Vediamo insieme come funzionano i nuovi coefficienti di trasformazione pubblicati dal Ministero del Lavoro
Maggiore è l’età del lavoratore, più elevati risulteranno anche i coefficienti di trasformazione.
Per i trattamenti di pensione liquidati a soggetti di età inferiore a 57 anni (assegno di invalidità, pensione ai superstiti) deve essere applicato il coefficiente di trasformazione previsto per i soggetti che abbiano compiuto i 57 anni.
Ogni due anni i coefficienti vengono aggiornati alla stima di vita della popolazione. E in genere, salvo rari casi, i coefficienti del biennio successivo diventano meno favorevoli dei precedenti, a meno che l’aspettativa di vita della popolazione non sia in calo rispetto ai due anni precedenti.
Ma quale rivalutazione si applicherà per il prossimo biennio?
È stato pubblicato il decreto n. 436 del 20 novembre 2024, adottato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, concernente la revisione biennale dei coefficienti di trasformazione del montante contributivo.
I nuovi coefficienti – che entreranno in vigore dal 1° gennaio 2025 – si applicano alla quota contributiva della pensione e, quindi, la revisione riguarderà:
- coloro ai quali si applica interamente il metodo di calcolo contributivo: dunque ai soggetti sprovvisti di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995;
- coloro che attivano l’opzione di calcolo tramite il sistema contributivo;
- coloro che rientrano nel perimetro di applicazione del metodo di calcolo misto;
- i soggetti contributivi “pro-rata”, vale a dire coloro che hanno almeno 18 anni di contribuzione al 31 dicembre 1995, per la quota di anzianità accreditata dopo il 31 dicembre 2011.
Di seguito si indicano i nuovi parametri, validi per chi andrà in pensione dal 1° gennaio 2025 al 31 dicembre 2026 e che prevedono una riduzione compresa tra l’1,5% ed il 2,18%, a parità di età anagrafica, rispetto all’attuale biennio:
- 4,204% 57 anni di età
- 4,308% 58 anni di età
- 4,419% 59 anni di età
- 4,536% 60 anni di età
- 4,661% 61 anni di età
- 4,795% 62 anni di età
- 4,936% 63 anni di età
- 5,088% 64 anni di età
- 5,250% 65 anni di età
- 5,423% 66 anni di età
- 5,608% 67 anni di età
- 5,808% 68 anni di età
- 6,024% 69 anni di età
- 6,258% 70 anni di età
- 6,510% 71 anni di età.
Ma, nel dettaglio, come funzionano questi parametri?
Il meccanismo di funzionamento è piuttosto semplice. Si ipotizzi un lavoratore che abbia iniziato a lavorare dal 1996 e abbia versato contributi per circa 7.000 euro annui per 20 anni, raggiungendo un montante rivalutato complessivo pari a 170.000 euro. Per convertire in pensione annua lorda tale importo basterà moltiplicarlo per il coefficiente di trasformazione relativo all’età in cui il lavoratore decide di uscire dal mondo del lavoro. È facile, quindi, notare come l’importo pensionistico aumenti all’incremento dell’età anagrafica. Se il lavoratore conseguisse la pensione a 62 anni otterrebbe, infatti, un importo pari a circa 8.151 euro lorde annue (170.000 x 4,795% = 8.151 euro); se conseguisse la pensione, invece, a 71 anni, tralasciando gli effetti della rivalutazione del montante, l’importo salirebbe a 11.067 euro annui (170.000 x 6,51% = 11.067€).
Nello stabilire il coefficiente da utilizzare bisogna tener conto anche delle frazioni di anno rispetto all’età dell’assicurato. In particolare la legge prevede che il coefficiente di trasformazione debba essere incrementato di tanti dodicesimi della differenza tra il coefficiente previsto per l’età immediatamente superiore a quella dell’assicurato e il coefficiente previsto per l’età inferiore, per quanti sono i mesi interi trascorsi tra la data di compimento dell’età e la decorrenza della pensione.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link