A cura di Marco Mizzau
Una società che deve finanziare il proprio debito – per le operazioni correnti, per espandere l’attività o per effettuare acquisizioni societarie – può ricorrere a diverse fonti di finanziamento. Una fonte molto comune è il prestito da parte di una banca, che può decidere di contabilizzare il prestito nel proprio bilancio oppure può sindacarlo con un gruppo di investitori simili. Una società può anche emettere delle obbligazioni, che successivamente vengono scambiate sui mercati pubblici.
In alternativa, la società può ricorrere al private credit, che permette di creare una soluzione su misura, attraverso un unico finanziatore.
In Italia, il sistema bancario ha svolto storicamente un ruolo prevalente e la quota della finanza non bancaria è rimasta abbastanza stabile nel tempo.
La finanza, anche se tendiamo a dimenticarcelo, è centrale anche se in Italia si tende ancora a considerarla come una sorta di ‘peccato originale’, un qualcosa separato dal resto, e ciò non aiuta, perché il sistema finanziario permette all’economia di svilupparsi.
Il fatto che alcune aziende riescano a autofinanziarsi non è di per sé negativo, ma anche il sistema finanza e quello delle banche, così come la Borsa, o il Private Equity, non devono di per sé essere visti in modo ostile. Spesso non ci rendiamo conto che in Italia non c’è più un’industria di asset management. I portafogli delle grandi famiglie italiane finanziano grandi imprese, ma all’estero.
Partiamo con il ricordare quali siano le principali fonti finanziamento per le imprese.
- Autofinanziamento
- Equity
- Prestiti bancari
- Crediti Commerciali
- Prestito Obbligazionario (prestito che tifa diventare creditore e frutta interessi)
- Debt management (Minibond; Mezzanine Financing; Credit funds; Intermediate Capital)
A tal proposito giocano un ruolo strategico le fonti di finanziamento alternative, prestate perlopiù da investitori istituzionali specializzati la cui maggiore capacità di gestione del rischio si somma alla notevole flessibilità operativa.
Tra le forme di finanziamento maggiormente operative ci sono:
- Minibond;
- Mezzanine Financing;
- Credit funds;
- Intermediate Capital;
Oggi sta finalmente emergendo con forza il ruolo del private capital come supporto al cambiamento e allo sviluppo dell’economia reale italiana: tra i canali di finanziamento complementari rispetto al credito bancario, i fondi di investimento alternativi chiusi mobiliari rappresentano un importante strumento per favorire l’afflusso di risorse al tessuto produttivo, fungendo da partner per aziende e famiglie imprenditoriali per la crescita delle loro società.
Ma cosa si intende veramente per private debt ?
A grandi linee:
- l’investimento nel capitale di debito di una società tramite strumenti non quotati e negoziati sui mercati regolamentati.
- Sono strumenti rappresentativi del private debt le obbligazioni, i minibond, i finanziamenti diretti (direct lending), ed ogni altra forma di titolo di debito previsto dalla normativa del paese (esempio per l’Italia il factoring, l’anticipo fatture le cambiali finanziarie).
- Per la società emittente il private debt rappresenta una importante forma di finanziamento da soggetti privati, fondi di investimento ed investitori istituzionali, senza il ricorso all’intermediazione bancaria o all’emissione di titoli obbligazionari nel mercato pubblico.
- Per gli investitori il private debt rappresenta una importante classe di investimento nella propria asset allocation, sfruttando il minore livello di rischiosità rappresentato dalle obbligazioni e dai direct lending rispetto alla partecipazione al capitale di rischio delle imprese non quotate, la maggior redditività rispetto alle obbligazioni quotate per il fattore di illiquidità, per la dimensione delle società emittenti, in genere di piccole dimensioni caratterizzate da stabilità o crescita prospettica dei flussi di cassa, dotate di una posizione di mercato ben definita, di una guida imprenditoriale valida e di un gruppo manageriale preparato ed esperto.
- In Italia i fondi di private debt si sono sviluppati negli ultimi anni grazie:
- ad interventi normativi fortemente restrittivi nei confronti del sistema bancario (Basilea II)
- ad interventi normativi favorevoli allo sviluppo di prodotti di risparmio gestito specializzati nel Private Debt (normativa sui FIA)
- ad un quadro macroeconomico caratterizzato da un costante discesa dei tassi di interesse delle obbligazioni quotate e loro stabilizzazione su livelli di rendimento molto bassi.
Gli strumenti utilizzati dai fondi di PD per finanziare le controparti debitrici sono principalmente i seguenti:
- Debito senior (“Senior debt”) e Unitranche: ha la peculiarità di essere “privilegiato” e dunque dà diritto al rimborso prima delle altri fonti esterne di finanziamento, come le azioni ordinarie (“equity”) o i crediti non garantiti;
- Debito subordinato o mezzanino (“Subordinated debt”/ “Mezzanine”): è costituito dall’insieme dei finanziamenti il cui rimborso e la cui remunerazione sono postergati rispetto al debito senior e che, per tale ragione, è caratterizzato da rendimenti molto più elevati. In termini di rischio e, di conseguenza, di costo del capitale, il debito subordinato si trova in una posizione intermedia tra il debito senior e il capitale di rischio (“equity”).
