Uta Otto detenute nel carcere di Uta lavorano la creta per creare oggettini da vendere nei mercatini di Natale, e non solo. C’è dietro questa iniziativa il progetto rieducativo di far acquisire alle recluse competenze da artigiane della creatività anche esercitando un’arte “povera” come la manipolazione della creta. Questo lo spirito animatore di “Modellare in libertà”, il laboratorio di lettura e rielaborazione artistica, curato dall’artista Maria Jole Serreli, che si è tenuto nella sezione femminile della casa circondariale “Ettore Scalas” di Cagliari-Uta.
Otto donne private della libertà, in due giornate, hanno modellato l’argilla policroma e hanno creato manufatti di argilla, opere che diventeranno una mostra permanente, arricchendo le pareti della sezione femminile.
Nato dalla collaborazione dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme ODV” con la Fondazione Faustino Onnis nell’ambito del Festival letterario “Anderas”, dedicato alla letteratura e all’arte, il progetto si è articolato in una lezione teorico-pratica, con l’introduzione dell’arte ceramica e la realizzazione di mattonelle con tre colori e nella creazione di piccoli manufatti (fiori, anelli, ciotole e bicchieri stile giapponese).
Insieme a Maria Jole Serreli, l’assistente Davide Perra, e Luciana Onnis, coordinatrice del Festival letterario “Anderas”. “Sono felice e onorata di essere qui in carcere – ha detto Maria Jole Serreli – perché è stata un’esperienza di formazione artistica e culturale per me importante. Sono anche stupita perché le ragazze si sono divertite e hanno prodotto degli oggetti molto belli. Con i loro bozzetti realizzeremo un pannello in ceramica ma anche la volontà di continuare a creare con l’obiettivo di poter commercializzare i manufatti che hanno imparato a realizzare con questo laboratorio”.
“L’iniziativa, che ha trovato il sostegno dell’Area Educativa e della Direzione dell’Istituto Penitenziario, ha offerto alle detenute – ha spiegato Maria Grazia Caligaris, presidente di Socialismo Diritti Riforme ODV – una nuova e stimolante occasione di “evasione” facendo leva sulla creatività. L’uso delle mani nella produzione di oggetti richiama infatti la più antica cultura materiale femminile con la quale sono nate e si sono sviluppate le civiltà. Un modo per “giocare” con strumenti elementari e impegnare positivamente il tempo, imponendo alla mente stimoli e regole”.
“Si è trattato di un laboratorio che ha permesso alle detenute – ha evidenziato Marco Porcu, direttore della casa circondariale – di esplorare delle capacità, forse sconosciute. Il periodo della detenzione insomma si può trasformare in un momento di riscatto e di crescita personale. Noi crediamo molto in queste iniziative, che completano il quadro delle attività trattamentali messe in campo, perché consentono di “spezzare” la pesantezza della privazione della libertà che è uno dei beni più importanti dell’essere umano”.
In questo laboratorio – ha rimarcato Giuseppina Pani, responsabile dell’Area Educativa dell’Istituto – abbiamo coinvolto le donne fragili. Le scelte dell’Area Trattamentale partono dal principio di offrire a tutte e tutti una possibilità affinché possano svolgere un’attività”.(l.on)
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