TRAPANI – Dalle passeggiate accademiche alla facoltà di Giurisprudenza di Palermo, a quelle tra i filari di viti, nelle loro vigne. Questo potrebbe essere l’incipit della storia di una nuova cantina, nata nella Sicilia Occidentale, la prima cantina urbana della città di Trapani.
Si chiama Feudo del Balio, perché la parola balio, dal latino baiulus poi bailus, era usata per designare un alto funzionario rappresentante dell’autorità politica, un giudice, un governatore. E i due amici, Giuseppe Rando e Giuseppe Perniciaro, soci e fondatori – che abbiamo conosciuto a Merano Wine Festival – nella loro vita professionale sono impegnati ogni giorno con carte e leggi da gestire. Sono due avvocati.
Ad unirli e a farli diventare grandi amici ci ha pensato l’esperienza universitaria, quella degli anni più belli, quando a lezione, presso la Facoltà di Giurisprudenza di Palermo, si ritrovavano a ridere ogni volta che il più temuto docente invitava qualche studente poco promettente a non perdere tempo e a tornare alla terra, per non togliere forti braccia all’agricoltura. Era un vero spasso quel teatrino a lezione. Chissà quale sarebbe stato il loro futuro, pensavano, sorridendo durante lunghe passeggiate, in facoltà, tra le colonne del chiostro del convento dei Teatini e la chiesa di San Giuseppe dei Falegnami.
Sottobraccio tomi di diritto, ma anche sogni e speranze tipiche di tutti i ventenni: cambiare il corso delle cose, cambiare le istituzioni dall’interno. E se fosse impossibile? Scherzando, ironizzavano perché non avrebbero potuto darsi neppure all’agricoltura: non avevano la terra.
Il destino o il fato li ha fatti ritrovare a Trapani, la loro città di origine, ormai affermati e stimati professionisti, uno nel settore della libera professione diviso tra la Sicilia e Roma, l’altro nell’impiego pubblico. E ironia della sorte, si rivedono mentre sono in attesa davanti il cancello di scuola dei figli, diventati compagni di classe. Sono trascorsi più di trent’anni e l’amore per il diritto non è mai cambiato, ma neppure quello per il vino, una seconda passione sempre più nutrita da corsi per sommelier, degustazioni e bottiglie condivise.
Dalle passeggiate accademiche a quelle tra i filari di vite è stato un attimo da lì in poi. Passato poco tempo, uno dei due riesce a trovare un terreno molto vocato tra Trapani e Paceco, da coltivare ex novo, in una zona vitivinicola, che, come dicono gli anziani autoctoni, è ‘benedetta dalla Terra e dal Cielo’. E propone all’altro di acquistare.
“Ammira, guarda quanto è bello qui, se non lo compriamo insieme lo compro da solo”. A parlare è Perniciaro. Rando risponde di getto con ironia e in dialetto trapanese: “Veramente jo viu sulu runze e babbaluci” (che tradotto è “veramente io vedo solo lumache e rovi”), ma accetta di pancia, perché in quell’istante hai già visto oltre quella selvaggia vegetazione e immagina che in quel posto si può creare bellezza.
Questo è solo l’inizio di una piccola nuova azienda, la prima cantina urbana di Trapani, nata quindi da pura passione, da amicizia e visione. Senza un passaggio generazionale. Con la sola voglia di fare il meglio, di fare vini d’eccellenza.
“In questa zona di Sicilia – racconta Rando – la lunga tradizione vitivinicola e le condizioni pedoclimatiche offrono già la possibilità di fare bene, se solo si ha rispetto del territorio. Non c’è nulla da stravolgere o da fare, basta solo rispettare ciò che la natura stessa offre in modo meraviglioso. Compito del viticoltore è rispettare il terroir, proteggere la vigna per la qualità dell’uva e preservarla, anche a costo di perdere quantità. Le nostre bottiglie, poche e numerate, sono frutto del nostro impegno, della nostra attenzione, della dedizione e del rispetto di ciò che abbiamo già. La conduzione in regime biologico della vigna e la biodiversità accolta e favorita tra le viti sono solo alcuni riguardi di un modo onesto, sostenibile e attento di approcciarsi al vino come produttori. Il resto si scopre nel calice”, spiega così il grande impegno di questi primi anni.
E per raggiungere quel livello di qualità i due amici si sono avvalsi fin da subito dell’esperienza di un grande enologo e agronomo italiano, Stefano Chioccioli.
La cantina al momento è una new entry nel panorama vinicolo siciliano, ma con le idee molto chiare. Tutt’oggi, dall’acquisto dei vigneti nel 2017 e dalla prima vendemmia, la 2022, è un cantiere aperto, con lavori in corso.
Nascerà fisicamente coma cantina urbana, dato che (al di là delle vigne che si trovano nelle campagne tra Paceco ed Erice), l’azienda fisicamente costeggia una strada di collegamento cittadino importante. Il progetto dei due amici è ampio e ancora in fase di start up per tutto ciò che riguarda la cantina.
Cuore dell’azienda è un’antica torre di avvistamento e difesa del XVI secolo che, recuperata e restaurata, diventerà il principale punto di accoglienza.
“La nostra idea è quella di farne simbolicamente, tutt’oggi, un simbolo di difesa, a tutela del bello, della salvaguardia ambientale, della bellezza paesaggistica e agricola”, affermano.
Gli ettari di nuova proprietà acquistati dai due produttori amici sono circa 22 nel trapanese, tra Paceco e Fulgatore. La produzione è volutamente piccola e tale vuole restare (saranno 15.000 le bottiglie nel 2024). La prima vendemmia è datata 2022. L’annata 2023 è stata saltata per una scelta dei produttori condivisa con l’enologo. “Non è stata una buona annata in Sicilia e non abbiamo imbottigliato. Non sarebbe stato coerente con la nostra idea di qualità”.
Ma c’è un’altra novità all’orizzonte: l’arrivo di un terzo socio, Mario Papotto, un altro amico avvocato appassionato di vino che ha portato Feudo del Balio e la sua filosofia nella parte orientale della Sicilia, sull’Etna, a Milo (Catania). Tutto è in divenire dunque per una nuova annata, la 2024, che regalerà grandi novità. Accanto ai vini del trapanese, tra i quali spiccano i Doc Sicilia Grillo Le Runze, il Nero d’Avola Torremurata e il Syrah Crete Alte, nasceranno altri nuovi vini con l’ingresso di un Doc Etna Bianco Superiore e di un Doc Etna Rosso. (red.)
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