Un maestro di veleni, un opportunista poltronaro. Le verità (e il futuro dei 5 stelle) sotto il conflitto Grillo-Conte

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Si potrebbe ragionevolmente convenire che la notizia è questa: Grillo è uscito perdente, eccome, anche dalla seconda consultazione tra gli iscritti chiamati da Conte a sfondare il limite dei due mandati e a liquidare il povero padre fondatore. Ma forse è più interessante e gravido di conseguenze lo stile della relazione tempestosa messa in campo dai due avversari che ora si contendono il governo del Movimento Cinque Stelle. Perché, pur infiocchettate dagli eccessi di una lirica da pasticceria, molte delle cose che i due stanno dicendo l’uno dell’altro non possono che avere un deciso fondamento di verità.
Cioè, se si vuol davvero conoscere alcune delle note fondanti dei due personaggi, ecco che abbiamo a disposizione dei testimoni del confronto di stracci bagnati di cui sono certamente interpreti. Come fossero due coniugi sfiniti dalla convivenza e molto rancorosi mentre si dedicano parole definitive a proposito di come sarebbe fatto uno oppure l’altro. Un raro momento di sincerità, più forte di ogni teatro: come si fa a non credere a ciò che stanno urlando, o almeno alla sostanza di quei giudizi troppo a lungo tenuti a bada?

Il potere e i veleni di Grillo

Ma si conoscono davvero? Certo che sì: Grillo è il padre padrone del M5S, quello che ha scelto e voluto Conte a Palazzo Chigi, Conte è quello che Grillo ha voluto a Palazzo Chigi, non si sfugge a questa strettissima logica dei fatti. Ecco: poche ore fa, l’ex presidente del Consiglio ha detto che il suo pigmalione politico sarebbe purtroppo uno che coi veleni se la cava molto bene, un maestro di veleni. Perfetto: se ne deduce che questo paese per qualche tempo, durante l’età dell’oro a cinque stelle, ha affidato presente e futuro ad un maestro di veleni che a tempo perso “sfanculava” la casta da un pulpito di purezza che si affacciava sul mare del suo ricco blog.
L’homo novus, quindi, faceva il Savonarola ma con i piedi ben piantati in quella doppiezza (borghese?) che giurava di voler cancellare. Tutto il potere a lui e gli altri a marciare, tra l’altro, e chi si lamentava del fatto, fuori dalle balle molto rapidamente: la storia dei Cinque stelle è maturata in un clima in cui chi alzava la cresta veniva messo alla porta da un post di Grillo che pareva una spugna di veleni.

Opportunista cinico e poltronaro Conte

E Conte? Di che pasta sarebbe fatto l’uomo che è riuscito a mettere Grillo alla porta come fosse un ospite esoso e da tempo indesiderato?
Il Grande Escluso dice bene cosa pensa dell’ex presidente del Consiglio in una strepitosa lettera inviata nei giorni scorsi a Elly Schlein, segretaria del Pd, il partito che come un incubo ha tormentato i suoi sonni: non hai mai voluto combattere la destra, gli interessava cancellare il Pd, la sinistra storica. Allora, secondo Grillo, Conte sarebbe un tremendo opportunista cinico e poltronaro privo di ogni credibilità perché totalmente inaffidabile. E per questo degno, secondo il maestro di veleni, di stare nelle file del Partito Democratico.

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giuseppe conteSe ne potrebbe dedurre che un inaffidabile poltronaro è stato Presidente del Consiglio a dispetto del popolo italiano che sapeva nulla perché Grillo in quel frangente teneva la bocca ben chiusa. Nota bene: entrambi i casi riposano nel brodo di coltura del Movimento che doveva rivoltare il paese come un calzino e quei giudizi non vengono da avversari politici, da esterni al Movimento, ma dai suoi vertici.

