La gestione di un conto corrente all’estero può far insorgere un dubbio: il trasferimento di denaro interno tra un rapporto bancario e l’altro – attraverso il cosiddetto giroconto – determina delle plusvalenze tassabili?
Spesso e volentieri aziende e privati cittadini possono avere un conto corrente all’estero, aperto per una miriade di motivi. Denaro detenuto legalmente all’estero, in una valuta diversa dall’Euro. Può capitare di dover trasferire dei fondi da un rapporto bancario all’altro: questa operazione quale impatto ha sul contribuente. A chiarire i dubbi in questo senso ci ha pensato l’Agenzia delle Entrate, che ha spiegato che il trasferimento contestuale e per pari importo di valuta tra due differenti conti correnti non è fiscalmente rilevante. Purché il titolare dei due rapporti bancari sia lo stesso soggetto.
Ma entriamo nel dettaglio e cerchiamo di capire cosa ha messo in evidenza l’AdE.
Conto corrente all’estero, il trasferimento di denaro
L’Agenzia delle Entrate, attraverso la risoluzione n. 60/E del 9 dicembre 2024, ha analizzato il caso di un contribuente residente fiscalmente in Italia, titolare di un conto corrente in valuta estera avente corso legale. Il rapporto bancario è stato aperto con un istituto oltre confine ed è soggetto agli obblighi di monitoraggio fiscale previsti dalla normativa in vigore.
Il suddetto contribuente decide di trasferire il denaro disponibile presso un nuovo istituto bancario all’estero. Allo stesso tempo decide di chiudere il precedente conto corrente e ne apre un nuovo.
A questo punto sorge un dubbio: l’operazione – che consiste nel trasferimento dei fondi – potrebbe rientrare nella nozione di prelievo di valute dal deposito o dal conto corrente ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lett. c-ter) del Dpr n. 917/196 (ossia il Tuir). Nel caso in cui la risposta fosse affermativa, l’operazione potrebbe essere oggetto di una tassazione.
Il contesto nel quale il contribuente si muove
L’AdE all’interno della sua risoluzione analizza, in via preliminare, la normativa di riferimento entro la quale ci si muove: nel caso in esame ci si riferisce alle cosiddette plusvalenze, che andrebbero a costituire i redditi diversi – previsti agli articoli 67 e 68 del Tuir -. Nello specifico si fa riferimento alle plusvalenze che si verrebbero a realizzare attraverso la cessione di valute estere a titolo oneroso.
Perché questa particolare operazione si realizzi ai fini pratici, è necessario che si concretizzino i presupposti individuati dal primo comma, lettera c-ter) dell’articolo 67 del Tuir, secondo il quale sono oggetto di tassazione:
Le plusvalenze, diverse da quelle di cui alle lettere c) e c-bis), realizzate mediante cessione a titolo oneroso […] di valute estere, oggetto di cessione a termine o rivenienti da depositi o conti correnti […]. Agli effetti dell’applicazione della presente lettera si considera cessione a titolo oneroso anche il prelievo delle valute estere dal deposito o conto corrente.
La disposizione che abbiamo appena visto risulta, sostanzialmente, essere coordinata con quella che il legislatore ha inserito all’interno del successivo comma 1-ter dell’articolo 67 del Tuir, la quale prevede che le citate plusvalenze:
Concorrono a formare il reddito a condizione che nel periodo d’imposta la giacenza dei depositi e conti correnti complessivamente intrattenuti dal contribuente, calcolata secondo il cambio vigente all’inizio del periodo di riferimento sia superiore a cento milioni di lire (51.645,69 euro) per almeno sette giorni lavorativi continui.
Nel caso preso in esame – e soprattutto per chiarire i dubbi dell’interpellante – è importante assimilare le cessioni a titolo oneroso al prelievo delle valute dal deposito o dal conto corrente. Gli eventuali prelievi effettuati da un contribuente sono assoggettati a tassazioni perché si vuole escludere l’ipotesi che il denaro, una volta ritirato dalla banca, possa essere utilizzato per effettuare degli investimenti, O, in alternativa, per effettuare delle operazioni al di fuori di un qualsiasi circuito tracciato. Il suddetto denaro può essere utilizzato, inoltre, per effettuare delle operazioni di cambio non monitorabili. Il motivo per il quale la valuta è sottoposta a tassazione è perché, una volta prelevata dal conto corrente, non è più possibile stabilire quando essa venga ceduta in un secondo momento.
Il trasferimento di pari importo.
La situazione diventa differente quando viene effettuato un trasferimento contestuale e di pari importo da un conto corrente all’altro. Nel momento in cui l’operazione viene effettuata dallo stesso soggetto e nella stessa valuta estera, non può essere ricondotta ai casi elencati al paragrafo precedente. Soprattutto quando non ci sono stati degli acquisti di prodotti finanziari o altre operazioni che siano riconducibili a delle attività di investimento.
Quando si viene a configurare questa ipotesi, la valuta rimane all’interno di un circuito tracciato, dove il contribuente è obbligato a rispettare dei precisi obblighi di segnalazione, tra i quali rientrano quelli connessi al monitoraggio fiscale. Si esclude, quindi, la possibilità che dopo il prelievo venga effettuato un investimento occulto di denaro.
Quanto abbiamo visto fino a questo momento è in linea in tutto e per tutto con i seguenti documenti dell’Agenzia delle Entrate, che si riferiscono alle criptovalute:
- risposta n. 397 del 1° agosto 2022;
- circolare n. 30/E del 27 ottobre 2023.
L’Agenzia delle Entrate cita un caso molto chiaro che si riferisce alle criptovalute e al trasferimento da una tipologia di wallet all’altra, situazione che non determina la tassazione dell’operazione. In altre parole quello che vale per le criptovalute vale anche per le valute a corso legale, nel momento in cui sono trasferite da un conto corrente all’altro. L’operazione non è soggetta a tassazione.
In sintesi
Quando si ha un conto corrente all’estero, il trasferimento di denaro detenuto in una valuta diversa dall’euro non è soggetta a tassazione. Purché le operazioni vengano fatte contestualmente: si preleva da una parte e si deposita dall’altra. L’importo deve essere lo stesso e il titolare dei due rapporti bancari deve essere lo stesso soggetto.
Nel momento in cui si viene a verificare questa situazione l’operazione non è soggetta a tassazione.
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