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Il vero riconoscimento della dignità umana passa dalla promozione del lavoro e dalla capacità di una società ad educare i giovani ad una professione.

Il lavoro, in una società realmente progredita, è una dimensione irrinunciabile della vita sociale, rappresenta il modo di guadagnarsi il pane e il mezzo per; la crescita personale, stabilire relazioni sane, esprimere sé stessi.

Durante la pandemia le categorie più fragili sono state gli anziani, che hanno pagato sulla propria pelle più di tutti la crisi sanitaria, e i giovani che hanno visto piombare addosso una crisi sociale ed economica di inedite proporzioni.

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I giovani rischiano di vedersi bloccato oggi il lavoro e domani scontare il peso di un indebitamento senza precedenti, con la certezza che Il loro futuro sia ipotecato.

L’incertezza dell’oggi richiederebbe un investimento coraggioso su giovani e formazione al lavoro, poiché  la fuga dai loro ambienti è una delle ferite aperte nella società italiana e la loro fuga dalle aree interne e marginali del Paese in cerca di fortuna altrove rappresenta un dato allarmante.

Il futuro lo si prepara progettandolo nel presente, per cui un investimento massiccio nella formazione, essendo il mondo del lavoro in continua trasformazione e stare dentro ai cambiamenti in corso significa darsi le competenze necessarie per potersi mettere in gioco.

La formazione professionale rappresenta il tentativo di consegnare le chiavi in mano per aprire le porte al lavoro secondo le esigenze dei tempi, senza paure di sentirsi out, ossia fuori dal tempo e dal mondo.

L’inclusione sociale si gioca sul guardare con attenzione le richieste che nascono nel mondo dell’impresa.

Non siamo tutti uguali, ci sono persone che hanno una spiccata intelligenza teoretica e che sono a loro agio nel sistema scolastico liceale e universitario per loro: astrarre, applicare, dedurre, concettualizzare, approfondire, ricercare… sono i verbi coniugati da questo approccio alla realtà.

Ci sono poi persone che hanno una singolare intelligenza emotiva, che trovano, per altre vie, il modo di far fiorire i loro talenti attraverso il teatro, la danza, lo sport, il cinema, i circoli letterari e artistici…

C’è chi ha una spiccata intelligenza pratica, che rischia di finire vittima del vecchio pregiudizio che associa il lavoro manuale a quello degli schiavi e lo ritiene di rango inferiore questi sono  i giovani, meno portati allo studio di storia, matematica o fisica, che invece hanno una particolare propensione alla manualità: smontano e rimontano un motore, sono abili nella saldatura, creativi nel disegnare un modello di giacca o di abito, hanno la fantasia di cucinare piatti o di creare acconciature.

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Modelli diversi di apprendimento possono avere piena cittadinanza nella formazione, puntando sulla diversa intelligenza di ciascuno, li si può portare alla stessa meta, non per la quantità di nozioni che  apprendono ma valorizzando le loro capacità.

La pratica diventa un esercizio di scoperta di sé, fino a fare l’esperienza che esiste un posto dignitoso per ciascuno nel mondo.

Ogni giovane ha diritto ad avere strumenti per sviluppare le proprie capacità, con l’impegno nella formazione professionale: si può valorizzare l’intelligenza pratica che restituisca ai giovani l’autostima che talvolta la scuola rischia di distruggere.

Il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro è verificabile in tanti settori; dall’ industria meccanica a  quella agroalimentare; dal settore tessile e alla moda; fino ai servizi di alloggio e ristorazione (turismo); alle attività avanzate di supporto alle imprese; al commercio e alla meccatronica; alle industrie della carta, cartotecnica e stampa; ai servizi informatici e  telecomunicazioni; alle industrie chimico-farmaceutiche, fino alla plastica e alla gomma.

Molti posti di lavoro tradizionali spariranno, mentre tante professioni si trasformeranno; nell’epoca dell’intelligenza artificiale, della robotica, della nanotecnologia e della biotecnologia più di un terzo delle competenze che saranno considerate fondamentali, e ad alta domanda per nuovi posti di lavoro, oggi hanno un’importanza secondaria: le social skill, (capacità di persuasione), intelligenza emotiva, abilità nell’insegnamento; le capacità cognitive, quindi creatività, ragionamento analitico; e le process skill, ovvero capacità di ascolto e critical thinking.

Di fronte al rischio di de-umanizzazione del lavoro, le sfide etiche non mancheranno, c’è una distanza tra ciò che viene offerto nella scuola superiore o nei percorsi universitari e le necessità concrete delle aziende.

L’industria oggi ha bisogno di operai iper-specializzati, con competenze digitali, c’è carenza di scuole che preparino i giovani ad acquisire le competenze richieste.

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Serve una strategia economica e umana poiché l’investimento fatto dai corsi di formazione professionale offrano risposte all’altezza delle attese sia dei giovani, che hanno bisogno di maturare e formarsi, sia delle imprese che chiedono sempre più una qualificazione specialistica.

Le scuole di formazione professionale sarebbero una benedizione in questo momento storico, serve il coraggio di dire ai giovani che non c’è un parcheggio libero per loro, e che serve risvegliare in tanti giovani il desiderio di appassionarsi a una professione che possa diventare la ragione profonda del proprio riscatto umano e sociale.

Alfredo Magnifico





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