fondi integrativi per superare i valori soglia

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Durante il passaggio parlamentare della Manovra 2025 è stata approvata una norma che modifica il sistema previdenziale: per le pensioni degli italiani c’è infatti una importante novità che premia la flessibilità in uscita.

Un emendamento della Lega a prima firma della deputata Nisini, riformulato in commissione Bilancio alla Camera, permetterà di cumulare la previdenza obbligatoria e quella complementare consentendo di andare in pensione a 64 anni. L’annuncio del sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon che spiega il meccanismo che permette di raggiungere a un assegno pensionistico pari a tre volte il minimo. “Il provvedimento interviene affrontando concretamente il problema delle pensioni povere, destinate ad aumentare a fronte di un sistema contributivo che sarà prevalente – spiega Durigon – nella prossima finanziaria cercheremo di ampliare la platea dei lavoratori interessati”. Ma vediamo di capirci di più.

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Come funziona il nuovo scivolo per andare in pensione a 64 anni

L’emendamento ha l’obiettivo di rendere più flessibile l’accesso alla pensione: in pratica sarà possibile lasciare il mondo del lavoro a 64 anni – se si hanno già 20 anni di contributi e se si è pienamente nel regime contributivo – cumulando gli importi del fondo complementare. La somma permetterà di raggiungere l’importo richiesto per accedere alla pensione.

Al momento la norma riguarda i lavoratori che sono nel pieno regime contributivo e quindi assunti successivamente al primo gennaio 1996, e hanno al massimo 28 anni di contributi. Il governo spiega di estendere la misura anche ai lavoratori pre-1996. L’attuale normativa consente di andare in pensione a 64 anni ai lavoratori in regime contributivo, con un minimo di 20 anni di contributi, solo se l’importo dell’assegno che si percepirà è pari a 3 volte la pensione minima per gli uomini e 2,8 volte per le donne. La novità consiste nel fatto che per raggiungere questo importo può essere utilizzata anche la rendita del fondo previdenziale complementare.

Cgil: “Governo certifica impossibilità di cambiare la Legge Fornero”

Secondo i sindacati si tratta di un messaggio chiaro: mentre l’Inps certifica un rosso in bilancio di 9 miliardi, la Legge Fornero sarà l’unica norma con cui si potrà accedere al pensionamento oggi e in futuro. “Invece di rimuovere gli importi soglia, ormai irraggiungibili per la maggior parte dei lavoratori, il governo propone strade alternative che non fanno altro che aggirare il problema. Anzi, si peggiorano nuovamente i requisiti” denuncia la segretaria confederale della Cgil Lara Ghiglione. “Per coloro che utilizzeranno questa uscita non saranno più necessari 20 anni, ma dal 2025 ne saranno richiesti 25 e dal 2030 addirittura 30, con un importo soglia che in questo caso dovrà raggiungere 3,2 volte l’assegno sociale, ovvero 1.710 euro circa, 400 euro in più rispetto all’importo soglia del 2022” chiosa Ghiglione.

“Ancora una volta – prosegue Ghiglione – si peggiora la legge Monti-Fornero, quella norma così tanto criticata negli anni che continua ad essere consolidata e applicata, senza alcun intervento strutturale per superarla. In un mercato del lavoro caratterizzato da salari bassi e carriere discontinue, soprattutto per le donne, la platea di lavoratrici e lavoratori in grado di raggiungere l’importo soglia sarà minuscola. Basti pensare – sottolinea – a quelle 4 milioni di lavoratrici in part-time che, anche nel caso raggiungano i 40 anni di contribuzione, visto l’aggancio del requisito all’attesa di vita, potranno accedere al pensionamento solo dopo i 71 anni di età e oltre”.

“È un messaggio chiaro: il futuro previdenziale delle lavoratrici e dei lavoratori e l’equità non sono priorità di questo Governo, e lo dimostrano anche altri emendamenti, come quello che prevede l’aumento della maggiorazione sociale di soli 8 euro al mese, e quello poi stralciato a favore delle retribuzioni dei ministri non eletti”. Per la segretaria confederale della Cgil “servono invece interventi strutturali per garantire pensioni dignitose a chi ha svolto lavori faticosi e a chi ha retribuzioni basse, e per riconoscere il lavoro di cura. Bisogna affrontare l’emergenza salariale e lavorativa, che incide direttamente sulla sostenibilità previdenziale”.



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