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Carabinieri fermano 23 persone tra Agrigento e Porto Empedocle e in altri comuni del territorio agrigentino. È scattata all’alba di oggi, 17 dicembre, l’operazione dei Carabinieri del Comando Provinciale di Agrigento che, in esecuzione di un provvedimento di fermo di indiziati di delitto emesso dalla Procura della Repubblica di Palermo, Direzione Distrettuale Antimafia, ha permesso di sottoporre a fermo 23 indagati, tutti cittadini italiani, gravemente indiziati, a vario titolo, di appartenere all’organizzazione mafiosa “cosa nostra” e di far parte di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.
I soggetti destinatari del decreto di fermo sono 30. Quattro di loro si trovavano già in carcere, mentre tre si trovano all’estero. L’accusa è, a vario titolo, di detenzione, spaccio e traffico di droga aggravato dal metodo mafioso e danneggiamento.
Il provvedimento trae origine dalle attività d’indagini, svolte dal mese di dicembre 2021 ad oggi dal Nucleo Investigativo del Reparto Operativo Carabinieri di Agrigento e dirette dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, aventi ad oggetto la ricostruzione dell’organigramma e delle attività criminali delle famiglie mafiose di Porto Empedocle e di Agrigento/Villaseta, facenti probabilmente capo, rispettivamente, a Fabrizio Messina di Castelvetrano, 49 anni, Fabrizio Messina di Porto Empedocle, fratello del capomafia Gerlandino, e a Pietro Capraro, di anni 39, entrambi pregiudicati.
L’inchiesta in seguito alla quale oggi i Carabinieri fermano 23 persone dimostra come, pur essendo stata sensibilmente intaccata nel corso degli anni da varie operazioni, “cosa nostra” agrigentina è tutt’oggi pienamente operante, dotata di ingenti disponibilità economiche e di numerose armi, in un contesto caratterizzato da un’instabilità degli equilibri mafiosi faticosamente raggiunti nel tempo, cui si aggiungono i sempre più pericolosi, persistenti e documentati collegamenti tra gli associati ristretti all’interno del circuito carcerario e gli ambienti criminali esterni.
Accertato un sistematico utilizzo di apparecchi telefonici da parte degli uomini d’onore, o di soggetti contigui al sodalizio, durante i rispettivi periodi di detenzione, lasciandone in tal modo inalterate le capacità di comando e consentendo loro di mantenere i contatti con i correi in libertà e di impartire ordini e direttive.
Secondo la Dda di Palermo e i Carabinieri, è emersa in modo evidente la capacità dell’associazione mafiosa di controllare le dinamiche criminali del territorio, essendo stati raccolti chiari elementi dimostrativi della commissione di numerosi reati (estorsioni, detenzioni di armi, incendi e danneggiamenti) tutti realizzati avvalendosi delle condizioni di cui all’art. 416 bis c.p.
L’attività investigativa alla cui conclusione oggi i Carabinieri fermano 23 persone ha permesso di ricostruire nel dettaglio i retroscena in cui operavano i sodali che, avvalendosi della forza di intimidazione derivante dall’appartenere a “cosa nostra”, avevano costretto l’amministratore di una società aggiudicataria dei lavori di raccolta e di trasporto di rifiuti nel Comune di Agrigento ad assumere quali operai almeno cinque persone a loro legate per vincoli familiari o comunque di loro fiducia; avevano imposto al legale rappresentante di una società di carburanti ad interrompere il rapporto lavorativo con un dipendente per sostituirlo con un’altra persona a loro gradita; avevano dato fuoco, al fine di danneggiarli, a due autocarri intestati a una ditta di costruzioni. Ed ancora, costringevano l’amministratore della società aggiudicataria dei lavori di riqualificazione della Piazza della Concordia del quartiere di Villaseta, ad assumere un operaio, persona a loro gradita; atteggiamento adottato anche nei confronti della ditta aggiudicataria in subappalto degli stessi lavori, costretta ad assumere operai a loro graditi. Accertata anche una rapina presso il distributore DB di Villaseta, fruttata la somma di 400 euro, sottratta con violenza e minaccia al dipendente; mentre, il titolare di un bar di Agrigento ed i suoi dipendenti, erano costretti ad erogare loro cibi e bevande senza pagarne il corrispettivo; ed ancora costringevano, mediante ripetuti atti di violenza e minacce esplicite, il titolare di un esercizio commerciale di Agrigento a corrispondere loro mensilmente la somma di 1.000 euro.
