AGCOM ha stabilito che il servizio di Report sul sistema Toti (e i suoi portatori di voti “imbarazzanti” e pericolosi) non ha affatto violato la regola del silenzio elettorale.
Dunque stasera si tornerà a raccontare del sistema Liguria, ovvero di una regione in mano a piccoli potentati locali che garantiscono interessi privati, magari non sempre in modo trasparente ma anche, e soprattutto, pacchetti di voti.
Il resto lo fa l’astensione.
Poi, come racconta il conduttore Sigfrido Ranucci nelle anticipazioni, il sogno infranto della plastica biodegradabile.
Il sistema (faraonico) Liguria
A quanto pare, per gli elettori che sono andati a votare in Liguria, il sistema Toti (e ora Bucci) piace, ma da dove sono arrivati i voti per Bucci (considerando che a Genova dove era sindaco, ha perso)?
Oltre seimila voti arrivano dalla famiglia Scajola, il nipote dell’ex ministro (quello della casa comprata a sua insaputa) tanti ne ha presi: Marco Scajola ex totiano è stato assessore all’urbanistica, rientrato in Forza Italia dopo l’inchiesta che ha travolto la giunta precedente.
La famiglia di Claudio Scajola è ben radicata da anni ad Imperia: il padre ha fondato la DC in questa provincia, nel 1982 Claudio era già sindaco di Imperia e ora lo conoscono tutti come “il faraone”.
Ma perché lui è un grande ammiratore della cultura egizia, non per altro. Un faraone che prende decisioni anche sopra la volontà popolare.
Nel settembre del 2023 si formò una catena umana lunga chilometri lungo il litorale della provincia di Savona per dire no ad un impianto di rigassificazione che dovrebbe essere costruito proprio davanti il lungo mare di Savona.
In una zona a già forte impatto ambientale per la presenza delle industrie tra Vado e Savona che, per la legge Seveso, dovrebbero prestare molta attenzione ai rischi ambientali.
Quest’opera avrebbe un alto impatto anche sull’entroterra savonese perché le condotte dal mare risalirebbero verso la val Bormida per immettere il gas nella rete nazionale, passando sopra il paese di Altare, attraverso un bosco al cui interno si nasconde una natura unica. Un monastero induista nascosto in mezzo agli albero, un pezzo di India in Liguria.
Ma è un progetto su cui gli Scajola credono, anche andando sopra alle richieste di chiarimenti dei cittadini e alle loro proteste.
Ci sono luoghi meravigliosi in provincia di Savona, come Celle Ligure dove Aldo Spinelli, indagato nell’inchiesta per corruzione e in attesa di patteggiare la pena, decide di comprare gli edifici delle ex colonie bergamasche per trasformarli in residenze private.
Si tratta di un’area dove non sono consentite nuove edificazioni – spiega l’ex sindaco di Celle Ligure Luigi Bertoldi – né alterazioni degli edifico esistenti, perché l’area delle ex colonie rientra nel piano territoriale paesistico della regione Liguria dove si può demolire, ricostruendo fedelmente, mentre qui si è ricostruito accorpando più edifici, con un aumento del volume nella sagoma del nuovo edificio. Dovevano edificare a 30 metri dalla via Aurelia, hanno invece edificato a 10 metri, “sostenendo che quel sito [le nuove residenze] è edificabile” continua l’ex sindaco. Ovvero dove non è consentito costruire nuovi edifici, come si fa a dire che è edificabile?
C’è poi l’ex padiglione Frizzoni che, avendo una dimensione ai 10000 metri, non poteva usufruire del piano casa e sarebbe dovuto diventare un albergo. Ma, durante l’iter, nel 2020, la regione Liguria guidata da Toti cambia la legge, permettendo la sua demolizione per costruire altri appartamenti.
Ma Spinelli ha un altro problema: la spiaggia libera sotto l’Aurelia, essendo proprietario dell’immobile che c’è sopra vorrebbe privatizzarla. Così, come per le concessioni del porto di Genova, se ne interessa Toti che mentre è a pranzo con Spinelli, chiama l’ex sindaco di Varazze, il consigliere regionale Bozzano per trovare una soluzione. Passa solo un’ora e Toti chiama la sua collaboratrice, come emerge da una telefonata di cui Report è entrato in possesso.
