Le stime relative all’andamento di fecondità, speranza di vita e flussi migratori fanno presagire un aumento del rapporto di dipendenza tra giovani e anziani “e un peggioramento del rapporto tra pensionati e contribuenti, con rischi evidenti per l’equilibrio del sistema previdenziale, soprattutto in presenza di livelli di spesa previdenziale di per sé elevati”. Lo si legge nel Rapporto “La natura delle entrate e delle uscite dell’Inps in rapporto alla dimensione previdenziale e assistenziale delle prestazioni” a proposito della situazione previdenziale in Europa presentato oggi. Secondo la prima parte dello studio curata dalla direzione centrale Studi e ricerche il rapporto tra soggetti con più di 64 anni e soggetti con un’età compresa tra i 20 e i 64 anni in Ue nel 2022 è stato pari al 36% con i valori più elevati registrati in Italia (41,0%) e Portogallo (41,2%). Ovviamente nel caso di squilibri lo Stato interviene con trasferimenti all’Inps come sempre avvenuto finora.
In Italia, nel 2023 , spiega il Civ dell’Inps, “lo stock di pensioni è rimasto sostanzialmente invariato. Sebbene una quota crescente delle pensioni venga liquidata in regime contributivo, ed è quindi legata ai contributi versati nell’arco della vita lavorativa dai beneficiari, permane la questione della sostenibilità in quanto il sistema di finanziamento delle prestazioni è a ripartizione, ovvero i contributi ricevuti in un determinato anno sono utilizzati per erogare i trattamenti pensionistici dello stesso anno. Se l’importo delle prestazioni erogate supera i contributi versati da lavoratori e imprese si determina uno squilibrio strutturale del sistema che deve essere compensato e ciò generalmente avviene con trasferimenti dello Stato a carico della fiscalità generale”. Lo squilibrio “può derivare dalla generosità delle prestazioni, frequente nel caso di prestazioni determinate con il metodo retributivo e quindi slegate dall’entità dei contributi versati dal lavoratore, ma anche dall’invecchiamento demografico per cui si registra un aumento delle prestazioni pensionistiche da pagare non controbilanciato da un aumento della contribuzione”. In Italia l’età mediana è di 48,4 anni (la metà della popolazione è più giovane e l’altra metà più vecchia) ed è cresciuta di quattro anni negli ultimi cinque. E’ di oltre quattro anni superiore alla media europea (44,5 anni). All’aumento dell’età mediana hanno contribuito da una parte un calo della fecondità, dall’altro un aumento della speranza di vita. L’Italia ha il terzo tasso di fecondità più basso in Ue (1,24) dopo Malta e Spagna e la speranza di vita a 65 anni più alta dopo Spagna e Francia pari a 21,5 anni. “Un ulteriore fattore di rischio per l’equilibrio del sistema pensionistico – scrive il Civ – è la recente pressione inflazionistica che negli ultimi due anni ha fatto crescere la spesa previdenziale per effetto degli adeguamenti delle prestazioni all’aumento del costo della vita. D’altra parte, la crescita economica modesta non ha consentito un aumento della contribuzione per far fronte alla spesa più elevata”. Nell’ambito di un confronto internazionale, la spesa italiana per trattamenti previdenziali è storicamente superiore alla media sia europea che dei Paesi Ocse. Nel 2021, l’ultimo anno per cui vi sono dati confrontabili si è attestata al 16,3% del PIl, inferiore solo a quella della Grecia, a fronte di una media europea del 12,9% . L’elevato livello di spesa per pensioni riflette due caratteristiche del sistema previdenziale italiano. La prima riguarda l’età di pensionamento: nonostante l’età per l’accesso alla pensione di vecchiaia sia a 67 anni, il livello più alto nell’Unione Europea, l’età effettiva di pensionamento è ancora relativamente bassa (64,2), a causa dell’esistenza di numerosi canali di uscita anticipata dal mercato del lavoro. La seconda è la generosità del sistema con il tasso di sostituzione rispetto all’ultima retribuzione al 58,9%, circa 14 punti superiore alla media Ue.
Civ Inps,spesa pensioni a netto assistenza e fisco 11,9% Pil
Nel 2023 la spesa per le pensioni ha raggiunto i 317 miliardi, pari al 15,2% del Pil. Al netto delle prestazioni strettamente assistenziali (ma al lordo delle imposte e delle prestazioni legate al rispetto di soglie di reddito), la spesa per pensioni sarebbe pari a 303 miliardi di euro, pari al 14,5% del Pil. Escludendo contemporaneamente le prestazioni assistenziali (non basate sui contributi), quelle legate al rispetto di soglie di reddito (come per esempio, la quattordicesima ai pensionati) nonché le ritenute fiscali su tutti i trattamenti, la spesa sarebbe di 249 miliardi, pari all’11,9% del Pil. È quanto si legge in uno studio presentato oggi dal CIV dell’Istituto secondo il quale la spesa pensionistica al netto delle ritenute fiscali in rapporto al Pil è comunque superiore a quella registrata nel 2019, prima della pandemia (11,8%).
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