I dati di Arpa e Legambiente. A rischio anche la fauna a partire dai camosci. Tra le cause i cambiamenti climatici
Non se la passano bene i ghiacciai piemontesi. Sul Monte Rosa il ghiacciaio di Flua è ormai estinto. Nell’800 era grande quanto 112 campi di calcio, oggi è solo un mare di rocce e detriti. Restano piccoli cumuli di neve frutto delle ultime nevicate tardive. E un lungo cordone morenico che rende la montagna sempre più fragile e instabile. Situazione non buona anche per i ghiacciai delle Piode e di Sesia-Vigna arretrati dagli anni ‘80 di oltre 600 metri lineari. In occasione della Giornata Internazionale della Montagna sia Arpa Piemonte sia Legambiente hanno presentato le attività effettuate in ambiente montano quest’anno.
Il programma di osservazione
Il programma annuale di osservazione dei ghiacciai è stato completato tra settembre e novembre, nonostante l’avvio ritardato per l’abbondante neve residua ancora presente a metà agosto e poi ostacolato dal meteo perturbato che ha interessato quasi ininterrottamente le Alpi occidentali nell’autunno. Sono stati visitati complessivamente 72 ghiacciai piemontesi, su un totale di 107. Per 30 ghiacciai è stato possibile un confronto fotografico con quanto osservato nel 2023 mentre per 10 ghiacciai, compresi nel bacino glaciale del Belvedere in alta Valle Anzasca (VB), è stato elaborato un modello 3D per il confronto quantitativo delle trasformazioni avvenute nel corso dell’ultimo anno.
Neve rossa
Secondo i risultati l’abbondante innevamento tardo invernale/primaverile, tra i maggiori degli ultimi decenni e caratterizzato da un colore rosso sporco per l’accumulo di polveri sahariane, è sopravvissuto in maniera molto discontinua. Alcuni ghiacciai hanno perso quasi completamente la copertura di neve, mentre altri ne hanno conservato una buona copertura anche a fine estate, generalmente concentrata in accumuli di valanga. Di questi, importanti accumuli sono sopravvissuti anche a quote piuttosto basse, ben al di sotto dei 3000 m, fatto ormai desueto. La neve autunnale è stata piuttosto precoce, portando in settembre già numerose nevicate al di sopra dei 3000 m di quota ed arrestando così la fusione estiva dei ghiacciai.
Crisi climatica e caldo record
A pesare ovviamente il precario stato di salute dei ghiacciai alpini con una crisi climatica che ha accelerato il passo, con caldo record e zero termico in quota in grado di annullare i benefici delle nevicate tardive di questa primavera; ma anche con 146 eventi meteo estremi, registrati da gennaio a dicembre 2024 sull’arco alpino, che hanno reso più fragile la montagna. Lombardia (49), Veneto(41) e Piemonte (22) le regioni più colpite. Tra gli altri dati 2024, preoccupa anche quanto sta accadendo sul Ghiacciaio Ciardoney (Gran Paradiso, Piemonte) con un – 1050 millimetri di acqua equivalente; sul Ghiacciaio del Grand Etrét (Valsavaranche, Valle d’Aosta): -1200 millimetri di acqua equivalente; sul Ghiacciaio di Timorion (Valgrisenche, Valle d’Aosta): -654 millimetri di acqua equivalente. Un’unica nota positiva arriva dal ghiacciaio del Montasio in Friuli-Venezia Giulia che ha fatto registrare un + 200 millimetri di acqua equivalente.
Specie a rischio
Impatti, quelli causati dalla crisi climatica e dalla fusione dei ghiacciai, che si ripercuotono sempre di più anche su flora e fauna. Tra le specie più a rischio ci sono i camosci che risentono sempre più degli effetti della crisi climatica. La diminuzione della quantità e della qualità del cibo disponibile rappresenta una condizione particolarmente critica, soprattutto a giugno, periodo in cui le femmine partoriscono e allattano e hanno un maggiore fabbisogno energetico. Ma anche lepre bianca, ermellino e pernice bianca.
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