Automotive, ordinativi fermi al paolo: fonderie e acciaierie alla finestra. Impiego: dopo il boom, si riaffaccia il segno meno per l’occupazione
Automotive, l’industria teme il contagio. E gli imprenditori chiedono la revisione rapida della svolta elettrica. Una caduta degli ordini in autunno, che si riflette su industrie, dalle acciaierie alle fonderie, già colpite dal calo di altri settori, dalla meccanica alle macchine agricole, mentre nell’automotive si vedono i segnali di un cedimento dell’occupazione.
È il quadro che emerge dall’industria in Veneto di fronte all’avanzare della crisi dell’auto, montata con l’allarme sui produttori tedeschi e sulla franco-italiana Stellantis. Quadro che spinge anche gli imprenditori veneti ad allinearsi alla richiesta di rivedere la transizione elettrica, iniziando dai limiti sulle emissioni previste nel 2025, per dare tempi più lunghi e recuperare le auto ibride.
Le fonderie
Perché intanto i contraccolpi sull’industria si allargano. La prima a rilevarlo era stata, una settimana fa, Assofond, l’associazione delle fonderie di Confindustria, guidata dal veneto Fabio Zanardi, presidente dell’omonima azienda di Minerbe, nel Veronese. Il settore, che ha in Veneto 110 delle 891 fonderie italiane, segnala nel terzo trimestre un -13,7% della produzione sul pari periodo 2023 e un -19% sul secondo 2024, con fatturati al ribasso del 12% e 17,7%. Ma il dato medio, fino a settembre, copriva un paradosso: le aziende legate all’automotive avevano beneficiato di una domanda ancora accettabile, a differenza delle altre, dove il calo era stato del 30%. Ma ora anche l’auto è entrata in crisi profonda, allineandosi a quel -30%.
Ecco l’effetto contagio. «C’è il rischio che la caduta dell’automotive trascini anche il nostro mondo», conferma Zanardi: per le fonderie il settore mezzi di trasporto pesa tra il 30% e il 60% della produzione. Il tutto in un settore che gia viene da mesi di cassa integrazione e si prepara a fermi generalizzati di un mese sotto Natale, tra ferie e Cig.
Le acciaierie
Non va diversamente per le acciaierie nella parte di produzione dedicata all’automotive. Vedi Acciaierie Venete, il colosso del settore con sede a Padova, dove l’acciaio per automotive, usato nelle trasmissioni e componentistica di sicurezza, pesa per il 10%. Se si chiede se valga ancora la pena rivedere la svolta elettrica o se non si introdurrebbe altra incertezza, il presidente Alessandro Banzato non ha dubbi: «Penso che la prima cosa da fare sia sospendere i limiti sulle emissioni previsti dal 2025, e riprogrammare su tempi più lunghi la transizione. Si spera che la politica europea abbia la forza di prendere queste decisioni».
Calear antenne
«Questa transizione è da fermare alla velocità della luce: bisogna rallentare, fermare lo stop ai motori endotermici e ricomprendere la soluzione termico-ibrida», aggiunge Massimo Calearo, voce dall’interno del settore automotive, già alla guida di Calearo Antenne. L’azienda, acquisita a fine gennaio da Mta, colosso lombardo della componentistica auto con l’asta bandita dal Tribunale di Vicenza nell’ambito del concordato preventivo scattato a marzo 2023, è un caso di crisi del settore consumatosi sotto traccia. L’azienda era finita in difficoltà finanziaria tra le perdite indotte dalla pandemia e poi dalle difficoltà di una ripresa tra aumento dei costi e difficoltà di reperire i chip, oltre a una trattativa per un’alleanza trascinatasi e poi fallita. «Almeno abbiamo salvato il know how e tutti i posti di lavoro dei 120 dipendenti – dice Calearo -. Abbiamo poi convertito le aziende in Slovacchia e Tunisia alla produzione di schede elettroniche e cablaggi».
Vicende di aziende in crisi che si stanno moltiplicando in Veneto, dove il comparto automotive, secondo i dati Unioncamere Veneto, schiera, in senso stretto, 350 aziende con 5.400 dipendenti, con un valore della produzione 2022 di 1,4 miliardi, per il 60% diretta all’estero, in primis verso Germania e Francia. Ma a voler allargarsi a riparatori, servizi post-vendita e commercio si aggiungono seimila microimprese, per un totale a oltre 11.200, con 26.400 addetti.
L’occupazione
E sul fronte occupazione, se, come hanno rilevato gli artigiani della Cgia di Mestre, ieri sulla base delle stime Prometeia, negli ultimi due anni il Veneto ha creato 54.700 posti in più, è anche vero che, secondo i dati dell’ultimo report di Veneto Lavoro, proprio dall’automotive è partita la crisi d’autunno: il saldo tra posti creati e bruciati nella filiera «è divenuto negativo da luglio», cumulando a ottobre una perdita di 50 posti. E dove ai casi di crisi storici, come quella dei 260 posti a rischio della veneziana Speedline, si aggiungono nuovi casi, per ora risolti o tamponati con le trattative coordinate dall’Unità di crisi della Regione: la padovana della componentistica elettronica per l’automotive Molex Zetronic, 119 addetti, risolta con la vendita dell’azienda, e ora le crisi della veronese Sunlight, che assembla batterie per veicoli, e delle trevigiana Edim-Bosch, che realizza componentistica di sicurezza per l’auto, dove si sono fermate le procedure di licenziamento collettivo per 78 e 40 addetti.
Transizione: allungare i tempi
Così, in parallelo al procedere della crisi, decolla la spinta per rivedere la transizione. Richiesta che viene anche da chi, come Bruno Vianello, patròn della trevigiana Texa, sull’elettrico ha investito per tempo, realizzando inverter e powertrain per vetture di lusso: «L’ho detto più volte: i clienti non corrono ad acquistare auto elettriche e insistere vorrebbe dire e solo diventare il primo mercato dei produttori cinesi. Mettiamo da parte l’andare avanti a tutti i costi: almeno sui veicoli medio-alti si ridia spazio alla soluzione ibrida, assicurando la filiera europea».
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