“L’uomo è ciò che mangia”. Il primo a sostenerlo fu Ludwig Feurbach, filosofo di primo piano e persino caposcuola del materialismo tedesco. Aldo Quattrociocchi, ristoratore per vocazione, apprezzato e conosciuto ben oltre i confini della sua Ciociaria, concorda con il pensatore di Landshut.
Il rapporto con il cibo è indicativo della personalità di un individuo. Lui ne ha visti tanti esprimere il proprio estro attraverso l’esercizio abusato del mangiare. E da lui l’esercizio risultava comunque particolarmente gradevole, perché la qualità del cibo è sempre stata eccellente.
Ma andiamo con ordine, perché stiamo per raccontarvi una storia. Ed è la storia di un uomo che ce l’ha fatta a realizzare i propri sogni da bambino. Taluni sognano di diventare attori, star del rock o magari maghi della finanza. Altri spostano gli orizzonti verso il mondo della politica, altri ancora si immaginano osannati dalle folle perché numeri uno dello sport.
Aldo Quattrociocchi, alatrense nato nel 1950 da famiglia contadina, aveva un solo grande sogno: quello di aprire un ristorante e di appagare il gusto di clienti che condividessero con lui il piacere del buon cibo e di un locale accogliente. E quel locale avrebbe voluto aprirlo, proprio lì, ad Alatri, nelle adiacenze del terreno dei genitori. Era un’aspirazione legittima, ma per creare i presupposti c’era da compiere un percorso un po’ tortuoso, quello che si definisce un po’ semplicisticamente “far la gavetta”.
Il giovanissimo Aldo non si spaventò e, benché avesse mostrato già eccellenti qualità nel commercio e nell’allevamento del bestiame (“Una mia giovenca vinse un premio nazionale importantissimo e ne fui molto orgoglioso” – ricorda con un pizzico di malcelata soddisfazione -) decise di apprendere le capacità specifiche del mondo della ristorazione trasferendosi in capitale.
“Avevo 13 anni quando mi trasferii a Roma e feci tante esperienze all’interno di ristoranti e di generi alimentari importanti. La prima in assoluto fu “Da Ercole” in via Tacito; poi ancora giovanissimo, ho lavorato presso il noto ristorante in Via dei Gracchi “Il Matriciano”. Non riesco a descrivervi quel misto di stupore e curiosità che provavo nel vedere seduti ai nostri tavoli Sordi, Rascel, Gassman, Thomas Milian, Nino Manfredi.
Le immagini si affollano in quell’angolo dei ricordi che per ognuno è lo scrigno più prezioso: ad Aldo sembra di tornare lì e di adoperarsi in qualsiasi mansione, perché alla base della crescita deve esserci l’umiltà e la capacità di comprendere che per arrivare all’ultimo gradino, per conquistare la vetta, bisogna prima percorrere tutti gli altri, con solerzia e senza supponenza.
Nel 70 utilizza persino il suo anno di militare per incrementare le proprie conoscenze: è il responsabile dello spaccio e a Udine arricchisce la propria esperienza. Frequenta poi un corso presso i salumifici San Daniele e quando in Via Cola di Rienzo, da Franchi, si propone per un mese di prova a “Son Pietro”, gli bastano quindici giorni per convincere il titolare dell’esercizio. Addobba una vetrina natalizia con una decorazione fatta con il formaggio e anche stavolta vince un premio: 5mila lire ed una macchinetta fotografica. Impara a rapportarsi con la clientela e la parola d’ordine è persino banale: gentilezza, magari condita da un sorriso.
La palestra romana, tra generi alimentari e ristoranti di grande importanza, tra i quali quello dei “Fratelli Focacci”, in Via Cavour, forgia un ristoratore potenziale che ha finalmente la possibilità di aprire un locale tutto suo. In verità con Aldo ci sono i fratelli, Guido e Mario, che aprono sulla Monti Lepini il ristorante “Fratelli Quattrociocchi”. Siamo nel 1973, e curiosamente il giorno dell’apertura coincide con il 23esimo compleanno di Aldo, perché è il 16 dicembre che inizia la storia del locale frusinate.
Naturalmente un ristorante ciociaro non può non inserire nei propri menù le specialità che in Ciociaria sono da sempre apprezzate. Però, con pollo, abbacchio e coniglio cucinati in varia guisa, ecco la proposta, a mo’ di assaggio gratuito, di cannolicchi al salmone, spaghetti agli scampi ed altre specialità di pesce. Passano quattro mesi e il pesce diventa la peculiarità del locale. “Pesce rigorosamente fresco – ricorda Aldo – perché se vuoi farti apprezzare devi tutelare anzitutto la qualità. Avevamo una clientela variegata, con tanti apprezzati professionisti che spesso erano seduti ai nostri tavoli. Lavoravamo tanto e con grande entusiasmo e già nell’80 partì il progetto per quello che sarebbe stato il nuovo locale, che poi vide la luce il 28 dicembre del 1986.
