Microplastiche, la scommessa inglese con i ragazzi campani

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Salvare gli oceani dalle microplastiche? Ci pensano due “cervelli in fuga” campani: il napoletano Davide Mattia (professore di ingnegneria chimica all’Università di Bath) e la salernitana Giovanna Laudisio (chimica con esperienza in ricerca & sviluppo e commercializzazione di tecnologie).

Dopo aver girato il mondo (Stati Uniti, Germania, Francia, Singapore, UK), Davide e Giovanna, che sono anche compagni nella vita, hanno deciso di aprire in Puglia il primo sito produttivo della loro creatura, la britannica Naturbeads, una spinout dell’Università di Bath, nata nel 2018, che ha sviluppato microsfere di cellulosa biodegradabili per affrontare il problema critico dell’inquinamento da microplastiche, presenti in numerosissimi prodotti. Stime indicano che oltre 2 milioni di tonnellate di microplastiche vengono aggiunte ogni anno ai prodotti di uso quotidiano dai cosmetici ai detergenti, dagli adesivi alle vernici e molto altro ancora. Parliamo di particelle che hanno dimensioni inferiori a 5 millimetri e persistono nell’ambiente per centinaia di anni, contribuendo all’inquinamento dei corsi d’acqua, dei mari e del suolo. Sono state rilevate in oltre mille specie marine, sono diventate parte della catena alimentare e hanno sollevato serie preoccupazioni riguardo al loro impatto sulla salute umana. Le microsfere inventate da Naturebeads, che si basano sugli studi del professor Mattia e della sua collega sudafricana Janet Scott, sono invece totalmente biodegradabili e rappresentano un’alternativa valida all’utilizzo di microplastiche. La fase sperimentale realizzata in Gran Bretagna ha dato risultati incoraggianti e ha suscitato l’interesse di grandi multinazionali, tanto che l’azienda si è aggiudicata un investimento di serie A di 9,3 milioni di euro, guidato dalla scozzese Eos Advisory insieme a Mito Tech Ventures, Pi-Nb, Paragon Capital Management e Cdp Venture Capital (il più grande operatore italiano di venture capital).

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L’OBIETTIVO

L’obiettivo è permettere, grazie all’apertura dell’impianto pugliese, di aumentare significativamente la capacità produttiva per soddisfare la crescente domanda di ingredienti sostenibili in molti settori industriali. Naturebeads conta di cominciare la produzione entro luglio 2025 per preparare i primi campioni di 50-100 chili che serviranno ai clienti per fare i test su larga scala. Per poi aumentare fino a 5 tonnellate entro fine anno, e a 20 entro la fine del 2026. L’azienda già collabora con diversi produttori globali per integrare i suoi ingredienti di microsfere di cellulosa in vari prodotti di uso comune e altre applicazioni industriali, dimostrando che le sue microsfere si decompongono naturalmente, senza compromettere le prestazioni del prodotto. Naturbeads incrocia, inoltre, le esigenze di un mercato europeo che dovrà adeguarsi velocemente alle nuove regole Ue, che impongono un’eliminazione graduale delle microplastiche, entro il 2027, nei prodotti da risciacquo come shampoo e detergenti per il viso, e successivamente in quelli per la cura della persona e per la casa, per l’agricoltura e in molti altri. «Un recente studio prevede che l’inquinamento da microplastiche potrebbe più che raddoppiare nel prossimo decennio» afferma Giovanna Laudisio, amministratore delegato di Naturbeads, che aggiunge: «Ciò che ci differenzia dalle altre aziende che cercano di risolvere questo problema è che siamo una delle poche al mondo a concentrarci esclusivamente sulla plastica presente nei prodotti quotidiani, invece che nel packaging, e a produrre un’alternativa scalabile ed ecologica». Il processo di produzione, spiega poi il professor Mattia, «permette la formazione di particelle perfettamente sferiche su scala micrometrica che offrono un effetto setoso al tatto e hanno riscosso grande successo tra i nostri clienti in ambito cosmetico». La forma e le dimensioni, aggiunge, rendono queste sfere «interessanti anche per il settore dei rivestimenti dell’arredo, per le vernici e anche per i prodotti chimici per l’industria conciaria». Applicazioni si immaginano anche in altri campi «come, ad esempio, per additivi negli pneumatici e persino per la crescita cellulare nella produzione di vaccini e per la carne da laboratorio». Laudisio e Mattia si dicono poi felici di aver trovato proprio nel Sud Italia un contesto favorevole allo sviluppo della società: «L’Italia spiegano – è uno dei principali produttori europei di ingredienti per la cosmetica e la chimica fine, che sono i nostri mercati di riferimento. E abbiamo scelto la Puglia perché, negli ultimi anni, si è dimostrata in grado di attrarre startup grazie alla capacità di utilizzare in maniera efficace i fondi comunitari». Inoltre, il capannone di mille metri quadri che ospiterà impianto di produzione e laboratori si trova a Surbo (Lecce) vicino all’aereoporto internazionale di Brindisi, a due atenei come il Politecnico di Bari e l’Università del Salento e a radicate realtà dell’industria chimica, «che concludono – offrono un pool di talenti da cui attingere per le nostre assunzioni».
 





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