Dal concordato deve arrivare una spinta per la nuova IRPEF 2025, ma il futuro è incerto

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Adesione al concordato preventivo biennale in scadenza: cresce l’attesa per conoscere i risultati finali. Eventuali risorse dovranno essere utilizzate per costruire una nuova IRPEF per il 2025, anche secondo le lettrici e i lettori di Informazione Fiscale, ma il futuro resta incerto

Si avvicina la scadenza per aderire al concordato preventivo, fissata in calendario per il 12 dicembre: occhi puntati sui risultati finali e sulla dotazione che ne deriva.

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Il rischio è che dai patti tra Fisco e partite IVA sul pagamento delle imposte non arrivino abbastanza risorse per interventi rilevanti. In ogni caso, per le lettrici e i lettori di Informazione Fiscale che hanno partecipato all’indagine sul tema, la priorità è la costruzione di una nuova IRPEF per il 2025.

Concordato in scadenza: la priorità è una nuova IRPEF per il 2025

La maggior parte di coloro che hanno partecipato al sondaggio curato dalla redazione tra l’estensione della flat tax per le partite IVA e un ulteriore taglio IRPEF non ha dubbi: serve intervenire ancora sulle regole di calcolo dell’imposta sul reddito delle persone fisiche.


È questa l’opinione che accomuna il 71 per cento dei partecipanti all’indagine sulle pagine del giornale, percentuale che sale all’83 per cento tra coloro che hanno risposto tramite Linkedin.


La posizione di lettrici e lettori, quindi, è in linea con le intenzioni del Governo che ha messo nero su bianco nel DL Fiscale l’intervento sull’IRPEF come primo terreno d’azione collegato al concordato preventivo biennale.

L’estensione del regime forfettario a 100.000 euro, la flat tax per le partite IVA, che pure rientra nel programma dell’attuale Esecutivo, per ora dovrà attendere.

Ma anche sull’IRPEF restano tanti punti interrogativi sulle possibili novità: se da un lato le intenzioni sono chiare e manifeste, le azioni devono fare i conti con le risorse effettivamente disponibili.

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Dal concordato deve una spinta per la nuova IRPEF 2025? Il nodo delle risorse

I primi dati diffusi in via ufficiale dal Ministero dell’Economia e delle Finanze durante l’interrogazione a risposta immediata del 27 novembre indicano un tasso di adesione al patto con il Fisco che sfiora il 12 per cento.

DICHIARAZIONI PRESENTATE P I. 2023 (dato al 1/11/2024 fonte SOGEI)
Totale contribuenti (1)(*) 4.408.346
di cui contribuenti tenuti all’applicazione degli ISA 2.676.626
di cui contribuenti FORFETARI 1.731.720
TOTALE ADESIONI CPB 522.195
di cui contribuenti tenuti all’applicazione degli ISA 403.472
di cui contribuenti FORFETARI 118.723

E, secondo le prime stime in circolazione, con la finestra che si è chiusa il 31 ottobre dovrebbe arrivare una dotazione di 1,3 miliardi di euro.

La somma risulta insufficiente ad apportare modifiche rilevanti: non basta ad estendere, ad esempio, in maniera considerevole il secondo scaglione IRPEF o tagliare di due punti l’aliquota da applicare.

La Fondazione Nazionale Commercialisti ha stimato un impiego di risorse pari al doppio, 2,5 miliardi di euro, per portare lo scaglione da 50.000 a 60.000 euro o per ridurre l’aliquota dal 35 al 33 per cento.

In questa ottica va inquadrata la nuova scadenza del 12 dicembre per l’adesione e la pioggia di PEC che è arrivata tra fine novembre e inizio dicembre alle partite IVA che hanno presentato la dichiarazione dei redditi ma non hanno aderito al concordato.

La strategia è chiara, incrementare il numero di partite IVA aderenti per incrementare la dotazione disponibile, ma l’obiettivo non è semplice: di quanto potrà crescere la percentuale di coloro che aderiscono al patto con il Fisco? Quanti ritorneranno sui loro passi?

Concordato e nuova IRPEF 2025: l’incognita dei tempi

In ogni caso il tema delle risorse non è l’unico ad assumere rilevanza nella costruzione della nuova IRPEF. Cruciali sono anche i tempi.

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La necessità di acquisire i dati in tempo utile, le “difficoltà oggettive legate alla Legge di Bilancio” erano le motivazioni che avevano portato il viceministro all’Economia e alle Finanze Maurizio Leo a porre un veto sulla proroga richiesta a più riprese dai Commercialisti.

E, senza dubbio, se la partita rimane aperta fino al 12 dicembre, sarà difficile programmare e mettere nero su bianco nuovi interventi sull’IRPEF già per il 2025 che ormai è alle porte.

“Se otterremo le risorse come speriamo, riusciremo a mettere a terra, ora vedremo se lo si può fare quest’anno oppure all’inizio del prossimo anno, è qualcosa che è a cuore di tutta la maggioranza: aiutare il cedo medio”, ha detto il viceministro all’Economia e alle Finanze Maurizio Leo ieri, 28 novembre, a margine della Giornata per la legalità finanziaria alla Guardia di finanza.

D’altronde, come ha sottolineato, il sottosegretario Federico Freni nell’interrogazione di fine novembre solo successivamente alla scadenza della seconda rata di acconto “sarà possibile determinare una prima approssimazione del gettito correlato alla adesione al CPB”.

Anche alla luce della proroga dei versamenti al 16 gennaio 2025 i tempi, quindi, si allungano sempre di più.

Di conseguenza si allenta sempre di più il legame con la Legge di Bilancio 2025, centrale per la mancata proroga, e il futuro dell’IRPEF, oltre la conferma delle tre aliquote già prevista dal testo della Manovra, resta immerso tra la certezza delle intenzioni e l’incertezza delle possibilità.

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