In questa telefonata Toti chiede alla collaboratrice di chiedere alla segretaria di Spinelli i documenti dove vuole che si facciano i versamenti (per Toti), “lo fa normale, come tutti gli altri”. C’è stato poi un incontro dove Toti e la collaboratrice si sono parlati a voce: di certo c’è l’interesse di Toti a dare una mano a Spinelli per farsi la sua spiaggia privata, con tanto di edificio per lo stabilimento balneare, ma anche per questo mancavano permessi, ma il presidente Toti tranquillizza l’anziano imprenditore genovese “guarda che abbiamo risolto il problema a tuo figlio sul piano casa di Celle, ora facciamo la pratica, si può costruire .. quando mi inviti in barca che ora ci sono le elezioni abbiamo bisogno di una manina”.
Ma ad Imperia a controllare il territorio c’è un’altra presenza ingombrande: la ndrangheta.
Come spiega Report nell’anticipazione: “Dopo anni di indagini, il 7 ottobre 2014, il tribunale di Imperia emette una sentenza storica che riconosce per la prima volta la presenza organica della ‘ndrangheta nella provincia ligure. Ciò nonostante il primo cittadino non sembra essere d’accordo.”
In questa sentenza vengono condannati alcuni membri della famiglia Pellegrino, Vincenzo Marcianò, figlio del capo della locale di ndrangheta, Peppino Marcianò.
Dopo aver letto la sentenza, queste persone dietro le sbarre della gabbia hanno minacciato i giudici, prendendosi pure qualche applauso dai familiari.
Ma, secondo il sindaco di Imperia, Scajola, questo di Imperia non è un territorio influenzato dalla criminalità organizzata, nonostante le indagini, i beni confiscati, le sentenze arrivate fino in Cassazione: “in questo territorio della città non è emerso mai nulla”.
Peppino Marcianò è stato condannato in appello per associazione di stampo mafioso: nel 2017 al suo funerale era presente il figlio Vincenzo, lo stesso che nel tribunale di Imperia inveiva contro i giudici che lo stavano condannando. E che ai funerali se la prende con la giornalista Cristiana Abbondanza che stava registrando un filmato: grazie a quei filmati sappiamo che era presente anche il neo eletto consigliere regionale della lista di Bucci, Walter Sorriento.
“Mi ci sono trovato per caso” è stata l’assurda risposta che il consigliere ha dato Report che ha pure aggiunto “ero lì per mia figlia che stava facendo un saggio..”
Un po’ come il faraone Scajola, a sua insaputa.
La scheda del servizio: IL FARAONE E IL RIGASSIFICATORE di Luca Chianca
Collaborazione Alessia Marzi
Dopo lo scandalo giudiziario che ha coinvolto l’ex presidente Giovanni Toti, la Regione Liguria alla fine di ottobre è tornata al voto. A vincere di misura è stato l’allora sindaco di Genova Marco Bucci con soli 8424 voti di scarto grazie alla provincia di Imperia guidata da Claudio Scajola. Oltre 6mila voti arrivano proprio da suo nipote Marco Scajola, ex Totiano assessore all’Urbanistica, rientrato in Forza Italia dopo l’inchiesta che ha travolto la giunta precedente. Scajola riesce a portare 8 uomini in Regione e ben 3 assessori su 7. Ma la provincia di Imperia è davvero quel modello di Liguria che ha spinto Bucci a diventare presidente e chi sono i neoeletti consiglieri? Report mostrerà in esclusiva le immagini del funerale del boss di ‘ndrangheta Peppino Marcianò nel 2017 a cui parteciparono diversi politici locali, tra cui un neoeletto consigliere regionale. Torneremo anche a parlare del sistema Toti e di come è nata l’inchiesta che ha terremotato la Liguria, partendo da La Spezia per arrivare in provincia di Savona dove la vecchia giunta voleva mettere il rigassificatore.
