“I miei figli nati nello sport, le ferie parevano Olimpiadi”

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Una manciata di anni fa la vacanza della famiglia Berrettini “era una piccola Olimpiade”. Si partiva con “racchette, canoe…palloni” per una pausa all’insegna dello sport. Papà Luca e mamma Claudia Matteo e Jacopo li hanno tirati su così, con i valori dei campi e delle palestre sin da bambini. Oggi, dopo anni si vola ad Alicante per raggiungere i ragazzi, tornati ad allenarsi dopo qualche giorno di vacanza. Per Matteo è stato l’anno del ritorno dopo l’infortunio più duro di tutta la carriera. E ’The Hammer’ cos’ha fatto? Si è preso titoli, è risalito in classifica ed è diventato l’eroe della seconda coppa Davis azzurra in due anni, culminata in un tenero abbraccio con papà dopo la vittoria in finale.

Luca, cosa c’era in quell’abbraccio?

“E’ stato un gesto spontaneo, liberatorio, non solo per quella partita vinta, ma soprattutto per l’annata appena passata. Sono stati mesi passati in funzione di emozioni così. Ritrovarsi lì in finale di Davis dopo che nel 2023 Matteo aveva sofferto dalle tribune è stato veramente fantastico. Poi i miei figli negli sport di squadra si esaltano particolarmente, sono in grado di alzare il livello del loro tennis”.

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Matteo ha da poco ricevuto il premio Atp ’Comeback Player of the Year’, voi non avete mai dubitato del suo ritorno a così alti livelli?

“Ci abbiamo sempre creduto, nella sua carriera, tornando dagli infortuni, è sempre riuscito a vincere tornei e a risalire. Certo, quello patito agli Us Open è stato il più serio di sempre a livello mentale, si è sentito cascare il mondo addosso, ma Matteo è in grado di mettersi in discussione e ripartire ogni volta”.

Come lo avete aiutato?

“Ha le spalle larghe, noi gli siamo stati vicini per quanto potevamo, senza esagerare, senza stargli troppo addosso. Fra quanti lo hanno aiutato, un nome su tutti è quello di Umberto Rianna, coach federale che segue i ragazzi da tempo. Per Matteo è uno degli amici più stretti assieme a coach Alessandro Bega”.

E adesso potete godervi il Natale in famiglia…

“Sì, in realtà avrà tutto un ritmo un po’ serrato e giocheremo d’anticipo…”

Cioè?

“I ragazzi staranno ad Alicante fino al 22 dicembre. Poi torneremo tutti a casa per festeggiare in famiglia, il 22 con i ’miei’ e il 23 con gli suoceri. Insomma anticiperemo la notte della viglia di un giorno, perché poi il 24 mattina si parte per l’Australia. Matteo inizierà da Brisbane con la speranza di guadagnare punti per avere un tabellone migliore agli Australian Open, mentre Jacopo da metà gennaio”.

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La dura vita del tennista. Ormai ci sarete abituati, ma come ci è finita la racchetta in mano ai suoi ragazzi?

“Io ho sempre fatto tutti gli sport, poi a un certo punto ho iniziato a giocare a tennis. Loro mi venivano a vedere quando giocavo la serie C e la serie D. I primi dritti li hanno tirati che avevano 3 o 4 anni. Siamo cresciuti nel circolo della Corte dei Conti, loro intanto praticavano anche nuoto e altri sporti, così, ogni volta che andavamo in vacanza era come una piccola Olimpiade tanta era la roba che ci portavamo dietro”.

Poi?

“Matteo ha avuto un a piccola pausa dal tennis fra i 7 e i 9 anni. Gli piaceva molto il judo, uno sport che lo ha aiutato a ’educare’ il suo fisico, era già molto alto, poi, grazie a suo fratello Jacopo, è tornato ai campi e non li ha più lasciati”.

Ogni genitore spesso vede nei propri figli un campione, ma voi quando avete capito che sarebbero diventati dei professionisti?

“Abbastanza avanti. Abbiamo sempre cercato di rimanere con la testa sulle spalle senza esagerare. Jacopo all’inizio era quasi più famoso di Matteo, perché aveva vinto il Lemon Bowl. La vera svolta è arrivata per Matteo a 14 anni, con il passaggio al circolo Canottieri Aniene e l’inizio della collaborazione con Santopadre. Poi si è letteralmente sbloccato a 17-18 anni, quando fece finale ad Andria, battendo anche giocatori importanti”.

Quanti sacrifici si fanno per seguire due giovani sportivi?

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“Bisogna investire molto tempo e denaro. Ma non mi piace parlare di sacrifici. Perché rinunciare alle ferie, andare via in camper –- prima di allora non lo avevo mai fatto in vita mia – per tornei era comunque un motivo per stare tutti assieme”.

E a livello economico?

“Per fortuna avevamo un budget che ho deciso di impiegare visto il loro grande impegno, non tanto perché pensavamo al successo. Matteo a suo tempo ha ricevuto diverse proposte da parte di college americani con tanto di borsa di studio. Lui ci ha voluto provare qui in Italia, dove era più difficile. Una chance gliel’ho data e non ho nessun rimorso”.

La famiglia Berrettini cosa vorrebbe trovare sotto l’albero?

“La salute per Matteo e per Jacopo. Perché quando stanno bene hanno davvero un livello importante. Siccome in questo momento hanno fatto del loro sport, della loro passione un lavoro, gli auguro di fare una stagione senza ostacoli”.

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