Con la solennità dell’Immacolata Concezione si aprono le Festività natalizie, un tempo di gioia condivisa, ma soprattutto di riflessione spirituale e di solidarietà. Tre i momenti religiosi che, da tradizione, scandiscono questa giornata: la messa al santuario di San Francesco all’Immacolata sul viale Boccetta, presieduta dal vescovo ausiliare Cesare Di Pietro e animata dai giovani scout del gruppo Agesci Messina 1, alla presenza di autorità civili e militari. La nostra televisione, Rtp, segue la celebrazione: è il primo dei sette appuntamenti domenicali e festivi trasmessi in diretta, per consentire a quanti – soprattutto anziani e ammalati – sono impossibilitati a uscire, di vivere pienamente questo tempo liturgico gustando le bellezze artistiche delle chiese messinesi.
«Sono grato al presidente e direttore editoriale di Società Editrice Sud, Lino Morgante, per questa bella iniziativa televisiva di trasmissione dei momenti liturgici comunitari. Un esempio positivo di come l’informazione, attraverso i vari canali di comunicazione, si fa strumento vivo di comunione», ha detto l’arcivescovo Giovanni Accolla. Alle 11,45 l’omaggio all’Immacolata di marmo nell’omonima piazza dietro la Cattedrale: a offrire la corona di fiori i Vigili del fuoco e il sindaco Federico Basile, mentre l’arcivescovo impartirà la benedizione ai presenti. Alle 16 dal tempio dell’Immacolata è partita la processione dell’antico simulacro della Vergine, fra le soste previste lungo il tragitto quella di fronte al monastero di Montevergine in via XXIV maggio, dove le clarisse hanno recitato una preghiera, e quella a piazza Duomo sul sagrato della Cattedrale.
A tal proposito, il guardiano della chiesa, fra Massimiliano Di Pasquale, ha auspicato che il prossimo anno, – in sinergia con il delegato arcivescovile mons. Roberto Romeo, il simulacro dell’Immacolata possa entrare in Cattedrale per una sosta condivisa con tutti i fedeli. «Sarebbe – ha detto – un bel segno di comunione sinodale».
La Festa dell’Accoglienza Ripensare al valore delle relazioni attraverso nuovi percorsi di ascolto, confronto, incontro, con il coraggio di fare sogni grandi e belli, propri della giovinezza: è questa l’essenza della Festa dell’accoglienza, tradizionale momento per i giovani e i giovanissimi dell’Azione Cattolica diocesana che è tornato a scandire l’inizio dell’anno associativo. Accompagnato dall’assistente di settore don Giuseppe Maio, il gruppo si è ritrovato nella parrocchia San Giorgio Martire, a Monforte San Giorgio, per trascorrere una giornata di convivialità, preghiera e riflessione a partire dalla frase tratta dal messaggio di indizione del Giubileo 2025 Spes non confundit: “Sono amato, dunque esisto”. Guidati dai responsabili di settore Alessandro Aspa e Mariangela Licosi e dalla consigliera Emanuela insieme a don Maio, i giovani e giovanissimi associati hanno avuto la possibilità di “riflettere insieme sull’invito alla felicità reciproca che emerge dalle parole del Santo Padre in quell’espressione che condensa, nella sua brevità, il valore che donne e uomini posseggono in quanto individui amati e pronti ad amare”, ha detto il sacerdote. Il nucleo del messaggio presente nel documento giubilare è stato declinato nel corso dell’evento attraverso uno sguardo giovane, attento alla realtà attuali e agli stimoli che arrivano dalla società civile. A introdurre la giornata il presidente dell’associazione parrocchiale Francesco Cannistrà e quello diocesano di Azione Cattolia, Alberto Randazzo, che ha fortemente incoraggiato i presenti a «riprendere il cammino con coraggio, creatività, audacia missionaria, speranza e rinnovata fede», come aveva già detto nell’assemblea d’inizio anno. Assieme a lui, sono intervenuti Sergio Visconti e Carla Buda del settore Adulti e l’assistente ecclesiastico unitario di Azione Cattolica don Enzo Maestri, che ha preso parte al laboratorio pomeridiano lasciandosi coinvolgere nel dibattito animato da giovani e giovanissimi, consapevoli che «l’accoglienza reciproca nella differenza è uno spazio sacro, presupposto imprescindibile di un’esistenza compiuta, piena».
A partire da questi presupposti ognuno di loro si è sentito «stretto in un nodo, non di quelli che costringono ma di quelli che stabiliscono legami, ne creano nuovi e rinsaldano i più duraturi; siamo i fili di quel nodo, presi nella loro singolarità e irrobustiti dall’intreccio di cui fanno parte», hanno detto Sergio, Carla e don Enzo.
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