Il parco Arcipelago Toscano e il caso della «Valutazione ambientale», il presidente Sammuri: «Chiederla a un’area protetta è una contraddizione»

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di
Elisa Messina

Il presidente del Parco Nazionale Arcipelago Toscano contesta la richiesta della Regione Toscana di chiedere la Vas alle Aree Protette: «Nascono per preservare l’ambiente. Che impatto ambientale possono avere?»

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«Ma perché un parco nazionale o regionale, che esiste proprio con lo scopo di conservare un’ambiente naturale, dovrebbe, per vedere approvato il suo piano annuale, presentare alla Regione una valutazione che certifichi il suo basso impatto ambientale?» Il presidente del Parco Arcipelago Toscano Giampiero Sammuri non si capacita del fatto che la Regione Toscana, novità di quest’anno, chieda anche alle Aree marine protette e parchi nazionali e regionali presenti nel suo territorio due pratiche che si chiamano Vas e Vinca.

Di che cosa stiamo parlando? La Valutazione Ambientale Strategica (VAS) ha origine da una direttiva europea, la 2001/42/CE, che stabilisce che «piani e programmi che possono avere un impatto significativo sull’ambiente» devono essere sottoposti a una specifica valutazione. Questo vale per ogni opera o piano di lavori pubblici, ovviamente: un piano regolatore, una strada, viadotto, una stazione ferroviaria, una scuola, ma anche un piano di pesca. Lo stesso dicasi per lavori di natura privata come la realizzazione di una nuova realtà industriale, per esempio. Insomma, tutti i progetti che possono avere un significativo impatto ambientale sono tenuti alla presentazione di due valutazioni che richiedono una determinata procedura e si chiamano Vas e Vinca. 




















































«Ha senso che un parco, un area marina protetta, come nel nostro caso il parco nazionale dell’Arcipelago Toscano, sia sottoposto a queste procedure?» si chiede ora Sammuri di fronte alla richiesta.
Ce lo spieghi lei, ha senso?
 «Per rispondere dobbiamo capire quali sono le finalità di un parco, che sono definite dalla legge 394/91: la conservazione di specie animali e vegetali, la promozione di metodi di gestione sostenibili, l’educazione e la ricerca scientifica, e la difesa degli equilibri ecologici. In breve, un parco nasce ed esiste proprio per tutelare e preservare l’ambiente. Quindi chiedergli una valutazione del suo impatto ambientale è una contraddizione in termini. Che impatto ambientale può avere l’istituzione di un’Area protetta?».

Per  voi cosa rappresenta questa richiesta?
«Una perdita di tempo e di soldi che potrebbe essere evitata. L’ho fatto presente ai dirigenti della Regione, ma non mi hanno risposto».

Come se ne esce?
«Che se dobbiamo farla la faremo, ma è un’eccesso di burocratizzazione, un rallentamento inutile».

C’è una frizione politica dietro questa richiesta?
«Non credo proprio, si tratta solo di modi diversi di interpretare la legge. Ma, se si parla di sburorcratizzare e semplificare è davvero una richiesta bizzarra».
Succede anche nelle altre Regioni?
«Non lo so, ma in questi giorni con i dirigenti di Parchi di tutta Italia siamo a Roma per gli Stati Generali delle Aree Protette: sarà un’occasione per parlarne. E magari per proporre una variazione alla legge».

Gli Stati Generali serviranno per avviare le riforme alla famosa legge 394 che ha istituito i parchi.
Una legge fondamentale: grazie alla 394 del 1991 i Parchi nazionali sono passati da 5 a 24 e le Aree marine protette da 5 a 30. Ma proprio perché è del 1991 e nel frattempo sono successe tante cose, servono un po’ di cambiamenti».

Per esempio?
«Sarebbe bene introdurre per le Aree protette la possibilità del bilancio per budget come avviene nel resto d’Europa. Lo Stato dice: “ti do un milione”, poi sta alla dirigenza di ogni parco scegliere come usare i soldi  in base alle esigenze. Insomma, si chiede di definire non il come ma il quanto. Ora invece abbiamo singoli capitoli di spesa per singoli interventi, ma ogni realtà ha esigenze diverse. Un altro tema da prendere in considerazione sarebbe quello di definire lo status degli amministratori dei parchi. Se un presidente di un parco è anche un lavoratore dipendente non può prendere neppure un giorno di permesso per svolgere la sua funzione. Invece, se ha incarico pubblico, comunale o regionale, può farlo: bisogna adeguare le figure. Ora io non lavoro più ma, quando ero presidente del Parco della Maremma consumavo metà delle mie ferie per svolgere la mia funzione».

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Per i compensi varrebbe la pena lasciare il lavoro?
«Direi di no: si va dalla gratuità a un massimo di circa 18oo euro mensili».

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17 dicembre 2024 ( modifica il 17 dicembre 2024 | 15:54)

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