Energie rinnovabili: Abruzzo rischia di perdere ennesimo treno dello sviluppo – Notizie

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Il governo nazionale, con il decreto del ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, varato il 21 giugno 2024 obbliga le Regioni entro il 3 gennaio 2025, a individuare le aree idonee all’installazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.

 

Il decreto, però, è stato già sospeso dal Consiglio di Stato in attesa di nuova udienza fissata per il 5 febbraio 2025. In tale contesto la giunta regionale abruzzese ha approvato un disegno di legge che pone dei limiti molto stringenti che sono in contrasto con un precedente decreto legislativo (il 199/2021) sulle disposizioni in materia di energie rinnovabili.

“Sarebbe opportuno”, spiega Marco Pompetti, ingegnere rosetano e partner della società Rebee, che sviluppa in tutta Italia impianti a energia rinnovabile, “che anche la Regione Abruzzo attendesse, come già stanno facendo altre amministrazioni regionali, le sorti della sospensiva. Il governo nazionale, infatti, sta emanando incentivi e finanziamenti alle imprese agricole, alle aziende energivore e ai cittadini (attraverso le Comunità Energetiche) utili a raggiungere gli obiettivi. I vantaggi economici saranno appannaggio anche dei Comuni che riceveranno annualmente dagli impianti dal 2 al 3 per cento degli introiti prodotti. Non vorrei, però, che la nostra regione corra il rischio di perdere l’ennesimo treno dello sviluppo e della salvaguardia dell’ambiente”.

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Probabilmente quest’ulteriore periodo sarà utile alla Regione Abruzzo che ha già inteso convocare nei prossimi giorni le associazioni di categoria e gli operatori di settore. Chiaramente questi obiettivi non si ottengono utilizzando solo le coperture degli edifici ma anche attraverso l’impegno del suolo e in particolare di quello agricolo che da dieci anni a questa parte da noi ha visto chiudere diecimila aziende agricole che hanno abbandonato quarantamila ettari sui quali nessuno oggi si interroga.

Il disegno di legge regionale, nelle norme transitorie, stabilisce una moratoria per tutti i progetti in corso di autorizzazione, salvo rare eccezioni e questo significa che tutti gli investimenti di aziende e cittadini che stanno puntando all’obiettivo 2030 moriranno all’ultimo miglio. Dietro questo obiettivo, sancito da accordi internazionali, c’è la salute, ci sono i posti di lavoro della filiera e aziende che provano a resistere generando energia a basso costo.

“Come società”, riprende Pompetti, “stiamo autorizzando ormai da 18 mesi progetti pronti per accedere alla normativa Energy Release 2.0 che consente alle più grandi aziende energivore abruzzesi di ridurre il costo dell’energia di oltre il 50 per cento con ricadute importantissime in termini di competitività. Questi progetti, purtroppo, moriranno e non è escluso che qualche azienda delocalizzi in regioni dove l’energia costerà meno o che consentano loro di realizzarsi un impianto.

Su questo argomento, il ddl abruzzese invero, pone dei limiti importanti introducendo l’inidoneità dei terreni “irrigui” ovvero della quasi totalità dei terreni nelle aree limitrofe alle industrie perlomeno di alcune province creando anche un caso politico. Onestamente si fa fatica a capirne il senso, visto che nelle altre regioni questo limite non si pone e anzi si deroga in qualsiasi modo per incentivare impianti agri voltaici e comunità energetiche. Argomenti assolutamente assenti nella nuova norma regionale. Tutto questo”, prosegue l’ingegnere, “mentre il costo dell’energia elettrica, per le aziende della nostra regione arriva a 142 euro per megawattora. Un salasso visto che dal primo gennaio del prossimo anno non sarà più tutelato dal prezzo unico nazionale, Pun, che in Italia ha una media di 101 euro. Con l’introduzione del prezzo unico zonale, infatti, le regioni più virtuose in termini di produzione di energia avranno costi inferiori, mentre le meno virtuose avranno prezzi più elevati. Allargando lo sguardo all’Europa, il divario è maggiormente sconfortante, visto che in Francia le imprese pagano l’elettricità 48 euro per megawattora, in Spagna 52 e in Germania 70”.

“Confidiamo”, conclude Marco Pompetti, “nei lavori del consiglio regionale affinché questa grande opportunità di attrarre risorse nel territorio non diventi un’occasione persa contornata di ricorsi giudiziari”.



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