la novità nella manovra del governo Meloni

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Con un emendamento della Lega alla manovra 2025, votato in Commissione, viene introdotta la possibilità di uscita anticipata nel sistema contributivo a 64 anni, attraverso il cumulo tra previdenza obbligatoria e complementare per raggiungere l’importo soglia. Critica la Cgil: “Si peggiorano nuovamente i requisiti”.

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Novità per le pensioni anticipate: dal 2025 sarà possibile cumulare la previdenza obbligatoria e quella complementare, facilitando l’anticipo della pensione a 64 anni. Con un emendamento della Lega alla manovra 2025, a prima firma della deputata Nisini, riformulato in commissione Bilancio alla Camera, cambia dunque la flessibilità in uscita.

In pratica per i lavoratori ‘interamente contributivi’ sarà possibile accedere al pensionamento anticipato con almeno 64 anni di età, cumulando i contributi obbligatori con quelli versati in fondi pensionistici complementari. I lavoratori che vogliono usufruire di questa norma dovranno però soddisfare una condizione: bisogna aver accumulato un importo pensionistico che raggiunga almeno tre volte l’assegno sociale.

Come funziona la pensione anticipata a 64 anni e cosa cambia con l’emendamento della Lega

L’emendamento, a partire dal 2025, introduce maggiore flessibilità in uscita per le pensioni, permettendo ai lavoratori che hanno contribuito al sistema previdenziale obbligatorio e complementare di uscire prima dal lavoro.

Del nuovo meccanismo introdotto con la legge di Bilancio ne beneficeranno coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1996, che potranno quindi  sommare alla pensione maturata anche la rendita dei fondi pensione. Sarà così più agevole raggiungere il requisito delle 3 volte l’assegno sociale, circa 1.600 euro. Al momento infatti la pensione anticipata a 64 anni con 20 anni di contributi è prevista per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995 e si trova quindi nel sistema contributivo. Questa possibilità è comunque subordinata al raggiungimento di un assegno pensionistico pari ad almeno tre volte l’assegno sociale (534,41 euro mensili), un requisito molto difficile da soddisfare, anche perché proprio il governo Meloni lo scorso anno ha innalzato l’asticella dalle 2,8 volte previste dalla legge Fornero alle 3 volte.

Grazie all’emendamento della Lega, dal prossimo anno sarà possibile raggiungere questa soglia anche utilizzando la rendita maturata presso un fondo di previdenza integrativa. Tuttavia, saranno necessari requisiti contributivi più stringenti: 25 anni di contributi dal 2025 e 30 anni a partire dal 2030.

Le reazioni

“Per la prima volta nella previdenza italiana si potranno cumulare la previdenza obbligatoria e quella complementare per raggiungere un assegno pensionistico pari a tre volte il minimo, riuscendo ad anticipare la pensione a 64 anni”, ha dichiarato il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon. “Con il provvedimento si interviene in tema pensionistico – ha aggiunto – affrontando concretamente il problema delle pensioni povere, destinate ad aumentare a fronte di un sistema contributivo che sarà più prevalente. Un ringraziamento alla collega Tiziana Nisini per il lavoro portato avanti sul tema e ai ministri Calderone e Giorgetti. Convinti che la strada intrapresa sia quella giusta, nelle prossima finanziaria cercheremo di ampliare la platea dei lavoratori interessati”.

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“L’approvazione del nostro emendamento che premia la flessibilità in uscita grazie al potenziamento del dialogo tra previdenza obbligatoria e complementare è un traguardo storico che come Lega rivendichiamo con grande orgoglio. Così, potenziamo il pensionamento anticipato, permettendo a chi ha i requisiti necessari di raggiungere un trattamento pari a tre volte il minimo. È lo strumento giusto per affrontare in maniera seria il problema delle pensioni povere con il calcolo contributivo e imprimere una vera svolta al sistema previdenziale nel nostro Paese. La Lega dimostra con i fatti di essere al fianco dei lavoratori”, ha commentato la deputata della Lega e vicepresidente della commissione Lavoro Tiziana Nisini, prima firmataria dell’emendamento riformulato in Commissione Bilancio alla Camera.

Critica la Cgil: “Peggiorano i requisiti”

La segretaria confederale della Cgil Lara Ghiglione ha criticato l’emendamento, votato in commissione, che prevede la possibilità di uscita anticipata nel sistema contributivo a 64 anni, attraverso il cumulo tra previdenza obbligatoria e complementare per raggiungere l’importo soglia.

“Sulle pensioni questo governo continua sulla strada intrapresa. Gli emendamenti presentati dall’esecutivo alla Legge di Bilancio non solo non affrontano le disuguaglianze strutturali del sistema previdenziale italiano, ma certificano che nonostante le promesse di superamento della Legge Fornero, sarà questa l’unica norma con cui si potrà accedere al pensionamento oggi e in futuro”.

Per la dirigente sindacale “la realtà è chiara: invece di rimuovere gli importi soglia, ormai irraggiungibili per la maggior parte dei lavoratori, il governo propone strade alternative che non fanno altro che aggirare il problema. Anzi, si peggiorano nuovamente i requisiti: per coloro che utilizzeranno questa uscita non saranno più necessari 20 anni, ma dal 2025 ne saranno richiesti 25 e dal 2030 addirittura 30, con un importo soglia che in questo caso dovrà raggiungere 3,2 volte l’assegno sociale, ovvero 1.710 euro circa, 400 euro in più rispetto all’importo soglia del 2022”.

“Ancora una volta – ha sottolineato Ghiglione – si peggiora la legge Monti-Fornero, quella norma così tanto criticata negli anni che continua ad essere consolidata e applicata, senza alcun intervento strutturale per superarla. In un mercato del lavoro caratterizzato da salari bassi e carriere discontinue, soprattutto per le donne, la platea di lavoratrici e lavoratori in grado di raggiungere l’importo soglia sarà minuscola. Basti pensare a quelle 4 milioni di lavoratrici in part-time che, anche nel caso raggiungano i 40 anni di contribuzione, visto l’aggancio del requisito all’attesa di vita, potranno accedere al pensionamento solo dopo i 71 anni di età e oltre”.

“È un messaggio chiaro: il futuro previdenziale delle lavoratrici e dei lavoratori e l’equità non sono priorità di questo governo, e lo dimostrano anche altri emendamenti, come quello che prevede l’aumento della maggiorazione sociale di soli 8 euro al mese, e quello poi stralciato a favore delle retribuzioni dei ministri non eletti”. Per la segretaria confederale della Cgil “servono invece interventi strutturali per garantire pensioni dignitose a chi ha svolto lavori faticosi e a chi ha retribuzioni basse, e per riconoscere il lavoro di cura. Bisogna affrontare l’emergenza salariale e lavorativa, che incide direttamente sulla sostenibilità previdenziale”.





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