L’operazione antimafia condotta a Mazara del Vallo, di cui si è avuta notizia, rappresenta un colpo significativo al mandamento mafioso locale, ma pone in evidenza questioni di fondamentale importanza legate al controllo della pesca, un settore centrale per l’economia della città e del Mediterraneo.
L’arresto di 17 persone, tra cui esponenti di spicco della criminalità organizzata e imprenditori locali, rivela come la mafia continui a infiltrarsi nei gangli vitali del territorio, sfruttando il settore marittimo sia come copertura per attività illecite sia come leva economica per consolidare il proprio potere. La vicenda dell’imprenditore Luigi Prenci, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa per aver stretto accordi con i clan locali, dimostra come queste dinamiche penetrino profondamente nell’economia legale, rendendo labile il confine tra legalità e illegalità.
Mazara del Vallo, con il suo porto e la storica vocazione alla pesca, è un nodo strategico non solo per il commercio ittico, ma anche per traffici illeciti quali la pesca illegale, la gestione di flotte fuori dalle regole e il trasporto di merci o esseri umani in rotte marittime spesso non controllate. Questo caso sottolinea come la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (INN) rappresenti non solo un crimine ambientale, ma anche un mezzo per il consolidamento delle organizzazioni mafiose.
La mancanza di informazioni sulle aziende coinvolte, oltre a essere giustificata da esigenze investigative, nonché dalle nuove norme introdotte dal governo, solleva però interrogativi sulla trasparenza e sulla responsabilità delle imprese ittiche. Se l’assenza di nomi derivi dalla volontà di tutelare i dipendenti o evitare ricadute economiche disastrose in un settore già fragile, questa opacità evidenzia, tuttavia, un vuoto normativo che deve essere colmato attraverso l’implementazione di sistemi di audit indipendenti e di certificazioni anticorruzione per garantire legalità e sostenibilità.
La pesca a Mazara, già soggetta a conflitti con le flotte tunisine e libiche e alla competizione sleale generata dalla pesca illegale, richiede un monitoraggio internazionale più incisivo, con l’uso obbligatorio di tecnologie di tracciamento come Vms e Ais per tutte le imbarcazioni. Al tempo stesso, la cooperazione transfrontaliera tra Stati membri dell’Ue è fondamentale per identificare e sanzionare comportamenti sospetti in mare, contrastando reti criminali sempre più sofisticate.
Il fenomeno evidenziato dall’operazione antimafia a Mazara deve essere inquadrato in una prospettiva più ampia: il controllo della pesca da parte delle organizzazioni mafiose non è un caso isolato, ma un esempio emblematico di come la criminalità organizzata sfrutti i settori economici tradizionali per consolidare il proprio potere, soffocando al contempo l’economia legale. Questo impone l’urgenza di un quadro legislativo più severo e trasparente, che preveda controlli rigorosi sulle licenze di pesca e criteri di affidabilità stringenti per le imprese beneficiarie.
La confisca dei pescherecci e delle infrastrutture coinvolte in attività illegali potrebbe rappresentare una misura preventiva efficace, insieme all’istituzione di autorità indipendenti di monitoraggio per i settori a rischio. Il caso di Mazara evidenzia anche come sia necessario promuovere un cambiamento culturale nel settore marittimo, dove legalità e sostenibilità devono divenire principi cardine, supportati da strumenti normativi e tecnologici adeguati.
L’operazione di qualche giorno fa è certamente un risultato significativo, ma evidenzia quanto sia fragile l’equilibrio tra economia marittima legale e criminalità organizzata. Per affrontare con successo queste dinamiche occorre agire su più fronti: rafforzare la trasparenza delle attività economiche, implementare tecnologie di tracciamento obbligatorie, promuovere la cooperazione internazionale e inasprire le sanzioni per il concorso esterno nelle attività mafiose. Solo così si potrà iniziare a scalfire, e non certo sradicare, il controllo mafioso nei settori vitali dell’economia, come la pesca, dove per troppo tempo le istituzioni hanno scelto la via della retorica inefficace e delle misure tampone, lasciando spazio alle infiltrazioni della criminalità organizzata.
Mazara del Vallo, oggi emblema di un’economia soffocata più che tutelata, rappresenta il fallimento di un sistema che continua a ignorare l’urgenza di trasparenza, controlli severi e sanzioni reali. Non basta invocare la tradizione e il rilancio economico: finché la politica e le autorità preposte si limiteranno ad agire a posteriori, con interventi emergenziali, l’economia marittima continuerà a essere una terra di conquista per le mafie.
La pesca illegale e il controllo criminale delle flotte non sono fenomeni episodici, ma il risultato di inerzia, sottovalutazione e collusioni implicite. È tempo di riconoscere che non si tratta solo di combattere la mafia, ma di cambiare radicalmente un sistema complice, che preferisce girarsi dall’altra parte mentre le risorse del Mediterraneo vengono depredate e l’economia locale strangolata.
Piuttosto che organizzare kermesse di facciata a Mazara del Vallo, con soldi pubblici regionali, occorrerà ascoltare allora, e finalmente, un campanello d’allarme che non può più essere ignorato.
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