PESCARA – In Abruzzo dovranno essere installate rinnovabili per almeno 2.900 MW di potenza entro il 2030. Pertanto dovranno essere calate sul territorio abruzzese opere per miliardi di euro, tra centinaia di torri da 300 metri di altezza, distese di centinaia di ettari di pannelli fotovoltaici con opere connesse come strade e grandi impianti di stoccaggio dell’energia: la fretta nella discussione della proposta di legge “Sorgi” sulle aree idonee, ordinarie e non idonee non si addice allo sviluppo armonico della Regione e delle stesse rinnovabili. In una intervista al quotidiano online Abruzzoweb il direttore generale della Regione cerca di replicare alla nostra analisi dettagliata della proposta di legge sulle aree non idonee per le rinnovabili elaborata dal tavolo di lavoro da lui coordinata cadendo in evidenti inciampi logici, saltando a piè pari il dettato normativo ed evitando di parlare degli effetti concreti della norma. Quando lo fa, interviene in maniera fuorviante o peggio. Intanto in maniera piuttosto maldestra sostiene che i terreni agricoli sono già tutelati in genere dalla norma nazionale.
Non si capisce allora perché servirebbe introdurre divieti per alcune aree agricole con una norma regionale peraltro dopo quello che sostengono essere stato un lungo lavoro di studio e pianificazione del tavolo regionale che ha impiegato diversi funzionari. Non avrebbe alcun senso, sarebbe tempo perso. Tutte le regioni stanno discutendo di aria fritta?
Sorgi omette di ricordare che la norma nazionale riguarda esclusivamente il divieto di installazione dei pannelli a terra mentre permette comunque di installare sui terreni agricoli i pannelli fotovoltaici su strutture a una altezza superiore ai due metri. La stessa norma permette alle regioni di definire ulteriori aree non idonee anche per questo tipo di installazioni oltre che per l’eolico. Di questo si parla ora.
Quindi, venendo al concreto, al contrario di quanto afferma Sorgi (“non c’è nessun rischio che qualcuno realizzi un parco fotovoltaico sopra un campo di zafferano”), il famoso campo di zafferano dell’aquilano potrà essere o coperto da un impianto fotovoltaico di decine di ettari messo a 2 metri di altezza o interessato da un impianto eolico. A parte stravolgere quel paesaggio, o si dovranno impiantare al di sotto dei pannelli altre colture compatibili con la scarsa illuminazione del terreno oppure lasciarlo addirittura incolto (come prevedono alcuni dei progetti in al VIA che ricordavamo).
Per quanto riguarda i beni culturali, secondo Sorgi la sua proposta garantirebbe vincoli adeguati. Peccato che la proposta inserisca tra le aree non idonee solo i “beni sottoposti a tutela ai sensi degli articoli 10 e 136, comma 1, lettere a) e b), del Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.42…” come si può leggere testualmente nella proposta di legge della Giunta regionale.
Basta andare a consultare l’articolo 136 del Codice dei Beni culturali per scoprire che Sorgi pare aver “dimenticato” l’esistenza delle lettere c) e d) dell’art.136 e, cioè, testualmente dal Decreto:
“c) i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici;
d) le bellezze panoramiche e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze.”
Pertanto in queste aree di enorme valore non scatteranno vincoli per fotovoltaico ed eolico, esattamente anche per i centri storici vincolati come tali!
A questo si aggiunga un’altra “dimenticanza” di Sorgi: la proposta di legge NON tiene conto dei beni vincolati dal successivo art.142 del Testo unico dei Beni culturali tra cui, testualmente dalla legge:
-i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare;
-i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi;
-i fiumi, i torrenti, i corsi d’acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna;
-i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento;
-le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici;
-le zone umide incluse nell’elenco previsto dal d.P.R. 13 marzo 1976, n. 448;
-le zone di interesse archeologico.
Viene da chiedersi perché il direttore Sorgi non ammetta l’evidenza e continui attivamente e con zelo degno di miglior causa a difendere l’indifendibile con dichiarazioni fuorvianti smentite dai testi coordinati delle norme e da quanto sta accadendo nelle commissioni V.I.A. a tutti i livelli. D’altro lato il Dr. Sorgi non è nuovo in queste “missioni impossibili”: ricordiamo bene quando cercava di difendere il “suo” nuovo piano paesaggistico regionale pieno di buchi neri, fortunatamente mai passato.
Visto sono in gioco interessi per miliardi e miliardi di euro e la tutela del patrimonio culturale e naturalistico della regione, invitiamo tutti a leggere direttamente la norma proposta dalla Regione e verificare, grazie ai nostri inequivocabili richiami normativi, se la norma in discussione raggiunga o meno il giusto compromesso.
Se ci sarà data la possibilità, potremo approfondire questi aspetti in un’eventuale audizione nella competente commissione del Consiglio regionale.
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