Rispetto agli investimenti in fondi di private equity, gli investimenti in fondi di private debt risultano meno vulnerabili rispetto alle condizioni sfavorevoli di mercato, in quanto le perdite sono sempre sopportate prima dagli azionisti. Inoltre, il pagamento periodico di una cedola da parte dei fondi di private debt contribuisce alla riduzione del rischio nel tempo.
ll ciclo di vita di un fondo di Private Equity / Debt si suddivide in tre fasi principali, che possono accavallarsi fra di loro:
- Fundraising: nel quale il fondo raccoglie gli impegni di investimento degli investitori, o “commitment”. In genere il fundraising dura dai 12 ai 18 mesi dalla data di avvio del fondo. In questa fase il fondo richiama capitale per far fronte alle spese di avvio del fondo e alle commissioni di gestione (flussi di cassa e rendimenti negativi). La gestione del fondo è incentrata nella individuazione delle opportunità di investimento;
- Periodo di investimento: la gestione del fondo è incentrata nella selezione, negoziazione e realizzazione degli investimenti. Il fondo genera ancora flussi di cassa negativi per gli investitori che devono fare fronte ai richiami del capitale sottoscritto in base alle esigenze di investimento (“capita calls” o draw downs”) senza ricevere distribuzioni, almeno inizialmente, in quanto le risorse e le attività del fondo sono rivolte a creare valore per la società target. Nel private debt, si possono verificare già nei primi anni successivi ai primi investimenti distribuzioni a seguito dei flussi cedolari incassati e dei rimborsi di capitali i caso di prestiti con piano di ammortamento.
- Periodo di disinvestimento: al termine del periodo di investimento inizia la fase di realizzazione degli investimenti (processo di exit) e di distribuzione di capitale ai quotisti.
Nel private equity il periodo di investimento dura mediamente 5 anni.
Nel private debt il periodo mediamente è leggermente inferiore, in genere dai 3 ai 4 anni.
Nel private equity il timing di dismissione delle singole partecipazioni è determinato dal periodo richiesto per la piena valorizzazione della società nonché dalle opportunità di mercato.
Nel private debt, il piano di dismissione e distribuzione assume una maggiore certezza temporale rappresentato dal fatto che i finanziamenti (nella forma di prestiti obbligazionari o finanziamenti diretti) hanno prefissati contrattualmente la durata e l’eventuale piano di ammortamento.
Il private debt può realmente rappresentare un’innovativa e credibile forma di finanziamento anche per le PMI in rapida crescita, la cui struttura del capitale e la possibilità di competere nel mercato internazionale è stata limitata dallo stringente contesto regolamentare definito dalle regole di Basilea.
In Italia sono presenti un numero elevato di PMI di alta qualità, innovative e orientate all’esportazione ma occorre valorizzarle anche garantendo loro la ricezione di capitali per crescere e diventare internazionali.
Con i loro distretti di eccellenza, le PMI italiane vantano un know-how nei più disparati settori con imprese leader a livello globale nei relativi segmenti di mercato come l’agroalimentare, il manifatturiero, la moda, il settore farmaceutico e il turismo, tra gli altri.
La maggior parte dei settori che caratterizzano il mercato italiano sono segmenti ad alto valore aggiunto e che richiedono una capacità di innovazione costante.
Le piccole e medie imprese hanno sempre sofferto di una carenza di diversificazione quando si tratta di fonti di finanziamento, poiché troppo legate ai prestiti bancari, che le rende particolarmente vulnerabili di fronte ad eventi negativi. Questa dipendenza si presenta più significava dal momento che non sono in grado di utilizzare i mercati finanziari per controbilanciare gli effetti di una stretta creditizia, con conseguenza inevitabile di ripercussioni sulla relazione impresa-banca.
A causa del numero sempre crescente del Non Performing Loans (NPL) e delle restrizioni imposte dall’accordo Basilea III, le banche hanno reagito attraverso condizioni restrittive, nel tentativo di limitare l’erogazione di prestiti a coloro che si presentavano meno stabili, pertanto furono particolarmente severe nei confronti dei prestiti a medio-lungo termine che lasciavano, quindi, le PMI senza le risorse necessarie per affrontare le proprie attività di business, soprattutto quelle ad alta innovazione.
L’importanza dei prestiti a lungo-termine e le decisioni restrittive assunte dalle banche, hanno favorito l’ingresso ad altri investitori, con l’idea di fondo di non andare a sostituire il credito bancario, ma bensì assumere un ruolo complementare ad esso, in modo da dare alle banche il tempo necessario per ripristinare le normali condizioni operative, considerando che, riattivare il credito bancario a medio-lungo termine richiede effettivamente periodi lunghi affinché si eviti il rischio che il processo di riorganizzazione delle banche possa trasformarsi in un’ulteriore restrizione creditizia.