Sempre secondo quanto ricostruito dai Carabinieri è stato dato alle fiamme, al fine di danneggiarlo, un furgone intestato ad una rivendita di bevande di Porto Empedocle; esplosi diversi colpi d’arma da fuoco nei confronti della saracinesca del medesimo rivenditore; esplosi, quale azione dimostrativa a scopo d’intimidazione, diversi colpi di arma da fuoco in direzione della porta d’ingresso dell’abitazione di un uomo di Agrigento, resosi colpevole di aver avuto un litigio con il figlio di uno dei sodali.
Alla luce di quanto accertato dagli inquirenti, gli esponenti di vertice delle famiglie mafiose di Porto Empedocle e Agrigento-Villaseta risultano, inoltre, avere diretto e promosso due ulteriori distinte associazioni dedite al traffico di sostanze stupefacenti che hanno acquisito in piena sinergia tra loro, il monopolio di tale redditizio settore criminale nella provincia di Agrigento.
Entrambi i sodalizi criminali hanno, peraltro, dimostrato di possedere una non comune capacità di approvvigionamento mediante l’attivazione di contatti e rapporti commerciali non solo con i gruppi criminali delle altre province siciliane ma anche con altri gruppi sia nazionali che esteri (Belgio, Germania e Stati Uniti).
Perquisizioni effettuate presso i soggetti sottoposti a fermo e presso gli altri indagati, hanno permesso di rinvenire e sequestrare vari quantitativi di sostanza stupefacente di tipo cocaina, hashish e denaro contante, nonché di trarre in arresto in flagranza di reato un ulteriore soggetto trovato in possesso di circa 200 gr. di sostanza stupefacente di tipo cocaina e 2.700 euro in contanti. Complessivamente sono stati sequestrati oltre 100 kg di hashish, oltre 6 kg di cocaina e, lo scorso mese di novembre, anche la somma in contanti di 120.000,00 euro contenuta in cinque pacchi sottovuoto occultati all’interno di un’autovettura.
Le risultanze investigative hanno evidenziato un’improvvisa e allarmante recrudescenza di gravi atti intimidatori realizzati anche mediante l’utilizzo di armi, probabilmente dovuta sia all’imposizione del rispetto della “competenza” territoriale, sia ai tentativi di osteggiare l’egemonia del gruppo mafioso allo stato al vertice della famiglia di Agrigento-Villaseta.
Un quadro preoccupante che – secondo gli inquirenti – profilava il concreto rischio che potesse verificarsi un crescendo di azioni intimidatorie che avrebbe potuto portare alla commissione di reati ancora più gravi, ovvero quella che gli stessi indagati definiscono una vera e propria “guerra” di mafia.
Ultimate le formalità di rito, tutti i fermati sono stati tradotti presso varie Case Circondariali della Sicilia, a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.
L’odierna operazione di polizia giudiziaria con cui i Carabinieri fermano 23 persone è stata effettuata in collaborazione con i Carabinieri di Favara (AG), Canicattì (AG), Porto Empedocle (AG), Santa Margherita Belice (AG), Mazara del Vallo (TP), Partanna (TP), Campobello di Mazara (TP), Castelvetrano (TP) e Gela (CL), con il supporto dei militi dei Comandi Provinciali di Palermo, Trapani e Caltanissetta, del Nucleo Eliportato Cacciatori di Sicilia, dei Nuclei Cinofili di Palermo e Nicolosi e del 9° Nucleo Elicotteri di Palermo.
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