Dopo il fallimento di Northvolt, l’Ue si affiderà alle batterie asiatiche?

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Il fallimento di Northvolt complica i piani dell’Ue per rafforzare la sua posizione nel settore delle batterie. In mancanza di grandi produttori locali, le case automobilistiche del continente si affideranno maggiormente ai gruppi cinesi e sudcoreani. Tutti i dettagli.

Il fallimento di Northvolt, la promettente startup svedese di batterie che a fine novembre ha però richiesto l’amministrazione straordinaria, complica i piani dell’Unione europea per rafforzare la sua posizione in un settore critico ma dominato dagli asiatici, e in particolare dai cinesi.

IL MERCATO DELLE BATTERIE E GLI OBIETTIVI EUROPEI

Con il Net-Zero Industry Act Bruxelles ha fissato un obiettivo di produzione interna del 40 per cento del fabbisogno comunitario annuo di batterie entro il 2030. Ma il collasso di Northvolt e le capacità limitate delle altre aziende native – come le francesi Verkor e Automotive Cells Company e la tedesca PowerCo – rendono estremamente difficile, se non impossibile, raggiungere il target senza fare ricorso alle tecnologie straniere.

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Il mercato globale delle batterie è dominato da un ristretto gruppo di società asiatiche: cioè dalle cinesi Catl e Byd e dalle sudcoreane Lg Energy Solution, Sk On e Samsung Sdi. Le più grosse gigafactory sul territorio europeo sono gestite proprio da Lg, Sk e Catl, che non solo detengono le competenze tecniche ma – è il caso soprattutto dei gruppi cinesi – hanno anche il controllo sulla filiera, fin dalle materie prime come il litio.

IL PIANO DELLA COMMISSIONE EUROPEA SUL TRASFERIMENTO DI KNOW-HOW

La Commissione europea pare aver preso coscienza della situazione. Come rivelato tre settimane fa dal Financial Times, infatti, Bruxelles ha intenzione di obbligare le società cinesi di batterie ad aprire fabbriche in Europa e a trasmettere il know-how alle imprese europee in cambio dell’accesso ai sussidi comunitari. Nelle intenzioni, questo trasferimento tecnologico forzato dovrebbe permettere di ridurre il divario di capacità tra il Vecchio continente e l’Asia, consentendo ai produttori europei di progredire più velocemente nella manifattura di questi dispositivi.

Ci sono due problemi, però. Il primo è che la Cina non pare disposta a cedere il proprio know-how, che le garantisce un vantaggio competitivo nel settore della mobilità elettrica. A settembre Bloomberg aveva scritto che il governo di Pechino aveva chiesto alle case automobilistiche nazionali di mantenere in patria le tecnologie critiche per l’elettrico (cioè le batterie) e di considerare gli stabilimenti all’estero come dei centri di assemblaggio.

Il secondo problema per Bruxelles è che non ci sono, al momento, aziende europee di batterie sufficientemente mature da “far fruttare” il know-how ricevuto dai cinesi per emergere come delle veri concorrenti: Catl e Byd, ma anche Lg e Sk, sono dei colossi; le startup europee non hanno raggiunto l’economia di scala.

“Lo sviluppo di questa capacità industriale è estremamente difficile perché tutto ciò avviene in un mondo in cui gli attori asiatici hanno grandi capacità organizzative e tecnologiche e sono abituate a una scala produttiva molto significativa, che risponde alle richieste del mercato”, ha spiegato a Startmag Alessandro Aresu, autore di Geopolitica dell’intelligenza artificiale.

IL CALO DELLE VENDITE DI AUTO ELETTRICHE…

L’emersione di un “campione europeo delle batterie” è ulteriormente complicata dal fatto che la domanda di veicoli elettrici è in calo; di conseguenza, diminuisce anche la richiesta di batterie e gli spazi per le startup europee si restringono.

Nei primi dieci mesi del 2024 le immatricolazioni di vetture elettriche nell’Unione europea sono scese del 4,9 per cento su base annua. E così PowerCo, l’azienda di batterie del gruppo Volkswagen, ha fatto sapere che realizzerà solo una linea di produzione nello stabilimento di Salzgitter, e non due. Automotive Cells Company, la joint venture tra Stellantis, Mercedes-Benz e TotalEnergies, ha sospeso i progetti di espansione in Italia e in Germania.

La situazione non è migliore fuori dall’Unione: nel Regno Unito la startup Britishvolt è fallita ancora prima di avviare l’impianto di Blyth (valore stimato: 3,8 miliardi di sterline).

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… E IL RIDIMENSIONAMENTO DEI PROGETTI SULLE BATTERIE

Il quadro generale, insomma, restituisce l’immagine di un settore in contrazione. Secondo un’analisi di Bloomberg, su un totale di sedici fabbriche di batterie pianificate in Europa da aziende europee, dodici sono state rimandate o cancellate. Al contrario, dieci dei tredici progetti guidati da società asiatiche, come Catl e Samsung, sono in fase di realizzazione.

“Produrre batterie è ancora difficile: requisiti di capitale elevati, prezzi competitivi e margini ridotti, il tutto in un ambiente di produzione ad alta precisione con clienti esigenti”, ha spiegato l’analista di Bloomberg Colin McKerracher, che ha aggiunto: “le aziende che sono davvero brave in questo campo sono in attività da molto tempo”, a differenza di quelle europee, nate di recente.

LE BATTERIE EUROPEE SARANNO ASIATICHE?

Non essendo dunque possibile, per le startup europee, replicare facilmente i processi produttivi delle società asiatiche né offrire i loro stessi prezzi, molte case automobilistiche hanno preferito rivolgersi a fornitori cinesi o coreani. Lo scorso giugno Bmw ha cancellato un contratto da 2 miliardi di euro con Northvolt per passare alle batterie di Samsung. Renault ha scelto il gruppo cinese Envision. Stellantis investirà fino a 4,1 miliardi di euro per un impianto di batterie al litio-ferro-fosfato in Spagna in collaborazione con Catl.



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