Affiancare l’ente pubblico nei suoi compiti di miglioramento delle condizioni di vita della comunità e di sicurezza del territorio. Non una sostituzione dei professionisti sul campo, ma un’attenta presenza per mettere in condizione chi deve decidere di farlo al meglio possibile.
É questo il compito che il Politecnico si è assunto, e che ha una sua espressione importante nell’attività del Dipartimento di ingegneria dell’Ambiente, del Territorio e delle Infrastrutture-DIATI con la Regione Autonoma Valle d’Aosta per la gestione dei rischi dovuti al dissesto idrogeologico.
“Nelle aree montane in Italia c’è un fenomeno diffuso di dissesto idrogeologico che si esprime con diverse modalità: ad esempio la frequente caduta massi lungo pendii – dichiara DanielePeila, docente presso il DIATI – Il lavoro scientifico sulle tecniche di protezione contro il pericolo da caduta massi in montagna è cominciato all’inizio degli anni Duemila quando sono state sviluppate le prime prove in vera grandezza sulle barriere paramassi che hanno portato a una migliore conoscenza del comportamento di queste opere quando impattate. Tra il 2006 e il 2008, inoltre, l’Ateneo ha collaborato con il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici e con un board di esperti europei per la stesura delle norme per la marcatura CE delle barriere paramassi a rete”.
Proprio questa esperienza è servita quale base per l’avvio della collaborazione con la Regione Valle d’Aosta che nello stesso periodo metteva a fuoco le proprie esigenze sugli stessi temi.
Davide Bertolo della Struttura Attività Geologiche presso il Dipartimento Programmazione, risorse idriche e territorio della Regione Autonoma Valle d’Aosta spiega: “Negli anni abbiamo sviluppato l’esigenza di monitorare le infrastrutture che sono in relazione oppure che sono collocate in aree soggette a frane e alla caduta massi. La collaborazione con il Politecnico si inquadra in una delle nostre missioni, quella di realizzare un processo di veglia tecnologica per quanto riguarda gli ambiti sui quali lavoriamo”.
La collaborazione tra i due enti è quindi cresciuta negli anni. All’inizio si è trattato di lavorare insieme su casi specifici oppure su problemi per cui l’Amministrazione regionale necessitava di un supporto scientifico e tecnico e dal 2015 l’attività in comune si è estesa ad una visione più ampia rispetto al semplice monitoraggio della caduta massi per arrivare al supporto tecnico e scientifico per la gestione del rischio sul territorio.
Ed è proprio attorno ai rischi da caduta massi e alla loro gestione che il DIATI con molti dei suoi docenti ha lavorato con maggiore intensità. Utilizzando due approcci. Prima di tutto, la creazione di un metodo di gestione del rischio da caduta massi che fosse omogeneo e potesse essere agevolmente gestito in modo continuativo nel tempo. Esempi di lavoro di questo tipo sono stati il rilievo della pericolosità delle reti viarie, il rilievo degli ammaloramenti delle attuali barriere paramassi, la risposta specifica a problemi particolari di crolli di roccia che si verificano nel territorio regionale.
Il secondo approccio riguarda la creazione di una cultura della prevenzione del rischio: un’azione diretta anche ai professionisti dell’area con l’obiettivo di elevare il livello di consapevolezza scientifica sul tema.
“Il Politecnico non fa il progettista e non si sostituisce quindi ai professionisti, ma fornisce quella robustezza scientifica che viene poi riversata nel progetto specifico – precisa il professor Peila – Inoltre l’Ateneo ha imparato moltissimo lavorando sul campo insieme alla regione, potendo poi contribuire con maggiore consapevolezza e competenza al dibattito su questi temi nella comunità scientifica”.
Dal canto suo, la Regione può disporre del supporto scientifico del Politecnico attraverso una partnership consolidata nel tempo, inerente soprattutto allo sviluppo di tecnologie che mettono l’Amministrazione regionale nella possibilità di affrontare anche situazioni più ampie di gestione del rischio che, in altro modo, sarebbe molto complessa.
Lo strumento amministrativo adoperato per sostenere questo lavoro ha portato all’attivazione di numerose convenzioni di ricerca del DIATI e di altri dipartimenti del Politecnico, nonché di una specifica convenzione di collaborazione ai sensi dell’Art. 15 della L. 241/1990.
Peila e Bertolo concludono: “C’è ancora molta strada da fare, ma il traguardo è ad entrambi gli enti chiaro. Lavorare per la minimizzazione del rischio per gli utenti delle infrastrutture in area montana con una adeguata pianificazione del sistema di gestione; un percorso che passa anche dallo sviluppo di capacità di scelta corrette nei tempi e nei modi, tenendo conto delle risorse scarse a disposizione”.
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