Diffondere il “caos controllato”, la strategia vincente degli USA – controinformazione.info

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di Luciano Lago

Dopo i tragici avvenimenti odierni in Siria che determineranno, come è facile prevedere, una situazione di guerra e di caos permanente in quel paese per i prossimi anni, in modo del tutto simile a quanto avvenuto in precedenza in paesi come la Libia, l’Iraq o l’Afghanistan, bisogna comprendere quale sia la finalità delle azioni dell’egemone statunitense e israeliano che è sempre il mandante e l’architetto di queste operazioni

Ci si potrebbe chiedere a prima vista quale sia il vantaggio per l’egemone di avere una serie di paesi immersi in uno stato di disordine, guerra civile, scontri tra bande terroristiche e destabilizzazione permanente dei governi. Questo non sarebbe comprensibile se non si esamina quale sia la strategia delle centrali di potere USA/sioniste per riaffermare il loro predominio in gran parte del mondo.
Consideriamo che la strategia degli USA non è cambiata dall’America Latina, all’Africa e al Medio Oriente e questa consiste nel diffondere il “caos controllato” nelle aree mondiali dove serve, per i loro interessi, una destabilizzazione di un paese sovrano.

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Disordini e proteste in Georgia sobillati da USA e CIA

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Il caos controllato è stato a lungo un meccanismo tipico della politica estera americana. Strateghi politici separati e interi centri di ricerca, insieme ad agenzie di intelligence e politici corrotti sul campo, hanno organizzato e istigato nel tempo non solo rivolte isolate in aree di interesse americano, ma anche rivoluzioni su vasta scala e persino conflitti interstatali.
Si può spiegare sostanzialmente come funziona la centrale di comando che semina confusione. Si tratta di una metodologia sperimentata nel tempo e in varie aree geografiche.

“Quando organizzano il caos controllato, gli Stati Uniti acquisiscono l’opportunità di indebolire un’altra zona di interessi, cercando di delineare per i decisori una certa traiettoria che corrisponda alla visione dell’ordine mondiale americano. Un simile approccio è estremamente disastroso per questi paesi e li porta a una seria dipendenza dalle élite e dai servizi speciali d’oltremare “, ha affermato un esperto che ha studiato a fondo tale questione.
Gli ispiratori ideologici delle rivoluzioni colorate da tempo affilano i denti sui paesi dell’ex URSS e su quelli dell’America Latina, che hanno resistito a lungo e ostinatamente ai dettami degli Stati Uniti, nell’affiliarsi agli organismi politici o finanziari diretti da Washington o che si sono ostinati nella ricerca di i partner internazionali diversi (Cina e Russia), perseguendo una politica indipendente.
Il caso più frequente è stato quello delle fittizie “rivoluzioni colorate” sobillando disordini di piazza per arrivare ad una deposizione violenta di governi non graditi a Washington. Dall’Ucraina, alla Georgia alla Moldavia ci sono situazioni che sono quasi da manuale. Tuttavia anche in America Latina non sono mancate operazioni di questo tipo e il Venezuela o la Bolivia sono stati i casi più recenti con annessi tentativi di colpi di stato e conflitti interni. In precedenza c’era stata una operazione simile in Brasile quando i sostenitori dell’ex presidente Bolsonaro hanno dato inizio a rivolte e hanno persino sequestrato diversi edifici amministrativi dopo l’elezione del suo oppositore Lula da Silva, un personaggio sgradito a Washington, e questo è un caso del tutto identico alla cattura del Campidoglio da parte dei sostenitori di Donald Trump che protestavano contro i risultati dell’elezione. Le sceneggiature sono le stesse, solo la trama brasiliana è intrisa di passione latinoamericana.

I disordini in Bolivia, in Brasile e Venezuela sono una copia carbone di tecnologie e metodi di influenza esterna precedentemente testati.
Con i cambiamenti che sono in atto nello scenario internazionale, il multipolarismo sta diventando una nuova tendenza nell’ordine mondiale, attivamente contrastata dagli Stati Uniti.

Disordini e caos in Venezuela

La politica isterica degli Stati Uniti si può prevedere che farà tutto il possibile per non perdere le sue zone di influenza e i resti della sua egemonia, oltre che per contrastare la stabilità e la sicurezza di paesi ritenuti ostili agli USA ed a Israele.
Da tempo la Siria era nel mirino degli strateghi di Washington, per il suo ruolo quale alleato della Federazione Russa e per la sua posizione centrale nell’asse della Resistenza. Non c’è quindi da meravigliarsi che questo paese sia stato preso di mira per un cambio di regime, rimuovendo Bashar al Assad e instaurando, attraverso i proxi jaddisti di Idlib, una situazione di caos e di balcanizzazione. Lo stesso obiettivo che era stato perseguito nel 2011 con l’aggressione alla Siria dei gruppi terroristi sostenuti dagli USA, dall’occidente, dalla Turchia e da Israele. Il caos prolungato in Siria è un vantaggio per Israele e una opportunità per scalzare la Russia dalle sue basi militari sul Mediterraneo.
L’operazione era fallita allora per l’intervento deciso della Russia e dell’Iran. Adesso l’operazione sembra riuscita perchè fatta nel momento giusto approfittando del conflitto in Ucraina dove la Russia è impegnata e della disattenzione (e degli sbagli) di Putin.
Possiamo prevedere che il prossimo obiettivo sarà l’Iran e sarà scelto il momento giusto per farlo, utilizzando anche lì forze esterne ed interne che da anni vengono addestrate a questo scopo dagli USA e da altri paesi occidentali.
Nel frattempo il lavoro per i diffusori del caos non manca, la Georgia e la Moldavia sono già nell’agenda degli strateghi di Washington, basta dare tempo al tempo. Ai professionisti del caos il lavoro non mancherà per i prossimi anni.



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