Buona domenica #poetrylovers; benvenuti all’ultimo articolo di questo infausto 2024!
In attesa del Nuovo Anno (che poi, considerando quanto poco cambi di volta in volta, mi chiedo cosa ci sia di “nuovo”) ho deciso di lanciare l’ennesima riflessione. Più pungente del solito forse, ma necessaria; sono abbastanza certa resterete esterrefatti almeno quanto me.
Qualche settimana fa, a Castellamonte, ho partecipato alla conferenza di chiusura della mostra “Eyes on Gaza: can you hear us?”, incentrata sull’andamento del massacro (termine più che adeguato) in Palestina. Ho avuto modo di ascoltare l’intervento di due insegnanti torinesi, invitate all’evento in qualità di relatrici, che hanno delineato un quadro confortante – almeno nelle intenzioni – eppure scioccante. Proprio sotto i nostri occhi, distratti da notizie di conflitti e crisi ambientale, succede qualcosa di oscuro di cui nessuno parla. O quasi.
Prima di addentrarci in argomento, qualche breve cenno al collettivo di cui le già citate professoresse fanno parte: “La Scuola per la pace”. Questa rete spontanea di docenti e cittadini è nata nel settembre 2022, tramite la sottoscrizione all’urgente appello per il cessate il fuoco in tutti i territori in guerra. Dopo il raggiungimento delle mille firme, si sono aggiunte decine di mozioni di scuole piemontesi. Il collettivo si è così evoluto in un “impegno permanente di mobilitazione e formazione”. A seguito della preoccupante escalation di violenza internazionale, della scarsa se non nulla azione politica e delle continue e legittime richieste di risposte da parte degli studenti – molto meno indifferenti al presente di quanto si pensi – gli insegnanti hanno deciso di fare qualcosa. E subito: dapprima incontri di scambio, poi collaborazioni con associazioni e gruppi attivisti locali, ancora corsi di formazione, interventi, dibattiti, assemblee, percorsi di educazione civica, scrittura di articoli e saggi; infine, le vere e proprie mobilitazione di piazza. Tra cui quella in piazza Carignano, a Torino, ogni sabato mattina.
Come sempre, la Rivoluzione parte dal basso.
Altro interessante organo civile di lotta pacifica, anch’esso di recente natale, è l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università. Lo scopo, puntuale, è di combattere con forza la “cultura della guerra” – suona bene come ossimoro, non trovate? – che sempre più s’infiltra tra le crepe (e le serrature) delle nostre scuole, dalla primaria all’università.
Come commentato da un altro relatore della serata, il saggista e giornalista Murat Cinar, la militarizzazione nelle scuole sta assumendo i connotati di uno tzunami, sommergendole. Un fenomeno falsamente formativo, distorto, che trova nel warwashing la sua espressione migliore.
Ed eccoci qui, amici, dritti al punto di ebollizione: l’inarrestabile e tragico ingresso in ambiente scolastico delle forze armate dovrebbe destare più di un sospetto e tanta, tanta paura.
Di quanti segnali abbiamo ancora bisogno? Inasprimento dei conflitti, finanziamenti immorali all’industria bellica e corse ad armamenti che non potranno mai essere utilizzati (incrociando le dita). L’inconfondibile puzza di bruciato; sentite anche voi quell’odore nauseante e pestilenziale che una sola parola al mondo emana: estremismo? Già.
Murat, obiettore di coscienza, ha condiviso con il pubblico video e fotografie scottanti, in cui si approfondiva la cultura militare all’interno di molti istituti scolastici statali. Due i casi emblematici: la Turchia, sua terra natia e Israele. Bambini e ragazzini appena adolescenti, durante la ricreazione e l’attività motoria – scandita come un addestramento – intenti a “giocare alla guerra”, inscenando arresti, marce e coreografie, linciaggi, uso delle armi e uccisioni. Pardon, omicidi.
Ecco come si inculca l’amore per la patria, oggi, nei regimi “democratici”: mascherando il buio di luce, con bambini in divisa intenti a sventolare la bandiera, indiscusso simbolo del bene, laddove invece funge da catalizzatore della violenza.
