Arriva il taglio Ires del 4% per le imprese che reinvestono gli utili, un provvedimento chiesto a gran voce dal presidente di Confindustria Emanuele Orsini. Per le coperture da 400 milioni il governo bussa ancora alla porta delle banche. Oltre ai circa 6 miliardi di crediti d’imposta a cui dovranno rinunciare per i prossimi anni gli istituti (e le assicurazioni), ora arriva la richiesta di un ulteriore prelievo. L’emendamento abbassa dal 65% al 54% la quota di deducibilità delle svalutazioni e perdite su crediti. Il contributo a carico del settore bancario, solo per il 2025, salirebbe pertanto a 1 miliardo e 205 milioni. Fonti bancarie riferiscono tutto il fastidio per una decisione che non hanno ancora potuto analizzare. «Non abbiamo visto bozze, così non si può nemmeno valutare l’impatto», si dice. Nonostante il «buon rapporto» tra governo e Abi, la scelta lascia stupiti gli ambienti bancari che fanno trapelare il loro fastidio anche elencando, tra i vari «sacrifici», il 3,5% in più di Ires imposto ormai dal 2017.
L’aliquota sul reddito delle società passa dal 24% al 20% per le aziende che accantonano l’80% degli utili. Di questi, una quota di almeno il 30% deve essere rivolta a investimenti (non meno di 20 mila euro) per l’acquisto di beni strumentali. Per usufruire dello sconto, le aziende nel 2025 dovranno avere un numero di lavoratori non inferiore alla media del triennio precedente, non aver richiesto la cassa integrazione e saranno obbligate ad assumere a tempo indeterminato l’1% in più dei dipendenti.
Caos in commissione Bilancio
La manovra però è bloccata in commissione Bilancio alla Camera. Dopo che venerdì i lavori sono andati a rilento, ieri lo stallo, perciò è saltato l’obiettivo di chiudere nel weekend. Il cronoprogramma prevede un tour de force con seduta notturna domani e l’approdo in aula mercoledì. Il problema è del governo che, pur avendo pronte le nuove modifiche, le ha depositate solo a tarda sera. Il caos si è verificato perché l’esecutivo voleva consegnare un unico maxiemendamento con tutte le norme, mentre la procedura prevede misure da presentare singolarmente. L’opposizione lamenta i continui rinvii e l’assenza dei testi: «Si rasenta la mancanza di rapporti istituzionali, il governo non mantiene la parola data, Giorgetti venga in commissione a metterci la faccia», attacca la capogruppo del Partito democratico Chiara Braga. I nodi da sciogliere all’interno del centrodestra però sono anche di merito, ad esempio la norma sui revisori del Mef negli enti che ricevono più di centomila euro di soldi pubblici è una delle più delicate. Alla fine l’accordo raggiunto è questo: i controlli scatteranno solo per quelle aziende che percepiscono risorse statali oltre il 50% del fatturato e avranno l’obbligo di rendicontazione.
Ritocchi per le pensioni minime, una bandierina ben piantata da Forza Italia: per gli over 70 l’assegno sociale aumenta di 8 euro, passando così da 516 a 524 euro al mese. C’è il bonus elettrodomestici, una misura rivendicata dal Carroccio: 100 euro per chi sostituisce il frigo, la lavatrice o la lavastoviglie con apparecchi più efficienti. Fratelli d’Italia porta a casa una dote per la famiglia (con Isee inferiore ai 15 mila euro) con uno stanziamento di 30 milioni di euro per il rimborso delle spese per le attività sportive o ricreative dei figli.
La “norma anti Renzi”
Secondo una fonte, la “norma anti Renzi” – che vieta ai componenti del governo, ai parlamentari e ai presidenti di Regione di svolgere incarichi retribuiti in favore di soggetti non aventi sede legale o operativa nell’Unione europea – si applicherebbe anche a un ministro di Fdi e a un sottosegretario di Forza Italia.
È ancora forte l’eco della polemica sul rialzo degli stipendi dei ministri. Dure le opposizioni. «Avevamo chiesto il salario minimo per chi guadagna pochi euro l’ora, Meloni invece ha proposto il salario massimo per i ministri», sottolinea il leader del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte. Elly Schlein ricorda le priorità del centrodestra: «Bloccano il salario minimo e si alzano lo stipendio, nella manovra ci sono solo tagli».
Intanto i sindacati plaudono all’emendamento che dà continuità alle concessioni elettriche: «È un passo nella giusta direzione per valorizzare un settore strategico e garantire l’occupazione».
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