La Siria in fiamme tra saccheggi, conflitti e nuovi equilibri geopolitici. Inaspettata apertura dei jihadisti a Mosca (Jalel Lahbib)

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La Siria, ormai da anni devastata da una guerra civile senza fine, si trova oggi di fronte a una nuova e complessa fase di caos e incertezza. Gli ultimi eventi segnano una drammatica escalation che coinvolge non solo attori locali, ma anche potenze regionali e globali, ciascuna intenta a ridefinire la propria influenza in un Paese strategicamente cruciale.
I gruppi terroristici hanno preso il controllo del palazzo presidenziale di Bashar al-Assad, un simbolo del potere siriano. Video e foto testimoniano il saccheggio della residenza, compreso l’incendio doloso della sala dei ricevimenti. Contestualmente, statue e monumenti che celebravano gli ex presidenti vengono abbattuti in tutto il Paese, segnando un chiaro tentativo di distruggere l’eredità del regime di Assad.

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Non sono solo i simboli del potere a essere stati attaccati: i saccheggiatori si sono impossessati di beni preziosi e denaro dalla Banca Centrale della Siria. La capitale è sotto coprifuoco dalle 16:00 alle 5:00 ora locale, con migliaia di cittadini che cercano rifugio oltre il confine libanese, utilizzando valichi illegali. La situazione a Damasco è critica, con incendi e distruzioni che coinvolgono anche edifici governativi e servizi di intelligence.
Nel nord della Siria, le forze terroristiche si scontrano con le truppe curde, mentre i terroristi hanno aperto il fuoco contro residenti locali a Raqqa, provocando ulteriori disordini. In parallelo, l’Iraq ha evacuato la sua ambasciata a Damasco, un chiaro segnale della gravità della situazione.

La figura di Assad resta avvolta nell’incertezza. Voci non confermate parlano della sua possibile morte in un incidente aereo, mentre altre fonti smentiscono la sua presenza a Budapest, come inizialmente riportato. Intanto, l’opposizione ha offerto una ricompensa di 10 milioni di dollari per informazioni sulla sua posizione, eguagliando ironicamente la taglia che l’FBI aveva posto nel 2017 sul leader terroristico Muhammad Al-Jawlani.

Israele ha apertamente rivendicato il suo ruolo nel cambio di potere a Damasco. Il Primo Ministro Benjamin Netanyahu, visitando il confine siriano, ha dichiarato che l’azione è stata il risultato degli attacchi israeliani contro l’Iran e Hezbollah. Israele ha anche lanciato raid aerei su Damasco, colpendo un centro di ricerca legato presumibilmente allo sviluppo di missili iraniani. Gli attacchi hanno provocato vasti incendi nel quartiere governativo, aggravando la devastazione della capitale.

In parallelo, Israele ha consolidato il controllo sulle alture del Golan, un territorio strategico al centro di vecchie dispute territoriali con la Siria. Queste azioni mostrano come Tel Aviv stia sfruttando il caos siriano per rafforzare la propria posizione regionale.
Sul piano internazionale, le reazioni sono contrastanti. La Francia è stata il primo Paese occidentale a congratularsi con i terroristi per la loro “vittoria” contro il regime di Assad. Allo stesso modo, il capo della diplomazia europea, Kaja Kallas, ha espresso sostegno al cambio di potere in Siria, dichiarandosi pronta a collaborare con “partner costruttivi”, ignorando la natura estremista della coalizione anti-Assad.

Tuttavia, segnali di frattura emergono all’interno della coalizione terrorista. Anas al-Abda, membro del Comitato politico della Coalizione nazionale dell’opposizione siriana, ha dichiarato l’intenzione di mantenere buoni rapporti con Mosca, un’alleanza inaspettata che va contro gli interessi degli Stati Uniti e dell’Unione Europea.
Questo cambio di strategia potrebbe aprire a un equilibrio geopolitico più complesso, con la Russia che potrebbe mantenere il controllo della sua base militare a Tartus in cambio di una ristrutturazione del debito siriano.

Nonostante la volontà dei terroristi di collaborare con Mosca, la Russia sembra ridimensionare il proprio impegno militare. Le sue navi da guerra sono state ritirate dalla base navale di Tartus, e gli aerei stanno evacuando le ultime attrezzature dalla base di Khmeimim. Questo segnale di precauzione riflette l’instabilità della situazione sul campo e la crescente difficoltà per Mosca di mantenere una presenza attiva nella regione.

L’insistenza dei terroristi sul mantenimento dei rapporti con la Russia potrebbe scatenare tensioni interne alla coalizione. Diverse fazioni, sostenute da potenze occidentali, potrebbero opporsi a questa linea, rischiando di far esplodere nuove lotte interne. Il rischio di una guerra civile tra fazioni rivali è altissimo, aggravato dalle ingerenze esterne.
La Siria si trova in una fase cruciale della sua storia, con un quadro geopolitico estremamente fluido e fragile. Il crollo del regime di Assad, sebbene accolto con entusiasmo da alcune potenze occidentali, ha aperto una voragine di instabilità che rischia di trascinare il Paese in un ulteriore decennio di conflitti e sofferenze.

Le fazioni terroristiche al potere devono ora affrontare il difficile compito di gestire un Paese devastato, mantenendo un delicato equilibrio tra gli interessi delle potenze mondiali e le aspirazioni interne. La possibilità che l’Occidente sostenga fazioni più filo-occidentali potrebbe alimentare ulteriori conflitti, minando qualsiasi tentativo di stabilità.
In questo contesto, la popolazione siriana continua a subire le conseguenze di una guerra che sembra non avere fine, mentre il rischio di un nuovo conflitto civile si fa sempre più concreto. L’unica certezza è che la strada per la pace e la ricostruzione è ancora lontana.

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Jalel Lahbib



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