L’intervista a Massimo De Salvo presidente di Confapi Matera: “Le piccole imprese lucane sono una garanzia. Dalla Regione ci aspettiamo che sia più presente”
«La grande industria può andar via e delocalizzare ma la piccola rimane sul territorio e siamo noi la vera risorsa». Massimo De Salvo presidente di Confapi Matera tracciando un bilancio e guardando al futuro parte sostanzialmente di qui. Da un dato che vede le piccole imprese come roccaforte economica del territorio, chiede maggiore attenzione e investimenti più equilibrati alla Regione, recrimina per le risorse perse per il Sud da parte del Governo, considera la Zes “un’occasione persa” oltre a ribadire i ritardi nei pagamenti della pubblica amministrazione alle imprese soprattutto per quel che riguarda il Pnrr. In un trend generale che oggi per le piccole imprese materane è in crescita ma che necessità di una politica di accompagnamento adeguata ad iniziare dal turismo.
Qual è oggi il momento delle piccole imprese sul territorio della provincia di Matera. C’è un trend in crescita e quali sono le necessità che percepite?
«La situazione è in continuità con la storia del nostro territorio cioè le piccola e media imprese sono il motore trainante della provincia di Matera. La grande industria è di passaggio mentre le piccole imprese restano. La piccola e media impresa sta crescendo. Lo dimostra il fatto che molte imprese cercano personale per cui vuol dire che si lavora. Di cassa integrazione nelle piccole imprese se ne vede molto meno rispetto alle grandi imprese.
Noi siamo convinti che la risposta alla crisi è far crescere le piccole imprese».
Segno positivo a fine 2024 quindi per le piccole imprese?
«Sicuramente abbiamo sofferto meno con l’eccezione forse del turismo dove per questioni legate più a politiche di crescita e non agli imprenditori ci sono dati alterni. Si è visto l’avvio di periodi morti che in precedenza non si vedevano e che richiedono nuove politiche per il settore che non interessano solo Matera ma tutta la Basilicata».
Quali sono le sensazioni che voi avete sul turismo dove pur con dei distinguo legati soprattutto alle presenze ma i numeri assoluti paiono comunque positivi?
«Voglio semplicemente evidenziare che ci sono dati come i pernottamenti che vanno tenuti in considerazione. Lo vediamo dagli alberghi che in molti mesi hanno sofferto e vediamo che sta cambiando anche la qualità del turismo qui a Matera. Il turismo va visto in tutta la provincia e si comprende che c’è la necessità di una diversa politica turistica che allarghi l’offerta anche ai paesi interni della Basilicata. In modo che questi paesi non si svuotino più. Poi l’idea deve essere questa di vivere meglio il futuro riportando ad esempio l’industria cinematografica in città che ti serve perché ti fa da volàno anche dopo e non solo durante i film che vengono girati».
Stando ai numeri degli arrivi la provincia di Matera rappresenta il 75-80% degli arrivi turistici dell’intera Basilicata. Gli investimenti regionali sono proporzionati a questo tipo di dato?
«Ci farebbe piacere che così fosse. Ci farebbe piacere sapere come viene distribuito l’investimento turistico. Io credo che non si possano destinare soprattutto risorse a pioggia in maniera insensata che finiscono per limitare aspettative turistiche nella nostra provincia. Ma ciò che ci serve rimane una politica turistica che fa crescere tutta la regione».
Si parla spesso anche in campo turistico della necessità di eventi mirati per destagionalizzare ma anche in qualche caso della mancanza di spirito di iniziativa degli imprenditori turistici. Perché non prendono direttamente l’iniziativa e si aspetta solo il pubblico?
«E’ giusto che le risorse del pubblico vengano spese per investimenti e devono essere spese in maniera produttiva. Gli imprenditori possono anche fare molto ma serve poi anche una spinta più grande che non può essere legata a singoli soggetti o a singole situazioni. Noi abbiamo bisogno di strutturare una politica generale e regionale per avvicinare i turisti alla Basilicata. Non servono situazioni estemporanee ma serve un intervento più grande. E poi c’è una questione che riguarda anche le strutture che devono garantire ad esempio agli imprenditori di poter organizzare degli appuntamenti. Come nel caso ad esempio di un’area fiere che avevamo chiesto in passato ma di cui non c’è traccia».
«Non si è normalizzata la situazione dei ritardati pagamenti che non riguarda solo la pubblica amministrazione ma anche privati e privati. Ovviamente è una piaga importante. Se poi consideriamo la stretta che c’è stata da parte degli istituti bancari questo ha penalizzato ancora di più le piccole imprese. Ora bisognerà capire il quadro europeo della questione. Sul territorio poi ci sono ritardi evidenti per quanto riguarda i pagamenti delle opere del Pnrr.
Questi ritardi vi creano difficoltà nella quotidiana gestione dell’impresa e magari anche nel pagamento degli stipendi ai lavoratori?
«Gli stipendi sono la prima cosa che oggi l’imprenditore paga per la mancanza di manodopera e dunque i collaboratori si tengono stretti. Le sofferenze al massimo possono esserci altrove. E’ chiaro però che i problemi ci sono per la stretta finanziaria e i ritardi nel pagamento».
Parlando di Matera città qualche giorno fa monsignor Caiazzo sottolineava la mancanza di attenzione per il territorio materano a livello regionale. Voi avete una percezione uguale? Siete d’accordo?
«Il problema c’è. Non vogliamo metterla sotto un punto di vista campanilistico. E’ lontano da noi. Ma è stato sollevato un problema che c’è. La Fondazione Matera Basilicata 2019 è l’emblema di una struttura oggi completamente depotenziata e senza dotazioni finanziarie sufficienti. Noi abbiamo richiesto al presidente Bardi di vivere la città e la provincia di Matera a partire da una presenza fisica del presidente e della sua squadra fino a gesti tangibili che l’imprenditore deve riconoscere.
