Over 50, crisi previdenziale all’orizzonte: la pensione non basterà

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Roma, 7 dicembre 2024 – Il sistema previdenziale italiano è da anni al centro delle mosse della politica, intenta a trovare una giusta quadra tra l’età pensionabile e le risorse a copertura delle pensioni. Una coperta corta, secondo diverse letture, che trova purtroppo conferma anche con quanto succede altrove, si vedano gli Stati Uniti, dove decine di milioni di lavoratori del settore privato non avrebbero accesso a un piano di risparmio pensionistico, ergo potrebbe essere questa la base di una crisi previdenziale molto importante. A riferirlo è l’AARP Public Policy Institute che, nel suo report, ha palesato una situazione di forte allarme soprattutto per i cittadini over 50, con tutto ciò che questo scenario rappresenterebbe per l’onere significativo richiesto ai futuri contribuenti.

Il problema della previdenza per gli over 50

Così come riferito dall’AARP Public Policy Institute, sono ben 57 milioni i lavoratori degli Stati Uniti del settore privato che non hanno accesso alla pensione tradizionale così come a un piano di risparmio pensionistico presso il proprio datore di lavoro. Si tratta, va detto, di un problema che ha origini profonde e decennali, così come sottolineato dal consulente senior di politica strategica dell’AARP David John.

C’è, come anticipato, una fascia di popolazione che è maggiormente interessata dalla problematica in precedenza descritta: gli over 50. Per l’AARP il 20% degli adulti che hanno almeno 50 anni non detiene risparmi per la propria pensione, con più della metà degli stessi che si trova in questa condizione per il timore (a volte la riscontrata certezza) di non riuscire ad avere abbastanza denaro per mettersi in pensione. Ecco, dunque, che i cittadini di età compresa tra i 50 e i 60 anni si ritrovano oggi nella difficile situazione di non avere risparmi per smettere di lavorare e, dunque, gravano sul sistema economico e previdenziale del Paese. La crisi, sottolinea David John di AARP, non è visibile tanto nel breve periodo, ma si farà sentire sicuramente nel lungo.

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“È un problema davvero significativo – ha detto – che riguarderà tutti noi, perché se non siamo noi a disporre di piccoli risparmi per la pensione per integrare la previdenza sociale, saremo noi a pagare le tasse per aiutare le persone che non hanno avuto questa opportunità”.

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I problemi per i futuri contribuenti

Se le previsioni di AARP dovessero rivelarsi vere, cosa questa non del tutto improbabile, potrebbe accadere che i futuri contribuenti subiranno lo scenario odierno. Più nello specifico, se molte persone (over 50) non hanno oggi sufficienti risparmi per la pensione, è necessario attivare forme di assistenza previdenziale pubblica aggiuntive, soprattutto da parte di organizzazioni non profit o programmi governativi. Per l’analista finanziario capo di Bankrate, Greg McBride, attualmente il problema più grande è rappresentato dal fatto che la maggior parte dei lavoratori non ha la minima consapevolezza di poter contribuire a un conto pensionistico in modo indipendente e allontanarsi da ciò che farà, per legge, il proprio datore di lavoro.

“Una cosa che sfugge ai consumatori – ha detto McBride – è che la mancanza di accesso a un piano di risparmio pensionistico attraverso il proprio datore di lavoro non significa che non si possa risparmiare per la pensione con agevolazioni fiscali”.

La pensione integrativa in Italia

Raccontato lo scenario, non del tutto idilliaco va detto, degli Stati Uniti d’America, spostiamo ora l’attenzione sull’Italia per comprendere come siano percepite le pensioni integrative e, soprattutto, quanti siano i cittadini che hanno deciso di attivarle.

Così come riferito da uno studio commissionato da Trade Republic, broker online tedesco, a Michele Raitano, Direttore del Dipartimento di Economia e Diritto, e Marco Di Pietro, Professore Associato di Politica Economica dell’Università La Sapienza di Roma, il 97% dei lavoratori italiani ritiene necessario integrare con un fondo la propria pensione pubblica. Il 65%, inoltre, è fortemente convinto che quanto dato dallo Stato non sarà in nessun modo sufficiente a consentire di svolgere una vita dignitosa dopo essere andati in pensione. L’attenzione verso il tema è dunque reale, ma non sempre dalle intenzioni è possibile passare ai fatti.

A quanto detto va aggiunto che sono ormai molti gli studi di settore che sostengono che il sistema contributivo puro italiano sia palesemente in crisi. Vi è, inoltre, un netto sbilanciamento tra il numero dei neo pensionati e i neonati, con il rapporto che nel 2023 palesava questi numeri: 379.339 nati in Italia contro 519.879 persone che sono andate in pensione. Con tali numeri non si fa fatica a capire che, ben presto, potrebbero non essere necessarie le coperture pubbliche delle pensioni e, dunque, anche il governo italiano ha cominciato a spingere i cosiddetti fondi previdenziali complementari.

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Il problema, in quest’ultimo caso, è prettamente culturale, in quanto in Italia non c’è l’abitudine ad attivarli e, spesso, i cittadini non dispongono di sufficienti fondi per riuscire a versare parte delle loro ricchezza attuali per garantirsi un futuro migliore. I dati ci riferiscono che solo un lavoratore italiano su quattro ha pensato concretamente al proprio futuro aderendo a iniziative per supportare le pensioni pubbliche.



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