IL CONFLITTO RUSSO-UCRAINO: LA CONFIDENZA, L’APPROFONDIMENTO E IL SOGNO

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È una domenica fredda, piovosa. È la terza Domenica d’Avvento: in televisione stanno trasmettendo, in diretta, la Celebrazione Eucaristica presieduta da Papa Francesco a “Place d’Austerlitz”, in quel di Ajaccio. All’omelia, a un certo punto, il Sommo Pontefice confida: a volte vengono nelle udienze bambini ucraini, che per la guerra sono stati portati qui. Sapete una cosa? Questi bambini non sorridono! Hanno dimenticato il sorriso. Per favore, pensiamo a questi bambini nelle terre di guerre, al dolore di tanti bambini.

Ascolto e m’alzo, di scatto, dal divano: recupero, tra gli ultimi arrivati in casa, il libro pubblicato da Visione Editore. S’intitola Le vere cause del conflitto russo-ucraino. Autori: Vladimir Putin, Eduard Popov, Kirill Ševčenko, György Varga.

Comincio a sfogliarlo, lo divoro in un paio d’ore.

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Annoto, sul mio taccuino, un concetto, estrapolato a pagina 81: la Russia è aperta al dialogo con l’Ucraina ed è pronta a discutere le questioni più difficili. Ma è importante per noi capire che il partner difende i propri interessi nazionali, non serve gli altri e non è uno strumento nelle mani di qualcuno per combatterci.

A pagina 129 leggo che questo conflitto forse non sarebbe mai scoppiato se, per più di un decennio, le autorità ucraine, su istigazione dell’Occidente, non avessero aggravato due temi particolarmente importanti per la Russia: la potenziale adesione dell’Ucraina alla NATO e la situazione del gruppo etnico russo formato da milioni di persone e di quello russofono di decine di milioni di persone che vivono in Ucraina.

Da pagina 133 estrapolo un altro concetto: l’Occidente non aveva altra scelta che forzare la sostituzione del governo ucraino con uno che garantisse l’ingresso dell’Ucraina nella NATO anche in assenza dei requisiti interni ed esterni. E gli interessi militari e politici americani sarebbero stati estesi fino al confine russo. Questo problema è, ovviamente, molto delicato per la sicurezza della Russia e la preoccupazione è giustificata. Ricordiamo che sei mesi dopo l’adesione alla NATO, la Finlandia ha concesso agli Stati Uniti il diritto di utilizzare 15 basi militari sul suo territorio. Non c’è dubbio che la stessa cosa accadrebbe in Ucraina. Compiendo un’analogia a livello storico, si può notare come l’ingresso di Cuba nell’alleanza militare sovietica significherebbe per gli Stati Uniti la stessa cosa che l’ingresso dell’Ucraina alla NATO per la Russia. Il controllo russo sul Golfo del Messico dalle basi cubane è inaccettabile per gli Stati Uniti, così come il controllo americano sul Mar Nero dalle basi ucraine (e originariamente russe in Crimea!) è inaccettabile per la sicurezza russa.

Mi rendo conto d’aver tra le mani un libro scomodo, bollente. Tuttavia son felice d’averlo acquistato: posso far mia la premessa al volume, scritta da Alexey Paramonov, l’ambasciatore russo in Italia. Scrive: parte integrante della preziosa eredità che la grande cultura dell’antica Roma ha lasciato alla civiltà moderna è il principio dell’audi alteram partem – ascolta l’altra parte – familiare a qualsiasi giurista. Principio che prescrive di prendere in considerazione i punti di vista di tutte le parti interessate a un problema in discussione, al fine di costruirne una visione veramente completa e obiettiva.

Non è intenzione mia indossare l’una o l’altra casacca, nonostante abbia ben chiaro il pensiero gramsciano: sono partigiano – scriveva Antonio Gramsci l’11 febbraio del 1917 – vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.

Continuo a navigare fra le pagine del libro, voluto e portato in Italia da Francesco Toscano, ideatore e fondatore con Marco Rizzo di Democrazia Sovrana Popolare nonché direttore di Visione TV e della rivista “Visione. Un altro sguardo sul mondo”.

 

Pagina dopo pagina riaffiorano reminiscenze storiche, geografiche: in ogni capitolo incontro riferimenti col passato, tanti paragrafi consentono di leggere gli odierni accadimenti alla luce dei fatti e delle scelte che hanno caratterizzato i tempi andati, recenti o anche lontani assai…

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E in mente tornano pure parole che un dì pronunciò Winston Churchill: accettare la pace a condizioni gravose, è come dar da mangiare a un coccodrillo sperando che almeno ci mangi per ultimi.

Insomma, leggere Le vere cause del conflitto russo-ucraino significa sprofondare in una profonda crisi, di coscienza anzitutto…

Ecco perché ho avvertito forte il desiderio di far riemergere la Pacem in terris di San Giovanni XXIII. Lì, a un certo punto, sta scritto che si diffonde sempre più tra gli esseri umani la persuasione che le eventuali controversie tra i popoli non debbono essere risolte con il ricorso alle armi; ma invece attraverso il negoziato. Vero è che sul terreno storico quella persuasione è piuttosto in rapporto con la forza terribilmente distruttiva delle armi moderne; ed è alimentata dall’orrore che suscita nell’animo anche solo il pensiero delle distruzioni immani e dei dolori immensi che l’uso di quelle armi apporterebbe alla famiglia umana; per cui riesce quasi impossibile pensare che nell’era atomica la guerra possa essere utilizzata come strumento di giustizia. Però tra i popoli, purtroppo, spesso regna ancora la legge del timore. Ciò li sospinge a profondere spese favolose in armamenti: non già, si afferma — né vi è motivo per non credervi — per aggredire, ma per dissuadere gli altri dall’aggressione. È lecito, tuttavia, sperare – chiosava Papa Roncalli – che gli uomini, incontrandosi e negoziando, abbiano a scoprire meglio i vincoli che li legano, provenienti dalla loro comune umanità e abbiano pure a scoprire che una fra le più profonde esigenze della loro comune umanità è che tra essi e tra i rispettivi popoli regni non il timore, ma l’amore: il quale tende ad esprimersi nella collaborazione leale, multiforme, apportatrice di molti beni.

E chissà che proprio in questi giorni non spunti nell’animo di coloro che son chiamati a governare le varie porzioni di storia e d’umanità la voglia di rimettere al centro l’Uomo. Sedendosi tutti attorno al tavolo, riflettendo sulle esigenze che realmente albergano nel cuore e nelle menti di Donne e Vecchi, Bambini e Giovani, Neonati e Uomini. Magari evitando pure di dar ragione a Jane Austen: l’orgoglio si riferisce all’opinione che abbiamo di noi stessi, la vanità a ciò che vorremmo gli altri pensino di noi.

Da quel tavolo, l’unica che dovrà alzarsi trionfante è l’Umanità, tutta.

Poiché, oggi, è l’unica ad esser sconfitta…

Una guerra, scoppiata nell’isolotto più piccolo e più lontano, è una sconfitta per ogni Uomo.

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E la pace, tanto agognata, devono sognarla, costruirla e viverla tanto i contendenti quanto tutti coloro che, a bordocampo, stanno a guarda’…

Senza mai scordar che tutto quel che accade sulla faccia della Terra è frutto delle scelte che ognuno di noi, in ogni Nazione, compie all’interno della cabina elettorale…




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