Poi è chiaro che sotto il profilo della politica economica l’imprenditore che soffre è in tutta la regione perchè se per emettere un bando di sostegno agli investimenti ci vogliono anni e poi per la conclusione degli investimenti altri anni non è una questione territoriale ma di tutta la regione.
Serve ricominciare ad avere una politica di sviluppo nei confronti della piccola e media industria perché è l’unica che rimane sul territorio in cui nasce e non va a delocalizzarsi altrove. In passato abbiamo visto che imprese pugliesi sono venute a investire in Basilicata, a Jesce e La Martella perché c’erano vantaggi e sostegni migliori rispetto alla Puglia ad esempio.
Ma sulle aree industriali bisogna investire e la possibilità di avere quantomeno gli stessi aiuti delle altre regioni obiettivo 1 è una necessità chiara».
Matera città si avvia verso una campagna elettorale per le Comunali ci sono delle proposte che Confapi richiederà al futuro sindaco della città?
«Noi stiamo elaborando un documento con dei punti chiari, diciamo dieci, da sottoporre a tutti i candidati a sindaco. Un esempio che abbiamo sempre sollevato è la doppia imposizione nelle aree industriali per cui le imprese pagano la Tasi al Comune e per le stesse spese e oneri pagano la manutenzione al Consorzio. C’è una legge regionale che prevede che questi lavori passino ai Comuni ma i Comuni non l’hanno ancora preso in carico lasciando l’onere dell’intervento al Consorzio. Ma di fatto dal 2014 le imprese pagano due volte. Finora abbiamo trovato ostacoli che si sono rivelati insormontabili».
Qual è il giudizio che date dell’Amministrazione Bennardi e dei suoi quattro anni di lavoro?
«Le aspettative c’erano all’inizio perché quando si parla di un cambiamento di impostazioni e di approccio verso il mondo imprenditoriale c’era una grande aspettativa. Poi purtroppo c’è stato uno scollamento dell’amministrazione verso le associazioni datoriali e non siamo più riusciti a portare le nostre idee e a fare in modo che venissero quantomeno valutate. Non è una valutazione positiva quella che noi possiamo dare. Non è più possibile immaginare che ci si attivi nell’ultimo anno di consiliatura per dare risposte ai cittadini ma bisogna farlo dal primo giorno».
Ci sono elementi nazionali di carattere contributivo che vi stanno in qualche modo penalizzando e vi preoccupano?
«La questione Sud è palese e ha elementi oggettivi e reali. Negli ultimi due anni abbiamo perso il bonus Sud sostegno agli investimenti, abbiamo visto depotenziare industria 4.0 che dal prossimo anno non ci sarà più. Tutte e due questi sostegni sarebbero stati sostituiti dalla 5.0 che ha risorse importanti ma inferiori. Ed il vero problema è la macchinosità di presentare un investimento che possa usufruire di questa agevolazione e che non arriverà mai agli altri due in termini totali. La decontribuzione Sud sul sostegno alle assunzioni non è presente nella nuova finanziaria del prossimo anno. Già solo queste azioni dimostrano una scarsa volontà di investire sul Sud. Eppure il Sud oggi cresce più delle regioni del Nord Italia e oggi stiamo dimostrando che le imprese del Sud sanno lavorare bene».
In questo contesto la Zes cosa rappresenta un’occasione o un’occasione persa?
«E’ palesemente un’occasione persa, non voglio dire una presa in giro ma certamente un’occasione persa. Perché un imprenditore che partecipa ad un bando pubblico non può pensare ad un investimento senza sapere quale è il beneficio che riceve. Parliamo di un business plan di un progetto finanziario che deve avere numeri concreti per poter essere portato avanti. E la Zes unica è un passo avanti? Ci sono due elementi. Uno positivo è che si eliminavano i problemi di perimetrazione delle aree Zes perché questo passaggio creava difficoltà che hanno frenato la Zes per cui una soluzione unica migliorava la situazione. E poi le aree del mezzogiorno hanno problemi comuni. Quindi da quel punto di vista con risorse sufficienti e regole del gioco chiare era un passo in avanti. Ovviamente con risorse tagliate e territori ampliati questo ha portato ad un potenziale contributo dell’8% poi elevato al 16%. Si spera di arrivare al 30 per cento ma a posteriori questa è una sconfitta. Parecchie imprese stanno rinunciando agli investimenti perché hanno avuto pochissimo tempo per realizzarli. La proroga richiesta non è stata concessa e questo probabilmente consentirà al governo con le rinunce di aumentare la percentuale. E il problema si riproporrà allo stesso modo nel 2025. Inoltre poi la percentuale di aiuto della Zes unica deve essere uguale per tutti, non che poi alla fine la Basilicata si ritroverà con un potenziale contributo inferiore. Quindi le regole del gioco devono essere uguali per tutti».
C’è un problema di manodopera in molti settori dal turismo all’edilizia e ad altri settori?
«E’ un problema uguale in tutta Italia. Al Sud ancora di più perché ci sono studenti che vanno a studiare al Nord e una minima parte ritorna a casa. Lì addirittura si crea il paradosso che i nostri figli vanno via portando un contributo lavorativo altrove. Io penso che una maggiore sinergia tra mondo delle Pmi e l’Unibas e le stesse scuole potrebbe convincere molti ragazzi a rimanere in questo territorio. Noi vogliamo sensibilizzare questi ragazzi e fargli capire che c’è una realtà imprenditoriale in crescita e un tenore di vita meglio sostenibile rispetto ad altre realtà del Nord».
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