Quanto incide la produzione di sneakers sull’ambiente? Ve ne parliamo in questo Magazine di TeleAmbiente.
Immettere nuovi modelli sul mercato, incoraggiare il consumismo per avere l’ultimo paio di scarpe alla moda. Se il fenomeno del fast fashion e l’industria della moda rappresentano sempre più un problema per l’ambiente, non è da meno l’industria calzaturiera. I marchi leader sono in gran parte di origine americana o europea, ma la maggior parte della produzione avviene in Asia, come mostra l’ultimo studio del World Footwear Yearbook.
Parlando di impatto ambientale, la produzione di sneakers pesa per l’1,4 per cento sulle emissioni globali di gas serra. Uno studio condotto dal MIT nel 2013 ha rilevato infatti che un paio di scarpe da corsa standard genera circa 13,6 chilogrammi di emissioni di CO₂.
“Foot Work”, ciò che le tue scarpe stanno facendo al mondo
Ogni anno vengono prodotte più di 24 miliardi di paia di scarpe. Il 90% finisce nelle discariche, dal momento che per lo più sono difficili da riciclare.
Tansy Hoskins, giornalista e scrittrice, nel suo libro “Foot work: what your shoes are doing to the world”, disponibile anche in italiano “Lavorare con i piedi. Ciò che le tue scarpe stanno facendo al mondo”, ha spiegato a TeleAmbiente come il mondo della calzatura, in fatto di sostenibilità, sia dieci anni indietro rispetto a quello della moda. L’autrice del libro da anni si occupa del rapporto malato tra moda, società e ambiente. In questo caso prende un oggetto della vita di tutti i giorni, un paio di scarpe, come chiave interpretativa per spiegare come funziona il nostro mondo globalizzato, tecnologico, inquinante, in rapida e costante trasformazione.
H&M, lo scandalo dei vestiti invenduti bruciati
Le grandi aziende sono in grado di mandare al macero prodotti nuovi invenduti piuttosto che scontarli. Nel 2017 il noto brand di moda low cost H&M finì sotto accusa per lo scandalo dei vestiti bruciati: parliamo di 12 tonnellate di vestiti all’anno, come sostenuto dagli autori di un’inchiesta del programma di una televisione danese.
Il gruppo del fast fashion avrebbe incenerito circa 60 tonnellate di abiti invenduti e ancora utilizzabili dal 2013 al 2017. H & M smentì ovviamente subito queste affermazioni. L’azienda dichiarò di bruciare solo vestiti che non possono essere venduti, regalati o riciclati, che sono inutilizzabili a causa di errori di produzione. Ci possiamo fidare?
I reporter dell’inchiesta hanno ribattuto che i vestiti inceneriti erano potenzialmente riutilizzabili. A sostegno di questa tesi, ci sarebbero le analisi di laboratorio effettuate su alcuni capi destinati alla distruzione.
Il problema di brand come H&M e del modello di fast fashion è l’idea che, se qualcosa non è più di moda, allora non può più essere venduto. E per apparire “sostenibili”, molte aziende dicono di riciclare i loro prodotti, ma a volte, come nel caso delle scarpe, accade che da materiali invenduti e bruciati vengono poi riciclati in altri prodotti. Da qui l’ipocrisia del riciclo, o quello che più propriamente oggi viene chiamato greenwashing.
Il nuovo regolamento Ecodesign introduce anche il divieto diretto di distruzione di prodotti tessili e calzature invendute. Una necessità che parte dal presupposto che ci sono aziende in Italia e in Europa che, piuttosto che scontare i prodotti non venduti, preferiscono distruggerli e poi riciclarli? Tra le novità del regolamento entro il 2030 ogni prodotto tessile venduto nei suoi confini dovrà avere un passaporto digitale. Questo fermerà le pratiche scorrette delle aziende? Lo abbiamo chiesto anche alla deputata PD Elenora EVi.
Cosa è la fast fashion e perchè è un problema per l’ambiente?
Il fast fashion è la moda ultraveloce che negli ultimi decenni ha rivoluzionato il modo in cui ci vestiamo. Capi a prezzi stracciati, collezioni che si rinnovano a una velocità impressionante e un modello di business basato sull’acquisto compulsivo.
In questo magazine di TeleAmbiente vi spieghiamo il lato oscuro della moda usa e getta.
Ecco alcuni documentari utili sul tema fast fashion.
Su Netflix è disponibile il documentario “Buy Now! The Shopping Conspiracy”, scritto e diretto da Nic Stacey, che svela il mondo dietro le quinte di grandi brand influenti, denunciando l’impatto ambientale e umano delle pratiche subdole del fast fashion.
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