I partner «intermittenti» di Pechino

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Separare la Russia dalla Cina è stato l’obiettivo strategico di Donald Trump per l’intera durata del suo primo mandato alla Casa Bianca. Da allora è passata molta acqua sotto i ponti, ma vale la pena chiedersi quanto siano saldi i legami all’interno del club autoritario di cui fanno parte Cina, Russia, Iran e Corea del Nord. Nonostante la sua posizione dominante, Pechino sembra accusare difficoltà nel tenere in linea i suoi partner, che preferiscono «scambiare» con Mosca. Nel decennio scorso, i vertici cinesi hanno provato un crescente disagio per la perdita di influenza di Pechino sulla Corea del Nord, e per la propria incapacità di contenere le ambizioni nucleari di Pyongyang. Tali timori si sono intensificati nel 2023, quando la Corea del Nord ha rafforzato significativamente i legami con la Russia.

Nel giugno di quest’anno, Kim Jong-un e Vladimir Putin hanno firmato un trattato di alleanza militare, promettendosi assistenza reciproca in caso di aggressioni. A ottobre, Pyongyang ha inviato truppe in Russia per sostenere l’offensiva contro l’Ucraina, dopo mesi di forniture di armi e munizioni a Mosca. Nonostante l’alleanza tra i due Stati e il supporto militare in corso in Ucraina, Pechino ha preferito evitare esternazioni. Per diplomatici e storici, la rinnovata alleanza militare tra Corea del Nord e Russia rappresenta un elemento degno di nota. Da una parte c’è ovviamente attenzione verso la stabilità complessiva dell’Asia nordorientale. Dall’altra, la dinamica ricorda per alcuni aspetti la Guerra di Corea del 1950 in cui Mao Zedong, pur riluttante, si fece trascinare in quel conflitto.

Kim Il-sung, senza consultare Pechino, lanciò l’attacco alla Corea del Sud. Il Grande timoniere, furioso, definì l’azione un tradimento, ma dovette abbozzare, intervenendo per evitare il crollo del regime di Pyongyang. Analogamente, oggi la leadership cinese potrebbe sentirsi altrettanto tradita dall’asse tra Corea e Russia. Kim Jong-un, come suo nonno, sembra ignorare gli interessi di Pechino nella sua strategia di avvicinamento a Mosca. Rispetto al 1950, i rapporti di potere sono profondamente cambiati. Il Dragone è ora la potenza dominante nel triangolo Cina-Russia-Corea del Nord. Mosca, debilitata dalla guerra in Ucraina, dipende economicamente dal gigante asiatico. Allo stesso modo, Pyongyang resta fortemente vincolata alla Cina, che rappresenta il 90 per cento del suo commercio estero. Nonostante questa posizione di forza, Xi Jinping non ricorre a pressioni esplicite come invece facevano Mao e, successivamente, Deng Xiaoping. Quest’ultimo, per dire, nel 1985 esortò la Repubblica popolare a non cedere alle richieste nordcoreane, evitando di farsi trascinare in conflitti inutili.

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Degno di nota è anche l’asse tra Russia e Iran. Pechino è uno dei principali acquirenti di petrolio iraniano, ma ha mostrato cautela nell’approfondire una collaborazione strategica o militare con Teheran. Nonostante l’accordo di partenariato strategico venticinquennale firmato tra Iran e Cina nel 2021, la messa in pratica è stata limitata e ha spinto Teheran verso Mosca. La crescente vicinanza russo-iraniana è emersa in settori critici come la difesa, la tecnologia militare e l’energia. Un esempio lampante è il ruolo dell’Iran nella fornitura di droni Shahed-136 e munizioni alla Russia per il conflitto in Ucraina, una intesa che ha suscitato preoccupazione internazionale e sanzioni da parte degli Stati Uniti. Questi droni sono stati utilizzati per colpire infrastrutture civili e militari in Ucraina, consolidando il ruolo della Repubblica islamica come partner chiave di Mosca nell’invasione.

In cambio, la Russia ha offerto a Teheran supporto per modernizzare il proprio arsenale militare. Sebbene alcune forniture, come i caccia Su-35, siano state posticipate, la cooperazione continua a includere assistenza per il miglioramento dei missili balistici e la difesa aerea iraniana. La costruzione congiunta di una fabbrica di droni in territorio russo è un altro segnale dell’intensità di tale intesa. L’Iran vede nella Russia una sponda essenziale per contrastare l’influenza americana e le alleanze regionali sostenute da Washington, come quelle con Israele e gli Stati del Golfo.

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