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La prudenza dell’ex ministro Raffaele Fitto era fondata. E soprattutto era giusta la previsione delle risorse da destinare al credito d’imposta per finanziare gli investimenti 2024 nella Zes unica Sud per la quale, come si ricorderà, solo pochi mesi fa si era parlato di fondi insufficienti. In realtà, la notizia diffusa ieri dal neoministro per il Pnrr, la Politica di Coesione e gli Affari europei, Tommaso Foti, intervenuto all’evento “Top 500”, conferma che tutte le autorizzazioni uniche rilasciate dalla Struttura di missione di Palazzo Chigi, 401 dall’inizio dell’anno di cui oltre 300 da quando è diventato coordinatore l’avvocato campano Giosy Romano, hanno ottenuto il credito d’imposta al 60%, esattamente la percentuale indicata nella legge istitutiva della Zona economica speciale Sud.
Inoltre, lo sconto fiscale per le imprese, pari a circa 2,5 miliardi, rientra abbondantemente nella copertura prevista dal Governo che la scorsa estate aveva già provveduto ad aggiungere altri 1.600 milioni al miliardo e 800 milioni stanziato nella legge di Bilancio 2023. Insomma, non c’è stato bisogno di irrobustire ulteriormente la misura dal momento che lo screening eseguito dall’Agenzia delle Entrate, dopo l’esame delle certificazioni integrative trasmesse fino al 2 dicembre scorso, ha in parte ridimensionato la corsa ai benefìci della Zes unica che sembrava impetuosa e perfino travolgente, con più di 16mla domande presentate per oltre 9 miliardi di investimenti annunciati.
CALCOLI GIUSTI
In base a questi numeri, l’Agenzia aveva ridotto al 17% il limite massimo del credito d’imposta, provocando la reazione di Fitto che aveva chiesto ed ottenuto la revisione di questa percentuale dopo un attento, inevitabile esame delle istanze pervenute. Un atteggiamento realistico quello dell’allora ministro del Sud, consapevole del grande impatto della Zes unica sul sistema delle imprese meridionali ma altrettanto convinto della necessità di verificare con estrema chiarezza se era tutto oro quello che luccicava. I dati anticipati dal suo successore rimettono le cose a posto dimostrando che non ci sarà bisogno di allargare i cordoni della borsa (che in tempi di vacche magre per i conti pubblici è decisamente una buona notizia) e per di più garantiscono una copertura altrettanto sicura anche per il 2025, in attesa ovviamente di verificare se le istanze saranno più o meno le stesse o se, come pare, sembrano destinate a crescere. In ogni caso, se fosse valida la seconda ipotesi, il Governo per bocca della stessa premier Giorgia Meloni ha fatto già sapere che sarebbe pronto a nuove coperture avendo puntato sulla Zes come motore strategico per l’attrazione di nuovi investimenti nel Mezzogiorno.
L’ACCELERAZIONE
In effetti lo stesso ministro Foti ha ribadito che questa linea, forte peraltro dei buoni risultati economici del 2023, con il Sud cresciuto più della media Italia anche per effetto della spinta dell’export e dell’occupazione, non cambierà. L’accelerazione economica del Mezzogiorno, in altre parole, dev’essere stabilizzata perché, parole del ministro, «serve all’Italia e all’Europa».
Anche perché la risposta che sta arrivando dal Pnrr, in termini di cantieri aperti e di bandi di gara completati anche al Sud, è un altro elemento incoraggiante (lo stesso Foti ha evidenziato lo scarto tra i dati pubblicati sulla piattaforma Regis, che aggiorna le risorse utilizzate, e la percezione visiva dei tanti cantieri aperti nelle città di ogni dimensione).
«Siamo nelle condizioni di chiedere la settima rata da 18 miliardi e 67 obiettivi all’Europa», spiega Foti, ricordando però allo stesso tempo che il monitoraggio quotidiano sulle opere in corso o ancora da avviare ha fatto emergere intoppi sul versante delle opere ferroviarie «sulle quali occorre una valutazione».
Di sicuro il cambiamento sul peso economico delle varie aree del Paese è già in atto, anche se ancora si fa fatica a riconoscerne la portata. Lo ha sostanzialmente documentato proprio Foti ricordando a proposito del Pnrr che la Campania, pur non avendo la stessa popolazione della Lombardia, è destinataria quasi delle stesse risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza e della Politica di coesione, 11,9 miliardi rispetto a 14,4 miliardi. E inoltre che l’asse con la Puglia, che la linea ferroviaria ad Alta Capacità/Velocità Napoli-Bari fatalmente rafforzerà, è la nuova direttrice dello sviluppo Nord-Sud, collegando non solo due mari ma soprattutto due sistemi economici che negli ultimi 5 anni hanno fatto bene e soprattutto meglio delle medie nazionali.
L’ASSE CON LA PUGLIA
È la riprova di quanto sia cresciuta la consistenza del Sud ma anche della necessità che di essa debbano prendere atto definitivamente le imprese del Nord, identificando nel Mezzogiorno l’area sulla quale investire dopo che per anni si è immaginato che potesse svilupparsi solo attraverso l’agricoltura e il turismo. Un tema quest’ultimo toccato non a caso dallo tesso Foti, convinto che il cambiamento di mentalità vale come un investimento portato a termine, specialmente se serve a garantire margini di crescita ad un territorio sempre più indispensabile per lo sviluppo del Paese. Zes unica, Pnrr, fondi ordinari europei e della Politica di coesione sono molto di più di un tesoretto da spendere e bene: il Sud ha imparato anche dai suoi errori, fermarsi adesso sarebbe un disastro anche per il Centro-Nord.
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