Strumenti finanziari come il private debt possono quindi svolgere un ruolo molto importante a sostegno dell’economia reale, ma è necessario che si aumenti la loro dimensione, al fine di offrire maggiori opportunità alle imprese rendendole più competitive nel panorama internazionale.
Occorre quindi lavorare su un duplice obbiettivo per raggiungere degli ambiziosi risultati: da una parte si dovrebbe convincere e incentivare sempre di più gli investitori a indirizzare i propri fondi verso il mercato italiano; dall’altra parte gli imprenditori dovrebbero aprirsi ai capitali esterni, senza focalizzarsi solo ed esclusivamente sulle leve finanziarie ma tenendo in considerazione anche l’apporto di risorse di tipo relazionale-organizzativo, se non addirittura industriale.
Nei principali Paesi europei (Francia, Germania, Regno Unito), i quali godono di un sistema finanziario più sofisticato e meno bancocentrico, il private debt rappresenta già la via preferenziale per sostenere la crescita delle imprese, in particolare quelle detenute da fondi di private equity.
Le operazioni di fusioni e le acquisizioni (M&A) possono essere un motore di crescita molto importante per le società. I fondi di private debt forniscono prevalentemente finanziamenti senior secured per sostenere le acquisizioni e i piani di espansione, garantendo ampia flessibilità sia alle società che ai fondi private equity per poter crescere e attuare i propri piani.
La digitalizzazione rappresenta una delle principali sfide e opportunità per le PMI italiane. L’accesso ai finanziamenti tramite private debt può facilitare l’implementazione di tecnologie avanzate, migliorando l’efficienza operativa e la competitività. I fondi di private debt, infatti, offrono flessibilità e velocità di esecuzione, consentendo alle PMI di investire rapidamente in soluzioni digitali come l’automazione dei processi, l’intelligenza artificiale e le piattaforme di e-commerce.
Negli ultimi anni, gli investimenti totali nel private credit in Italia sono aumentati significativamente, passando da circa 1,3 miliardi di euro nel 2020 a circa 2,9 miliardi di euro nel 2023. Nonostante un leggero rallentamento nel 2023 se paragonato al 2022, questa crescita indica un consolidamento positivo del settore.
Tra i vantaggi competitivi che rendono il private credit una scelta interessante per le imprese c’è innanzitutto la velocità: i private lenders tendono ad avere processi decisionali più rapidi rispetto alle banche tradizionali, grazie a una struttura più snella e a una maggiore adattabilità della due diligence, un aspetto cruciale per le operazioni di M&A per le quali il tempo è un fattore determinante.
Le operazioni di fusioni e le acquisizioni (M&A) possono essere un motore di crescita molto importante per le società. I fondi di private debt forniscono prevalentemente finanziamenti senior secured per sostenere le acquisizioni e i piani di espansione, garantendo ampia flessibilità sia alle società che ai fondi private equity per poter crescere e attuare i propri piani.
La digitalizzazione come detto rappresenta una delle principali sfide e opportunità per le PMI italiane.L’accesso ai finanziamenti tramite private debt può facilitare l’implementazione di tecnologie avanzate, migliorando l’efficienza operativa e la competitività. I fondi di private debt, infatti, offrono flessibilità e velocità di esecuzione, consentendo alle PMI di investire rapidamente in soluzioni digitali come l’automazione dei processi, l’intelligenza artificiale e le piattaforme di ecommerce.
Certamente c’è ancora un gap informativo da sanare con assi DA VALORIZZARE / DA FAR PERCEPIRE AL MERCATO:
- Ci si può rivolgere ad un fondo di private debt se l’azienda ha progetti di crescita per linee interne.
- Ci si può rivolgere ad un fondo di private debt se l’azienda ha progetti di crescita per linee esterne (acquisizioni).
- Ci si può rivolgere ad un fondo di private debt se devo rifinanziare un debito.
- Ci si può rivolgere ad un fondo di private debt se è in previsione una modifica dell’azionariato che controlla l’azienda.
- Se si ha già un fondo di private equity nell’azionariato, si può coinvolgere anche un fondo di private debt.
ll ricorso a un fondo di private debt consentirebbe quindi alle imprese di:
- diversificare le proprie fonti di approvvigionamento di capitali con una struttura più bilanciata tra capitale di rischio e capitale di debito;
- trovare un partner finanziario stabile, con cui condividere progetti di media/lunga scadenza e un interlocutore unico, in quanto spesso i fondi adottano strategie di investimento di tipo buy&hold;
- avere accesso in modo gratuito alle competenze industriali e di business dei manager dei fondi, che consentono di strutturare operazioni personalizzate ed adattare l’intervento del fondo alle esigenze dell’impresa e della sua proprietà, nonché ai flussi aziendali previsti dal piano industriale dell’azienda;
- avere accesso a strumenti in grado di ottimizzare la struttura finanziaria dell’impresa (anche in termini di allungamento delle scadenze del debito) e di soddisfare specifiche esigenze finanziarie, anche attraverso prodotti non standard e strutturati;
- accrescere il potere contrattuale nei confronti del sistema bancario, dei fornitori e dei clienti e, più in generale, nei confronti dei principali interlocutori dell’azienda.
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