La consulente ad insaputa del ministro
Report è venuta in possesso di altri audio di conversazioni tra l’ex ministro Sangiuliano e la non consulente Maria Teresa Boccia: solo gossip? No, oltre al tema delle informazioni sensibili di cui sarebbe venuta in possesso (per il G7 a Pompei), c’è una telefonata tra i due dove lei si lamenta della mancata nomina. Sangiuliano glissa, “la nomina non si può fare.. e il motivo tu lo conosci.. comunque non mi va di parlarne al telefono” chiude l’ex ministro, come se sapesse di essere intercettato.
“Domani dammi il tempo di comprare un altro telefono, ti darò il numero e potremmo scriverci” – si giustifica Sangiuliano, un telefonino scarso perché non si può permettere altro (come se fosse improvvisamente diventato povero, ironizza la Boccia).
C’è poi una seconda intercettazione tra Boccia e il capo di gabinetto di Sangiuliano Gilioli: “io ho avuto indicazione dal ministro di non procedere al perfezionamento della nomina..”
Al che Boccia chiede che cosa abbia firmato, intendendo il contratto di consulenza: “faccia una istanza di accesso agli atti e verrà trattata di conseguenza”.
Esisterebbe, secondo la versione di Boccia un contratto firmato il 7 agosto nella stanza del ministro (allora) Sangiuliano. Che fine ha fatto questo contratto?
Altro punto di cui si occuperà il servizio: qual è stato in questa vicenda il ruolo di Arianna Meloni, la sorella della presidente del Consiglio? Secondo l’avvocato dell’ex ministro Sangiuliano, Silverio Sica, lo aveva avvisato molto tempo prima, di stare attento a questa persona, c’erano delle voci che giravano, consigli a cui l’ex ministro non avrebbe dato retta evidentemente.
Cosa risponde Arianna Meloni? “Vi ricordo sempre che siete pagati coi soldi pubblici ..”: un avvertimento? Un messaggio nemmeno poco sibillino?
“Io non so quanto agli italiani possa interessare, mi sembra che siate ossessionati da questa storia ..”.
Si tratta del solito tentativo di nascondere storie imbarazzanti con la scusa del gossip ma, come Report ha raccontato, ci sono aspetti che gli italiani dovrebbero conoscere: su come si entra nell’orbita di un ministero, arrivando anche alla conoscenza di informazioni riservate.
Ma è così facile buttarla in “caciara”, raccontando che Report sta tutti i giorni sotto la segreteria di FDI, che i giornalisti Rai hanno una ossessione, sprecando denaro pubblico (pensassero ai CPR in Albania)
La scheda del servizio: TRAVOLTI DA UN INSOLITO DESTINO NEL MESE DI AGOSTO di Luca Bertazzoni
Collaborazione Marzia Amico
Report ricostruisce la vicenda della mancata nomina di Maria Rosaria Boccia a consigliera per l’organizzazione dei grandi eventi del Ministero della cultura allora presieduto dal ministro Gennaro Sangiuliano attraverso audio e testimonianze inedite.
L’illusione della plastica biodegradabile
Il servizio di Report racconterà la storia di una azienda italiana che avrebbe voluto cambiare il mondo, liberandolo dalla plastica inquinante: una storia che inizia da una pista da sci.
La racconta l’AD di Bio-On Marco Astorri tra il 2007-2019: stavano producendo le tessere per gli impianti sciistici delle Dolomiti, il presidente della società fece una battuta, “Astorri ma queste tessere che sono fatte di plastica che poi ci ritroviamo in primavera e d’estate lungo tutte le piste e le dobbiamo raccogliere, non le possiamo fare in un materiale naturale?”.
Questa è stata la scintilla per la plastica biodegradabile: ogni anno nel mondo vengono prodotte 500ml di tonnellate di plastica, gran parte si disperde poi nell’ambiente e va a finire nelle acque dei fiumi e mari, nei terreni, entrando nella catena alimentare e provocando tumori.
