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Ai tempi di Bersani si diceva che c’era una mucca in corridoio per far capire che qualcosa di enorme e sbagliato era alle porte. Ma quella metafora nel Pd se lo sono dimenticata. Perché ora, in corridoio, c’è un enorme elefante che rischia di spaccare tutto. La questione giustizia sarà nei prossimi mesi un tema di grande impatto e il rischio è che il Pd viri verso lidi sconosciuti. La questione della giustizia penale, infatti, apre grandi contraddizioni. Per un verso il garantismo sul tema dei migranti, con richiami al diritto naturale e alla necessità di dare protezione giuridica amplissima a tutti quelli che arrivano, per altro verso il tema della classe dirigente, che dovrebbe, nelle intenzioni, subire una sorta di silenzioso scandaglio privo di tutele e responsabilità da parte di chi indaga.
Se, infatti, molti esponenti locali sono oggetto di indagini, spesso eclatanti, sui giornali, a cui il Pd attuale guarda con immediata “simpatia” perché non coinvolto direttamente, capita che poi, se le indagini si rivelano un flop, la cosa lasci indifferenti. Nessuna solidarietà, nessuna critica ai Pm, nessuna riabilitazione per chi è stato indagato e neppure rinviato a giudizio. La cosa ha riguardato l’ex senatore Pd Stefano Esposito. Che dopo oltre mille giorni da indagato, dopo aver perso lo scranno, il ruolo e la serenità personale, riceve la notifica di archiviazione dell’indagine contro di lui per corruzione e traffico di influenze senza neppure che la Procura di Torino si sia azzardata a chiederne il rinvio a giudizio.
Cosa farebbe un partito serio? Lo avrebbe dovuto proteggere, prendere atto dell’archiviazione e proporgli subito una candidatura. Così avrebbero fatto il Pci o i Dd, e così ha fatto la sinistra con la Salis, un’indagata per reati gravi in Ungheria, che ha mandato al parlamento europeo come eroina-simbolo. A testimoniare che la politica vince su tutte le magistrature. Ed un partito serio avrebbe posto il tema del Pm che ha avviato le indagini, della necessità che non riaccadano episodi come questo, che interessano ogni anno migliaia e migliaia di cittadini meno noti. E invece no. La segretaria Elly Schlein è in silenzio, lo è la sua segreteria e tutti i nuovi che Esposito non sanno manco chi sia.
Solo che il tema politico resta. Se il Pd diventa giustizialista con i suoi, se ritiene che la magistratura non debba pagare mai e pensa che debba proteggere solo i migranti (fin che conviene), perde definitivamente la sua natura garantista e di tutela dell’individuo dai soprusi del potere. Perché se è vero che i deboli vanno tutelati, anche chi lo è per vicissitudini della vita, come indagato, deve essere protetto da un potere esercitato in modo maldestro e devastante, che incide sulla vita di altri ingiustamente.
Certo, nessuno pretende che il Pd di oggi tuteli Renzi nelle sue inchieste, da cui finora sono usciti tutti assolti, ma che dimentichi di esprimersi per un suo ex senatore stroncato da atti improvvidi è grave assai. Lo è perché nelle prossime settimane si discuterà della carriera dei magistrati e del futuro rapporto tra Pm e politica. In pratica, quello del Pd è un atteggiamento supino che vuol dire sottomettersi, aggiogarsi acriticamente ad un potere irresponsabile e senza controllo.
Al momento, questo è il problema vero, più evidente, della politica del Pd nei confronti di un mondo che continua a pensare che il garantismo sia un valore. E che chi sbaglia paga. Questa fetta di elettorato sa che lasciare campo libero ai magistrati, votando un partito debole, significa abdicare al ruolo della politica e consegnarsi nelle mani di chi interpreta le leggi e, se lo fa in modo errato, nulla rischia. Del resto le vicende abnormi che interessano la gestione della Direzione nazionale antimafia, il crollo di credibilità del Csm dai tempi della nomina di Pignatone, la condanna di Davigo a Brescia, le piroette di Cantone per gestire inchieste difficili sui sui colleghi inquirenti ci dicono che vi è un problema enorme nella magistratura inquirente e che a farne le spese sono troppi innocenti, a cui non si può non dare supporto e comprensione se si vuole essere coerenti con la propria storia e con una parte del proprio elettorato. Il caso di Stefano Esposito andrebbe messo nella categoria dei “mai più” che distingue un partito e le sue battaglie. Purtroppo non pare sia così, e questo resta il punto di maggiore involuzione a cui oggi la sinistra rappresentata dal Pd si sta avviando.
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