Ultime notizie dal fronte bellico bancario! Come in un film Luce – L’unione Cinematografica Educativa del ventennio – il Comandante Orcel dell’italiana Unicredit ha dichiarato guerra per la conquista della germanica CommerzBank.
La Germania, promotrice della Unione Europea finché va a trazione teutonica, reagisce innalzando le barriere diplomatiche con una ideale linea Maginot a difesa. Il tutto in nome della tutela della supremazia della razza ariana bancaria. Nel mentre il Governo italiano nicchia imbarazzato auspicando la formazione di un sistema unico finanziario europeo che metta tutti d’accordo. Di rimessa il Comandante Orcel, con una manovra diversiva da fine stratega, attacca BPM, banca italo-lombarda, condotta dall’italianissimo Castagna, lanciando una Offerta Pubblica di Scambio tesa alla fusione per diventare la prima banca europea. Quella stessa BPM che alcuni partiti dello stesso governo italico avevano individuato come lo sposo giusto per la debole MPS, rinata grazie alla cura da cavallo somministrata dall’AD Lovaglio.
Si sarebbero potuti prendere due piccioni con una fava: si faceva cassa, sempre gradita in questi tempi di magra, recuperando parte dei capitali pubblici investiti a suo tempo per evitare il default e si diversificava l’offerta bancaria, creando l’agognato terzo polo. Ma così sembra non andare e il Capitano leghista non ci sta e insorge prontamente rompendo gli indugi e aprendo una frattura interna al fronte italico con l’apparente stupore del suo stesso ministro delle finanze.
Il terzo polo bancario, dopo Intesa Sanpaolo e Unicredit, appare più lontano; sarà la maledizione del famigerato «abbiamo una banca» che vide soccombere anche Consorte & Fassino, compagni della sinistra, ai tempi in cui Unipol sperava di aver acchiappato la debole preda BNL. In questi giorni le diplomazie sono al lavoro per cercare un armistizio. Vi terremo aggiornati nelle prossime puntate.
E sul fronte regionale pugliese? Cosa accade? Se al Nord Italia si fa guerra, al Sud si pensa a fare la pace, ma non ancora l’amore. All’insegna del «volemose bene».
Al Sud sono rimaste, ahimè, solo le banche less significant; quelle che, per dimensione, non possono creare problemi sistemici e sono soggette al controllo di Banca d’Italia sotto l’egida della Bce; a parte la rete delle Bcc che rappresentano un ircocervo tutto italico «grazie» all’invenzione del contratto di coesione di renziana memoria. Tutte le banche, indiscriminatamente, escono rafforzate da una chiara cura ricostituente imposta dalla Bce a suon di innalzamenti repentini dei tassi negli ultimi due anni. Hanno tutte fatto cassa a scapito di imprese e famiglie. Ma mentre quelle di serie «A», le significant, mostrano indicatori economici e patrimoniali in salute che gli consentono di distribuire ricchi dividendi ai soci, quelle di serie B, le less significant, pensano a mettere fieno in cascina per mostrarsi più solide e affidabili oppure per leccarsi le ferite di anni di magra passati. Ogni banca di serie «B» ha un proprio modello di business adeguato al territorio e alla propria clientela rappresentata prevalentemente da soci.
Tutte hanno un indubbio pregio: stanno mantenendo le posizioni, spesso incrementando la presenza fisica dove invece le banche di serie A, alla ricerca spasmodica di efficienza produttiva, stanno arretrando a vantaggio di una maggiore «presenza» virtuale imposta da modelli di transizione digitale.
Ma il territorio regionale, che come quello nazionale in genere, non spicca per indice di informatizzazione (DESI), è costretto a fare di necessità virtù e ad interpretare ancora in modo artigianale il modello di banca tradizionale meno evoluto mostrando indici patrimoniali invidiabili ma rapporti di produttività meno entusiasmanti. Del resto anche le micro imprese, spesso digitalmente opache, apprezzano questa evoluzione poco spinta sebbene siano quelle che più soffrono la inesorabile e costante riduzione del flusso di credito. Quelle meno soddisfatte sono le piccole e medie imprese che meriterebbero una assistenza più costante per crescere.
Eppure la regione Puglia potrebbe essere un laboratorio nell’ambito del mercato bancario del Sud. Il panorama bancario pugliese ci offre la presenza di ben 3 banche popolari; due private, la BPPB e la BPP, una pubblica, la neo ridenominata BdM, già BPB. Insieme potrebbero assumere la dimensione di banca significant e dotare finalmente il territorio regionale di un player di respiro nazionale con la testa qui da noi, in Puglia. Potrebbero porsi come interlocutore privilegiato per tutte le piccole e medie imprese locali che hanno tutte le carte in regola per poter consolidare la propria dimensione e consentire all’economia regionale il rafforzamento tanto atteso.
I presupposti ci sono tutti: imprese che hanno imparato ad andare sulle proprie gambe nonostante l’atavico deficit infrastrutturale, una Regione fra le più attente a promuovere l’innovazione con un atteggiamento amico verso le imprese, una rete di confidi pronti a mettere a fattore comune assistenza e garanzie grazie alle dotazioni patrimoniali storicamente detenute. Probabilmente è il sistema bancario locale che non è pronto.
Gli attori sembrano mostrare ragioni e obbiettivi non omogenei; con una banca pubblica, certamente la più grande fra le tre ma probabilmente quella con un processo di ristrutturazione ancora in divenire, rinata con una mission aggregativa ancora poco chiara. Con due banche private che, pur se perfettamente addizionabili senza grandi sovrapposizioni, appaiono ancora più intente a non farsi guerra che a fare sforzi costruttivi per cercare di superare la propria identità territoriale.
Ci vorrebbe la determinazione e l’orgoglio per fare il salto di qualità rinunciando alla propria confort zone. Così potremmo finalmente dire a ragione: «Noi siamo da serie A».
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link