Marco Astorri si era messo in testa di produrre una plastica naturale: nelle sue ricerche ritrova una invenzione del 1926, quando lo studioso francese Lemoigne aveva studiato i poliidrossi-arcanoati, PHA, una plastica generata dai batteri nutriti con lo zucchero, tutto completamente naturale.
Il batterio si nutre di questi zuccheri e li espelle come un escremento – spiega a Report Paolo Galli membro della Plastic Hall of Fam – ed è questa sostanza materiale plastica: lo stesso tipo di batterio o famiglie di batteri simili, capiscono che questo è un materiale digeribile e lo aggrediscono, lo mangiano e lo restituiscono all’atmosfera come co2. Plastica che, messa a contatto con questi batteri, si trasforma in gas, tutto un procedimento naturale. Si tratta di una plastica che ha le stesse caratteristiche fisiche della plastica tradizionale in termini di trasparenza, rigidità, elasticità, flessibilità della plastica tradizionale. Potrebbe dunque sostituire in toto la plastica tradizionale.
Cos’è successo allora alla Bio-On? Il giornalista del Corriere Marco Madonia e autore del libro L’Unicorno, racconta della svolta del 2014 quando Astorri decide di quotare l’azienda in borsa, mettendo sul mercato il 10% di Bio-On, la quota minima per entrare nell’AEM, la sigla che sta per Alternative Italian Market, sistema costruito su misura per le piccole e medie imprese. Servivano degli investitori che avrebbero poi messo i soldi su questo sogno: Bio-On si fa seguire da Giovanni Natali che di mestiere fa proprio questo, quotare le aziende in borsa.
A Report racconta della battuta che fece alla Bio-On: “vedete che se questa roba funziona, tu tra tre anni vai in giro con l’elicottero, se non funziona vai in galera”.
Agli investitori Astorri che modello di business proponeva? Il modello non era produrre la plastica biodegradabile, bensì vendere le licenze per fare impianti per la produzione di plastica biodegradabile, un modello da vendere ai tanti produttori di plastica, per progettare assieme nuovi impianti, basati sui brevetti di Astorri.
L’interesse è mondiale, Astorri chiude contratti di licenza per fare stabilimenti in Olanda, Francia, Russia e Iran e poi trattative in tutto il mondo, perfino con produttori australiani. Il contratto coi russi fu firmato direttamente sotto gli occhi di Giuseppe Conte e di Vladimir Putin.
“C’erano aziende enormi con noi, Eni, Barilla, Ferrovie dello Stato e tutti si chiedevano chi fosse Bio-On..”
Cosa è successo poi?
Gabriele Grego è trader finanziario, col suo fondo Quintessential analizza i bilanci per scovare truffe finanziarie: nel 2019 ha pubblicato un report sulla Bio-On dove quest’ultima veniva paragonata alla Parmalat, “la Bio-On è un castello di carte”.
Un duro attacco ad Astorri e alla sua azienda, il giorno dopo la pubblicazione del report avrebbero dovuto annunciare l’aumento del capitale in cui Bio-On sarebbe diventata una multinazionale. Invece venne svegliato alle 6 di mattina da questa notizia che diventa subito un incubo, per tutte le “balle” (secondo la versione di Astorri) raccontate nel report.
La tecnologia di Bio-On sarebbe assurda e farneticante, ci sarebbero seri problemi di produzione per il PHA, altre imprese hanno fallito in precedenza nel tentativo di commercializzare il PHA..
Report ha chiesto un parere a Paolo Galli che smonta questo report: farneticanti sono le parole di Grego, questa tecnologia è stata provata e brevettata.
La scheda del servizio: NIENTE È COME SEMBRA di Danilo Procaccianti
Collaborazione Goffredo De Pascale, Enrica Riera
Una società che acquista brevetti avveniristici per affidare a un batterio che mangia zucchero la produzione della plastica, una sostanza integralmente biodegradabile destinata a rivoluzionare il mercato mondiale. Tutto inizia come se fosse una start up, ma presto questa società italiana viene quotata in borsa e raccoglie un capitale da capogiro che supera il miliardo di euro. È l’italiana Bio-on, con la sua storia di un sogno che stava diventando realtà e si è poi tramutato in un incubo, un vero e proprio thriller industriale con tanto di fallimento, condanne penali, agenti segreti e personaggi svelati per la prima volta da Report.