Ed eccolo, il sogno che si realizza. Cosa ha pensato Aldo nel momento in cui “Le Tre Stelle” è entrato sulla scena della ristorazione ciociara, come lui immaginava quando poco più che bambino aiutava i genitori nelle occupazioni della campagna?
“Quando un’aspirazione si realizza c’è tanta soddisfazione, ma essa non deve mai trasformarsi in appagamento. Si deve sempre guardare avanti, per cercare di migliorare tutto ciò che è possibile”.
“Le Tre Stelle” raccoglie l’eredità del precedente esercizio e ne diventa forma compiuta ed evoluta: con Guido in cucina, Aldo in sala e Mario ai cocktail, le stelle brillano e tutto va per il meglio.
C’è però un episodio che in fondo è solo la testimonianza di come le eccellenze suscitino invidie e più o meno maldestri ostruzionismi.
Siamo nel luglio 88 e, di ritorno da una breve vacanza in Sardegna, Aldo Quattrociocchi “scopre” che il suo locale è indicato quale teatro di un episodio boccaccesco, con un compare di anello focoso e quantomeno suggestivo interprete del ruolo. Fatto sta che in Ciociaria e anche oltre i confini si racconta una storia di passione improvvisa consumata improvvidamente e con inopportuna lascivia nei bagni del locale tra questo singolare testimone e la sposina folgorata sulla strada di un richiamo ancestrale.
Del “bagno dell’amore” parlano tutti, non solo i giornali locali. Per Aldo inizialmente è uno shock, ma poi, consigliato in tal senso da amici fidati, lui usa l’arma dell’ironia nel rispondere a questi resoconti fantasiosi. Non c’è alcun bagno dell’amore, ma l’effetto boomerang è clamoroso, perché il Corriere della Sera dedica un’intera pagina a questo supposto e malizioso evento e perfino mamma Rai s’interessa alla vicenda che, come la maldicenza di una canzone di De Andrè, come una freccia dall’arco scocca e vola veloce di bocca in bocca.
Insomma, per Aldo subentra la filosofia del “purché se ne parli”, visto che il locale resta sempre pieno e che quel fatto diventa una leggenda metropolitana, uno dei tanti racconti così frequentati e percorsi da assurgere a verità.
Le Tre Stelle ospita tanti personaggi famosi, che finiscono nella galleria di foto che Aldo mostra con un pizzico di giustificato orgoglio.
La vicenda si chiude nel 2018, perché anche le storie belle hanno una fine, ma Aldo Quattrociocchi confessa che avrebbe ancora voglia di cimentarsi in quell’attività che lo ha visto protagonista per oltre 50 anni.
“Cosa consiglio a chi si accosta oggi alla professione di ristoratore? Massima cura delle divise, perché la pulizia e anche il gusto hanno la loro rilevanza. Eleganza, pulizia e massima cordialità con la clientela”.
Clienti scomodi o indesiderati hai mai dovuto gestirli?
“Forse sono stato fortunato, o magari sono stato bravo nel trovare il modo giusto per neutralizzare persone potenzialmente in grado di disturbare e di deviare dai binari della correttezza. Però devo dire che non ho mai avuto problematiche specifiche di rilievo. Qualcuno è scappato senza pagare il conto, ma non c’è ristorante che non abbia avuto nella sua storia episodi analoghi”.
Se non avessi fatto il ristoratore, c’è un mestiere che avresti svolto con analoga passione?
“No. Devo dirti in tutta sincerità che il commercio, e in particolare il mondo della ristorazione sono stati la mia naturale inclinazione. Un piccolo rammarico può essere legato al fatto che avrei voluto dedicare più tempo alla scuola e magari alla matematica, che tra tutte le materie era quella che più mi affascinava”.
La soddisfazione più grande però Aldo Quattrociocchi non la colloca nell’ambito della ristorazione, che pure gli ha dato tante gioie: “Credo che la mia vittoria più importante sia quella di aver costruito una famiglia. Ho una moglie straordinaria, due figlie e quattro nipoti. Sono le mie perle più brillanti e c’è un nipotino che sembra aver ereditato la mia passione. Chissà…”
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