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I frassini da manna del Monte sono stati al centro di una giornata di studi tenuta nella sala conferenze della biblioteca comunale di Erice. L’iniziativa è stata promossa, col patrocinio del Comune di Erice, dal Coordinamento Agroecologia Sicilia e dall’Associazione Italiana per l’Ingegneria Naturalistica. Nel corso della conferenza, organizzata in occasione della Giornata internazionale del suolo, è stato lanciato un crowdfunding per impiantare 300 frassini con l’obiettivo di recuperarne la coltivazione ad Erice, per come si faceva tempo addietro.
“I segni della coltivazione della manna nel Bosco sacro di Erice nelle aree meno esposte al vento sono evidenti. D’altra parte – ha spiegato l’ingegnere Gianluigi Pirrera – sono testimoni di una produzione nell’Agroericino che nel 1929 era la seconda per superficie con 112 ettari dopo i 430 ettari di Castellammare e, naturalmente, le Madonie. Qualcos’altro era poi sparso in Sicilia, Cinisi ad esempio, come ci dice Guido Bissanti , ispiratore dell’Agro Ecologia e della nuova legge. Per il rispetto della memoria storica abbiamo già messo a dimora in un’area sotto il Quartiere Spagnolo, frassini. Per avere meno di un anno sono già ben cresciuti”.
Pirrera è stato l’ideatore dell’incontro in occasione della Giornata del Suolo, coinvolgendo tra l’altro l’agronomo Biagio Barbera e l’esperto agro forestale Giacomo Coppola, definito dall’ingegnere naturalista “memoria forestale storica del bosco di Erice”. Alla giornata di studi ha partecipato anche il comandante del distaccamento di Erice del Corpo Forestale Gioacchino Barbera.
Ad Erice, la coltivazione del frassino risale a tempi antichi, probabilmente, come spiegato dallo stesso Pirrera, alla dominazione araba o medievale, quando questa pratica era diffusa in diverse aree della Sicilia occidentale. In particolare, si trovavano frassineti nei territori collinari e montuosi intorno al borgo, dove il clima mite e il suolo calcareo erano favorevoli alla crescita del Fraxinus ornus L., l’orniello. Le zone circostanti Erice, come le colline e i pendii meno esposti al vento, erano particolarmente adatte a questa attività.
Nel 1992 i segni in un frassineto ormai invaso da edera vennero individuati da Giacomo Coppola, in quegli anni in servizio alla Forestale, e con dottor Domenico Cavarretta, allora dirigente dell’Ispettorato dipartimentale delle Foreste, si provò a verificare la possibilità di ricavarne linfa per la manna.
La coltivazione del frassino da manna ad Erice e nell’area dell’Agroericino, oggi i comuni di Valderice, Custonaci, Buseto Palizzolo e San Vito Lo Capo, incluso il vicino Lago di Venere, ma anche a Paceco ed in piccolissima parte Trapani, nel 1929 era seconda per superficie dopo Castellammare del Golfo. Non sono disponibili mappe specifiche delle coltivazioni storiche ericine, ma l’area interessata comprendeva le vallate e le colline circostanti, caratterizzate da terreni calcarei ideali per l’orniello.
“La produzione – hanno spiegato in un documento Gianluigi Pirrera e Guido Bissanti – era strettamente legata all’economia rurale del territorio. In Sicilia fu importante tra il XVIII e il XIX secolo e raggiunse il picco nei primi decenni del XX secolo, con circa 6.000 ettari di frassineti nell’intera isola. La manna veniva raccolta dopo aver inciso la corteccia dell’albero ed era utilizzata come dolcificante naturale e per le proprietà terapeutiche (blando lassativo e rinfrescante). Il periodo ideale per la raccolta era la stagione estiva, tra luglio e settembre: infatti le alte temperature stimolavano la fuoriuscita della linfa dagli alberi dopo che la corteccia veniva incisa. Tuttavia, con il tempo, la coltivazione dei frassini si è ridotta notevolmente, ed è rimasta più viva in altre aree della Sicilia, come le Madonie (soprattutto nei comuni di Castelbuono e Pollina). Con l’avvento di altri metodi di dolcificazione (come lo zucchero di canna e poi di barbabietola) e il cambiamento delle pratiche agricole, la coltivazione del frassino per la manna ha perso progressivamente importanza in queste aree. Tuttavia, i territori intorno a Erice rappresentano ancora un simbolo di quella tradizione agricola”.
Mario Torrente
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