Tira una brutta aria a Milano
Ma è vero che Milano è la terza città più inquinata al mondo?
Chi misura la qualità dell’aria, in termini di inquinamento, nelle maggiori città del mondo? La società si chiama IQAir AG: misurano la qualità dell’aria prendendo i dati da tutte le fonti pubbliche a cui possono accedere – spiega l’AD Frank Hammes – “a Milano ad esempio arrivano da due stazioni pubbliche, quelle di Arpa, e da dieci stazioni private, cioè rilevatori di persone private ..”
I dati arrivano cioè da persone comuni, che hanno in casa dei misuratori: ma come fanno ad essere certi che gli strumenti usati dai cittadini funzionino correttamente? L’AD ha risposto che con 300-400 euro si possono comprare strumenti di buona qualità.
Ma il responsabile di Arpa Lombardia per la qualità dell’aria, Guido Lanzani, spiega che loro usano strumenti conformi a quello che prevede la norma del 2008 dell’Unione Europea, ogni stazione costa da 100mila a 150mila euro: “l’importante è utilizzare, per confrontarle, delle misure che siano coerenti coi metodi di riferimento che la normativa prevede. Se metto assieme dati che provengono da sistemi di rilevazione diversi, rischio di dare una fotografia sfalsata.”
Per evitare questo rischio la comunità europea ha imposto degli standard che tutti i paesi europei devono rispettare, a cominciare dal luogo dove installare i misuratori.
Come mai un’azienda privata come IQAir, senza avere gli strumenti adeguati e le competenze scientifiche necessarie, pubblica una classifica delle città più inquinate al mondo?
C’è un possibile conflitto di interesse, poiché IQAir produce depuratori d’aria: questo è il loro business su cui basano il loro profitto. Nulla di illegale, ma rimane la sensazione che queste classifiche facciano parte di una sorta di campagna pubblicitaria.
Per smontare questa sensazione basterebbe che l’azienda mostrasse i dati sulle vendite: c’è stato un aumento delle vendite dei loro dispositivi in Italia nell’ultimo anno? Niente da fare, su questo l’AD dell’azienda risponde che, essendo una società privata, non sono tenuti a mostrare nulla. Ma è proprio questo il punto: possiamo fidarci dei report di IAQAir? I loro dati sono basati su qualche evidenza scientifica? E, poi, chi certifica la qualità dei loro depuratori? Non esiste nessuna certificazione per i depuratori d’aria, lo stesso AD ammette di aver studiato giurisprudenza.
Giusto per chiarire il punto, il responsabile di Arpa Lombardia si è laureato in fisica all’università di Milano e poi ha studiato alla scuola di specialità in statistica sanitaria all’istituto dei tumori, sempre a Milano.
La scheda del servizio: CHE ARIA TIRA? di Marco Maisano
“Milano è la terza città più inquinata del mondo”. Questa è l’affermazione, errata, pubblicata qualche mese fa da molti media italiani. Un’affermazione basata su una classifica che mette in gara i livelli di inquinamento delle principali città del mondo. Ma chi stila questa classifica? Una società svizzera che si chiama IQAir e il cui business, anche se nessuno se n’è accorto, è la produzione di purificatori d’aria. Nonostante l’affermazione errata, però, l’Italia si ritrova comunque nel bel mezzo di un’emergenza sanitaria. Milano non è la terza città più inquinata, ma i suoi livelli di inquinamento atmosferico, assieme a quelli di molte altre regioni italiane, supera, e non di poco, i limiti imposti dall’OMS e dall’Unione Europea. Il risultato? Migliaia di persone muoiono prematuramente a causa delle polveri sottili in atmosfera. Ma la politica italiana, nonostante le sanzioni in arrivo, sta già chiedendo deroghe al raggiungimento degli obiettivi di risanamento. Un fatto, avverte la comunità scientifica, che causerà centinaia di migliaia di morti entro il 2035
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