalle future generazioni di cineasti?

In Italia pensiamo sempre che è stato bello quello che è successo cinquant’anni fa. E invece io sono ottimista perché ci sono tanti giovani autori che hanno una grandissima conoscenza del cinema, italiano e non solo, che sono molto attenti a come la società sta modificando e quindi credo che saranno dei testimoni importanti per raccontare le emozioni e la società in cui viviamo. Quindi saranno persone che riescono ad analizzare attentamente il contemporaneo e magari grazie a loro, tra vent’anni, noi riusciremo a vedere com’era la società oggi. Molto bello, è la mia impressione.

Premio Elio Petri

Il Premio Nazionale Elio Petri permette di omaggiare l’opera di Petri, con la volontà di valorizzare un’opera contemporanea che si distingue per le tematiche di denuncia sociale e politica. Nelle varie proiezioni saranno presenti le opere El Paraiso di Enrico Maria Artale, Vermiglio di Maura Delpero, Palazzina Laf di Michele Riondino, Quell’Estate con Irène di Carlo Sironi e Gloria! di Margherita Vicario. Come è avvenuta la selezione di queste opere?

La selezione è stata molto difficile, infatti i nostri giurati hanno dibattuto molto [Steve Della Casa, Jean A. Gili, David Grieco, Giacomo Manzoli, Walter Veltroni, Paola Pegoraro Petri, Alfredo Rossi, Cristina Paternò, Boris Sollazzo e Silvia Napolitano ndr.]. C’erano tante opere bellissime e chiudere la cinquina non è stato semplice. Voglio essere molto onesto, ci sono stagioni più ricche e meno ricche. Quest’anno io reputo, come poi ho avuto modo di riscontrare anche con la giuria, che è stato un anno molto interessante. Abbiamo cercato di scegliere i film dove abbiamo trovato un po’ di Petri, non nel suo tipico elemento stilistico ma nella sua curiosità di guardarsi attorno. Elio Petri è stato un testimone del suo tempo e ha cercato di raccontare elementi della società in cui viveva che forse nessun altro ha potuto cogliere. Secondo me i film di oggi, i film della cinquina, rappresentano un po’ questo. C’è un taglio molto avvincente, meglio ancora una curiosità di raccontare certi elementi del vivere e questo ci è piaciuto.

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Il Festival di Porretta e il filo rosso con l’Emilia Romagna

Durante questa edizione saranno presenti grandi ospiti come Giorgio Diritti che riceverà il premio alla carriera e Francesco Guccini che racconterà il suo rapporto con il cinema e i film a cui è più affezionato. Entrambi questi artisti sono strettamente legati all’Emilia Romagna, quindi le chiedo il particolare rapporto tra il Festival di Porretta e il territorio emiliano-romagnolo. 

Francesco Guccini è praticamente un cittadino di Porretta perché abita a Pavana che è a 10 km da Porretta. Noi chiamiamo Porretta un posto di confine, quindi non sei abbastanza emiliano ma non sei ancora toscano. Porretta e Guccini rappresentano proprio questo e quindi ci piaceva raccontarlo e premiarlo, perché Francesco ha una visione molto particolare degli argomenti che tratta e, avendogli già parlato e conosciuto i suoi pensieri sul cinema, so che ci racconterà cose molto interessanti. Inoltre Porretta ha un legame fortissimo con l’Emilia perché si sente emiliano al cento per cento, ci sono gli Appennini e da lì si scende e si arriva a Bologna. Proprio su questi Appennini, Giorgio Diritti ha girato molte volte. L’Emilia Romagna è un territorio che Giorgio ama e che ha, secondo me, anche raccontato molto bene nei suoi film. Tra gli altri L’Uomo che Verrà è uno dei film girati proprio qui vicino, a Marzabotto. E questo, secondo me, in questa edizione rappresenta un po’ un omaggio al nostro territorio, alla nostra regione: dando voce sia all’arte di Giorgio Diritti che a quella di Francesco Guccini.

Festival del Cinema di Porretta, intervista a Luca Elmi 2024

Dal “Rio delle Amazzoni al Limentra”: l’omaggio a Glauber Rocha

In occasione del 60° anniversario del film Il Dio Nero e Il Diavolo Biondo, il festival dedica una sezione ad hoc al maestro brasiliano Glauber Rocha. I film amati e promossi storicamente dal Festival e la forte militanza politica di Rocha, ci dimostrano una linea di demarcazione molto forte da parte del festival. Le chiedo quindi di parlarmi della scelta di Rocha soprattutto in riferimento allo storico contemporaneo che stiamo vivendo.

Allora, la scelta di Rocha è stata dettata dal fatto che esattamente nel 1964 arrivò a Porretta proprio con il film Il Dio Nero e il Diavolo Biondo che era stato presentato qualche mese prima a Cannes e che non aveva riscontrato molto successo. Qui a Porretta invece sia il pubblico che la critica unanime riconobbe in questo film un capolavoro e, proprio a Porretta, vinse il Najade d’Oro [il primo importante riconoscimento al regista da parte della critica internazionale, ndr]. Erano i primi anni del Festival dove c’erano ancora i premi, c’era ancora un po’ di glamour in qualche modo, sempre tutto relativo insomma. E proprio da qui nacque questa onda del Cinema Novo che poi arrivò in tutta Europa. Questo secondo me è un legame forte con il passato e noi lo vogliamo mantenere. Ovviamente dopo 60 anni non si può fare lo stesso percorso, ma vogliamo proprio che, nell’esperienza della Mostra del Cinema Libero, soprattutto degli anni settanta, si portino in luce le opere, gli autori che, anche in modo più forte, cercano di raccontare la crudità nel bene e nel male.

 





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