Vere o false le cose che Grillo dice sul conto del suo ex aquilotto, il comico genovese ci tiene, sempre nella lettera a Schlein, a far sua una lettura delle dinamiche elettorali molto frequentata ma che forse fa acqua un po’ ovunque. Addebita infatti a Conte la responsabilità di un trasferimento milionario di consensi dal bacino M5S al Pd. Ma a ben riflettere, pare davvero difficile che milioni di voti siano scivolati da una forza politica che viveva la sua convinta opera di demolizione del Pd come la sua prima, fondativa vocazione, esattamente al suo prioritario bersaglio. Fa comodo sostenere questa tesi, aiuta ad evitare di pensare a cosa sia stato e cosa sia il Movimento, o quel che ne resta mentre con gran fatica cerca “motivi e ragioni” della sua vita.

Conte è ora il signore indiscusso del Movimento

Non c’è dubbio intanto che ad ogni modo Conte abbia portato il Movimento su una spiaggia laica, in cui non ci sono santi protettori e nemmeno poteri soprannaturali pronti a dire l’ultima parola su questo e quello. Ed è evidente che questo processo ha reso questa forza politica aliena rispetto alla sacralità della presenza tutelare del padre fondatore, peraltro retribuita. Ne hanno fatte di tutti i colori, forse ora si può dire senza essere sbattuti in una lista di proscrizione. Certo, anche Conte è ora il Signore indiscusso del Movimento, tutto il potere reale sta nelle sue mani e nessuno da quelle parti si azzarda a dirgli: guarda che mi piaci poco e voglio più potere.
Ancora, a Grillo non è andata giù che l’odiato Conte abbia spostato l’asse rotatorio del Movimento da un non-luogo degno della legnosa fantasia di un politico piccolo piccolo convinto, chissà come, che stare né a destra né a sinistra fosse una idea vincente.

Ora, il secondo voto degli iscritti ha sancito la volontà del partito di collocarsi comunque in area progressista, di sinistra verrebbe da dire se si fosse disposti a dimenticare l’ambiguità poco smentibile di un uomo che è stato leader di un governo di destra che trattava gli immigrati come carne da macello e il sindaco di Riace come un delinquente. E quel governo non è caduto perché Conte se n’è andato sbattendo la porta per l’indignazione, è stato Salvini a rompere la diga, e Conte è sfilato via come acqua corrente, in seconda battuta.

46.747 voti a 9.334. Ma la guerra continua

Assemblea costituente del Movimento 5 Stelle a Roma. Foto di Stefano Carofei, Fotogramma

Sarà un tipo prudente? Forse, ma quella prudenza è molto vicina all’opportunismo che Grillo gli attribuisce mentre lo definisce “traditore”. La stessa “prudenza” che deve averlo consigliato di muoversi con stile morbido su Trump alla vigilia del voto statunitense: mentre mezza America versava davvero lacrime di fronte all’ipotesi di una vittoria dell’amico di Putin e della destra più nera e revanchista, lui manteneva le distanze sia da Trump che da Kamala Harrys, precisando di non credere, beati lui e la sua bontà, Donald un pericolo per la democrazia. Non si sa mai, lo diceva anche la mamma.
Così, 46747 votanti hanno approvato i cambiamenti radicali proposti da Conte e 9334 hanno dato ragione alle obiezioni di Grillo, maggioranza schiacciante, certo ma i dissidenti sono migliaia di voti, preziosi per un partito già molto dimagrito. E il Sommo Perdente non dà segni di voler smettere la sua guerra santa alla ricerca degli antichi valori perduti, anzi.

Intanto, promette lotta dura senza paura sulla questione del nome e del simbolo che pretende di sua proprietà, poi lascia intravvedere il proposito di creare una nuova forza politica, di accendere nuove liste che di sicuro non aiuteranno il fascino del partito di Conte. Così che il futuro immediato dei cinque stelle sia legato più alla necessità di sopravvivere che alla scoperta di una qualche identità prestigiosa ed esclusiva. Ciascuno ha i suoi problemi.



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