Non solo: i libri di testo nei regimi esaminati sono stati completamente manipolati, dipingendo le popolazioni non gradite in modo falso e distorto, disumanizzando chiunque non aderisca all’identità nazionale, inculcando nei più piccoli una realtà fatta di menzogne.
Quando un bambino cresce sentendo sulle mani il fascino della violenza e considerandola necessaria, assolutamente normale, quando il ruolo del soldato diventa il giusto e unico modello di vita a cui ispirarsi: cosa resta se non la sconfitta dell’intera società? Che ancora e superficialmente ragiona in termini di salvatori e invasori. Di martiri per la pace e terroristi. Di buoni e cattivi. Di morti ed effetti collaterali.
Non poteva non colpirmi e affondarmi, scoprire quanto gli insegnanti piemontesi si stiano adoperando instancabilmente per raccontare questa piaga strisciante. Nelle scuole italiane, la carriera militare è sempre più osannata, “presentata” durante le giornate di orientamento agli studenti come qualsiasi altro indirizzo di studi. Peccato non lo sia. Nemmeno lontanamente. Un normale. Indirizzo. Di studi. Non ci basta per rizzare le antenne? Sapevate che il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha strettissimi rapporti con il Ministero per la Difesa (vedasi il Protocollo d’intesa firmato lo scorso 7 agosto tra MIM e Stato Maggiore della Marina militare)? Che ci azzecca, verrebbe da chiedersi… E che i finanziamenti all’istruzione si sono aperti a privati, guarda caso pro-guerra, come la discussa azienda Leonardo? O che periodicamente si organizzano gite alle caserme e alle basi Nato invece di visitare il Museo Egizio o il lago di Candia, in cui persino alunni delle scuole materne sono addobbati con emetti e giubbotti antiproiettile, mentre adorabili soldati dal sorriso rassicurante mostrano a bambini di appena 4 anni come si smonta e rimonta una pistola? Ultimo ma non meno importante, gli ormai consolidati stage scuola-lavoro presso comandi delle forze armate. Ah, la guerra: che divertente passatempo!
Giù le mani dalle scuole. Giù le mani dai bambini e dai sogni dei nostri giovani, privati persino di immaginarselo, un futuro.
Che dire di tutti noi? Informiamoci, perché ciò che ho riportato succede proprio adesso, Italia inclusa, in maniera sempre più subdola. Smettiamo di pensare questa l’ondata di odio e violenza non ci riguardi, non sia importante per l’andamento delle nostre vite. Poniamoci domande, troviamo canali di informazione alternativi ai mass media e partecipiamo alle mobilitazioni di enti realmente impegnati nella lotta: alla menzogna, al profitto di chi guadagna sui deboli, alla violenza psicologica su intere generazioni.
Articolo 11 della nostra Costituzione: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.
La poesia di questa domenica è affidata a un baluardo della nonviolenza, Danilo Dolci: fu educatore, pedagogo, attivista e poeta.
POEMA UMANO
“C’è chi insegna guidando gli altri come cavalli, passo per passo: forse c’è chi si
sente soddisfatto così guidato.
C’è chi insegna lodando quanto trova di buono e divertendo, c’è pure chi si sente soddisfatto essendo incoraggiato.
C’è pure chi educa, senza nascondere l’assurdo ch’è nel mondo, aperto ad ogni
sviluppo cercando d’essere franco all’altro come a sé, sognando gli altri come
ora non sono; ciascuno cresce solo se sognato”
Questo verso in particolare:
“cercando d’essere franco all’altro come a sé”
Funziona sempre allo stesso modo: vogliamo vincere? Smascherare le manipolazioni? Dunque siamo onesti; guardiamole dritte in faccia! Descrivendo la realtà per ciò che è, porremo le basi per cambiarne l’involuzione, prima che ce la vendano per evoluzione.
Proprio come stanno facendo “La scuola per la pace” e l’“Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università”.
I nostri insegnanti, attenti agli sviluppi e intenti a nutrire mente e anima degli allievi a loro affidati, meritano rispetto e sostegno.
Tutti d’accordo?
Pensateci su.
Ci si vede nel 2025
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